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Giovanni Pascoli Poemi conviviali IntraText CT - Lettura del testo |
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IV.E venne bianco nella notte azzurra un angelo dal cielo di Giudea, a nunzïar la pace; e la Suburra
non l'udiva; e nel tempio alto di Rhea bandì la pace; e non alzò la testa quell'uomo rosso ai piedi della Dea;
e vide, un fuoco, e disse, PACE; e Vesta ardeva, e le Vestali al focolare sedeano avvolte nella lor pretesta;
e vide un tempio aperto, e dal sogliare mormorò, PACE; e non l'udì che il vento che uscì gemendo e portò guerra al mare.
E l'angelo passò candido e lento per i taciti trivi, e dicea, PACE SOPRA LA TERRA!... Udì forse un lamento...
Vegliava, il Geta... Entrò l'angelo: PACE! disse. E nella infinita urbe de' forti sol quegli intese. E chiuse gli occhi in pace·
Sol esso udì; ma lo ridisse ai morti, e i morti ai morti, e le tombe alle tombe e non sapeano i sette colli assorti,
ciò che voi sapevate, o catacombe.
[1] In un mio libro, non troppo fortunato, che s'intitola Miei Pensieri di varia Umanità (Messina, Muglia, 19O3), parlo, nel Fanciullino, di questa malattia che non è, a dir vero, di letteratura, come era stampato nella I ed. dei P. C., ma di storia letteraria, come ho corretto in questa II. «(La Poesia) la dividiamo per secoli e scuole, la chiamiamo arcadica, romantica, classica, veristica, naturalistica, e va dicendo. Affermiamo che progredisce, che decade, che nasce, che muore, che risorge, che rimuore. In verità la poesia è tal meraviglia, che se voi fate una vera poesia, ella sarà della stessa qualità che una vera poesia di quattromila anni sono. Come mai? Così: l'uomo impara a parlare tanto diverso o tanto meglio, di anno in anno, di secolo in secolo, di millennio in millennio; ma comincia con far gli stessi vagiti e guaiti in tutti i tempi e luoghi. La sostanza psichica è uguale nei fanciulli di tutti i popoli. Un fanciullo è fanciullo allo stesso modo da per tutto. E quindi, né c'è poesia arcadica, romantica, classica, né poesia italiana, greca, sancrita; ma poesia soltanto, soltanto poesia, e... non poesia. Si: c'è la contraffazione, la sofisticazione, l'imitazione della poesia, e codesta ha tanti nomi. Ci sono persone che fanno il verso agli uccelli; e al fischio sembrano uccelli; e non sono uccelli, sì uccellatori. Ora io non so dire quanta vanità sia la storia di codesti ozi...» E più oltre: «(Noi in Italia) ragioniamo e distinguiamo troppo. Quella scuola era migliore, questa peggiore. A quella bisogna tornare, a questa rinunziare. No: le scuole di poesia sono tutte peggio, e a nessuna bisogna addirsi. Non c'è poesia che la poesia. Quando poi gl'intendenti, perché uno fa, ad esempio, una vera poesia su un gregge di pecore, pronunziano che quel vero poeta è un arcade: e perché un altro, in una vera poesia ingrandisce straordinariamente una parvenza, proclamano che quell'altro vero poeta pecca di secentismo: ecco gl'intendenti scioccheggiano e pedanteggiano nello stesso tempo. Qualunque soggetto può essere contemplato dagli occhi profondi del fanciullo interiore: qualunque tenue cosa può a quegli occhi parere grandissima. Voi dovete soltanto giudicare (se avete questa mania di giudicare), se furono quegli occhi che videro; e lasciar da parte secento e arcadia.» E anche: «E le scuole ci legano. Le scuole sono fili sottili di ferro, tesi tra i verdi mai della foresta di Matelda: noi, facendo i fiori, temiamo ad ogni tratto d'inciampare e di cadere. L'ho già scritto: se uno si abbandona alle delizie della campagna, teme che lo chiamino arcade...» Ma io lascierò dire. |
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