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Giovanni Pascoli
Poemi conviviali

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  • LA CETRA D'ACHILLE.
      • II.
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II.

 

Dormian, sì, tutti; e tra il lor muto sonno

giungeva un vasto singhiozzar dal mare.

Piangean le figlie del verace Mare,

nel nero Ponto, l'ancor vivo Achille,

lontane, ch'egli non ne udisse il pianto.

Ed altre, sì, con improvviso scroscio

ululando montavano alla spiaggia,

per dirgli il fato o trarlo a sé; ma in vano:

fuggian con grida e gemiti e singhiozzi

lasciando le lor bianche orme di schiuma.

Ma non le udiva, benché desto, Achille,

desto sol esso; ch'egli empiva intanto

a sé l'orecchio con la cetra arguta,

dedalea cetra, scelta dalle prede

di Thebe sacra ch'egli avea distrutta.

Or, pieno il cuore di quei chiari squilli,

non udiva su lui piangere il mare,

e non udiva il suo vocale Xantho

parlar com'uomo all'inclito fratello,

Folgore, che gli rispondea nitrendo.

L'eroe cantava i morti eroi, cantava

sé, su la cetra già da lui predata.

Avea la spoglia, su le membra ignude,

d'un lion rosso già da lui raggiunto,

irsuta, lunga sino ai pie' veloci.

 

 




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