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Giovanni Pascoli
Poemi conviviali

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  • LA CETRA D'ACHILLE.
      • VII.
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VII.

 

E stette Achille ad ascoltare i ringhi

de' suoi cavalli, e più lontano il pianto

delle Nereidi, e dentro i lor singhiozzi

sentì più trista, sì ma più sommessa,

la voce della sua cerulea madre.

Anche sentì tra il sonno alto del campo

passar con chiaro tintinnìo la cetra,

di cui tentava il pio cantor le corde;

mentre i cavalli sospendean, fremendo,

di dirompere il bianco orzo e la spelta.

Passava il canto tra la morte e il sogno:

qualche avvoltoio, sorto su dai morti,

gli eroi viventi ventilava in fronte.

Lontanò ella sotto il cielo azzurro,

e poi vanì. Né più la intese Achille.

Né gli restava, oltre i cavalli e il carro

da guerra e le stellanti armi, più nulla,

se non montare sopra i due cavalli,

fulgido, in armi, come Sole, andando

al suo tramonto. Quando udì vicino

un singulto: Briseide su la soglia

stava, e piangeva, la sua dolce schiava.

Ed egli allora si corcò tenendo

lei tra le braccia, con su lor la pelle

del lion rosso; ed aspettò l'aurora.

 


 




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