E sorge il savio Rolandino, e parla:
«Dio, l'uomo all'uomo toglie a forza il dono
che come padre che partisce il pane
tra i figli, giusto hai tu tra noi diviso:
la libertà. Ché, come volse i passi
altrove il padre, ecco il fratello grande
strappa il suo pane al piccolo fratello.
Ma tu, Dio, vedi, e vieni, e togli, e rendi.
Nel suo giardino, nel suo monte santo,
Dio pose l'Uomo. Con l'eterne mani
vi avea dal cielo trapiantato i rami
de li odoriferi alberi, e gettato
i semi colti nelle stelle d'oro.
E v'era in mezzo una fontana viva
che l'irrigava, donde escono i fiumi
Gehon Phison Euphrate e
Tigris.
Dio pose l'Uomo, libero, nel santo
suo Paradiso. — Opera — disse — e godi —;
non disse: — Opera e piangi, opera e impreca. –
Aveva allora, il placido ortolano
di Dio, soavi pomi per suo cibo,
per sua bevanda acqua più dolce a bere,
d'ogni dolcezza; e facile il lavoro
come il trastullo; e lo seguian li uccelli
con l'alie rosse, all'ombra delle foglie
tremule, lungo il mormorìo d'un rivo.
Tutto era luce, tutto odore e canto.
Ferìa la fronte ove sudor non era,
un'aura uguale; e pur movendo, l'Uomo,
su questa terra, era sì presso al cielo,
che udiva il caro suono delle sfere,
che si volgeano eternamente.
Ei fu cacciato, e fuori errò meschino
e doloroso. E Seth il buono, un giorno,
venne al Cherub che a guardia era dell'orto
di Dio, dov'ora non vivean che uccelli.
Moriva l'Uomo; e l'Angiolo al buon figlio
un grano diede, ch'e' ponesse al morto
sotto la lingua; ed era della pianta
di cui suo padre avea mangiato il pomo;
e Seth sì fece, e seppellì suo padre,
col grano in bocca: e di quel seme un grande
albero sorse; e dopo mille e mille
anni seccò. Gli diedero la scure
alle radici, e il tronco giacque.
Un giorno vennero i fabri, e recidean due legni
dal tronco, e insieme li giungean nel mezzo,
tra loro opposti. E fu la Croce.
L'albero, ch'era in mezzo al Paradiso,
sorse d'allora in mezzo della terra.
Fu tutto il mondo l'orto di Dio chiuso.
I quattro fiumi lo partian; ma ora
moveano rossi sotto il cielo azzurro.
Uomo, lavora e canta! Or ti sovvenga
dei canti uditi nella grande aurora
dell'universo. È tuo fratello il sole.
La terra, tu la solchi, ella t'abbraccia,
ché voi vi amate. Abbi il sudor sul volto,
ma come la rugiada sopra il fiore.
Sia l'arte buona presso te. Lavora
libero. Tutto ora vedrai ch'è buono
ciò che tu fai, come vedea, creando,
Dio. Cogli i fiori e fattene ghirlanda,
o uomo, all'ombra della Croce!
O Croce rossa, rossa come il sangue
sparso da Dio, Croce per cui vincemmo,
cauta nel monastero di Pontida,
alto schioccante sul Carroccio ai venti,
o Croce tratta da' placidi bovi
tra spade e lancie, tra le grida e il sangue;
o Croce nostra, noi di te siam degni.
Questo Comune, ch'ha interrotto il vento
imperiale, ch'ha spezzato l'arco
di Federigo, ch'ha gittato il rugghio
solo tra i tanti, ch'ha recinto al fianco,
non targa e scudo, ma cultello e spada,
il suo diritto, ora, di tutti il primo,
adempia il verbo, e dica a tutti il vero:
che il Redentore ancor non è là, dove
ancor non è la libertà!»
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