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Giovanni Pascoli
Canzoni di re Enzio

IntraText CT - Lettura del testo

  • Sezione II.
    • LA CANZONE DEL PARADISO.
      • IV. Il re morto.
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IV. Il re morto.

 

Nella città con la canestra in capo

va sotto i neri portici e le torri

dal sole accese, appiedi dei palagi

cinti di merli, ingombri di baltresche,

in mezzo al rombo di campane a festa.

In una piazza ella riposa un poco,

depone un poco la canestra, e guarda.

In alto guarda, e si ravvia sul capo

i ricci pésti dal corollo.

 

Dalla finestra uno la chiama: «Ehi! tosa

S'avvia la tosa con le dolci frutta

e con li odori, e sulla porta un vecchio

vestito a festa: «Va pur su» le dice:

«è misèr Piero, Pier de li Asinelli».

Dice Zuam Toso; ed ella ascende, ed entra

in una sala piena di signori,

seduti, in piedi; e ode basse voci

gridare, Azar! a tavoliere.

 

Sur una panca giace un cavaliere,

con gli occhi chiusi, bianco il viso, bionde

ciocche scorrenti tutto intorno a onde.

«Re Falconello?» ella domanda; e Piero,

scegliendo fiori e frutta: «Falconello,

coi geti al piedeDorme il re: d'un tratto

sente un odore di verziere e d'orto,

e vede fiori frutta alberi strade,

e vede campi e fiumi, e il sole!

 

Sorride un poco, apre le nari, e dorme.

E Flor d'uliva scende più leggiera

e più pensosa. Pensa al Falconello

coi geti al piede, così bello e blondo.

Ritorna, e canta nel ritorno, e in cielo

soffiano i lampi e qualche tuon bombisce.

E dice alcuno che il maltempo esplora:

«Par di sentire l'allodetta santa,

che in cielo, tra due tuoni, canta».

 

Lunga è la via, non è la via dell'orto!

Deh! la gran pieta del Re Morto!

Elli era bello, or è più bello.

Zase scoperto in t'un lavello;

una fontana i geme appresso.

E sul lavello un arcipresso

tene una secchia appesa ai rami,

che dice: Vuoi ch'e' viva e t'ami?

empi me di lagrime amare.

 

Cascano già gocciole rare e grosse.

Chi ha tante lagrime amare?

Ed ecco un vene una sclava,

e vede il Re morto che amava,

né il Re lo seppe a la so vita.

Prende la secchia intarmolita,

e se la pone tra i ginocli:

tre vi mesce giò da li ocli,

l'ha quasi empita del so planto.

 

Rimbalza su la polvere che odora.

Si specchia allora nel so planto:

si vede sozza, scarna, trista.

«Deh! como sosterrà mia vista?

Eo vuo' lavarmi alla fontana».

Vi va, ché la non è lontana;

si lava: anche i cavelli scioglie;

si mira; anche due flori coglie;

fiori di menta e di ginestra.

 

La pioggia scroscia sulle larghe foglie.

Flori di timo e di ginestra,

flori per una ghirlandetta;

poi torna al so gran planto, in fretta,

che forse non ne manca un dito...

La secchia è colma, il Re sparito!

Un'altra sul suo pianto ha pianto;

ha tratto il morto Re d'incanto,

con quattro lagrimette stente.

Con quattro lagrimette stente

s'è tolta 'l blondo Re ch'ell'ama,

ed ella, oisé dolente e grama!

le ha plante, per l'amor suo, tutte.

Non plange più, le ha plante tutte

dal core per l'amor so bello:

rimane presso 'l lavello,

con le so lagrime rimane; ...

le so lagrime vane.

 

 




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