Ode re Enzio; ascolta come in sogno,
perché il suo cuore è in Capitana e Puglia.
Un de' custodi, Min de' Prendiparti,
dice: «Mal prenda a questi giuculari
ch'hanno per sue le piazze del Comune,
per ricantar le vecchie fole al volgo!
Già da gran tempo Carlomagno è morto».
E Scannabecco: «È morto sì, ma siede,
l'imperatore dalla barba bianca,
nella sua tomba, e con la destra impugna
la spada posta sopra le ginocchia».
Enzio re pensa: «O bel sire fratello!
Biondo e gentil Rollando di Soave!
Forse vedete ora apparir sui monti
non Valdabrun, ma i cavalier di Francia,
Proenza Fiandra Piccardia Brabante
coi santi gigli e con la croce!»
Manfredi in vero scorge allor sui monti
oltre il Calore l'oste del re Carlo.
Il nato dallo imperator di Roma
ha suo consiglio. Parlano i suoi pari.
Qual è canuto, qual è tutto fulvo,
armato ognuno, ed il lor nome è Lancia.
Dice Calvagno: «Un giorno o due s'attenda:
saranno morti e presi per diffalta
di pane e biade per i lor cavalli.
A Benevento e' mal sarà venuto!»
Ma in parte è un vecchio astrologo accosciato
avanti un libro dove prende il punto,
come se avesse sopra il capo l'ombra
piena di stelle. Intorno a re Manfredi,
vestito a verde come il lor vessillo,
vegliando a guardia i bruni Saracini
poggiati ad arcora e balestre.
Dice Ulivieri: «Bene è grande stuolo.
Di lor
masnade è tutto pieno il bosco.
Son tante
schiere, quante dir non posso.
Compagna
abbiam noi picciola a tal uopo.
Rollando
amico, date fiato al corno!
Lungi
n'udrà l'imperatore il suono,
là nelle
gole, e tosto sarà volto».
Rollando
dice: «Sarò prima io morto!
Onore e
loda perdere non voglio.
Non corno
qui, ma Durendal ha luogo.
Sì, la
vedrete rossa fino all'oro».
AOI
«Rollando
amico, e' sono, per un, cento.
È pieno il
bosco, tutto il monte è pieno.
Sonate il
corno, il corno dell'impero!
l'imperatore
lungi n'udrà l'eco,
là nelle valli,
e sarà volto a tempo.
Tutti
hanno scudo, tutti bianco osbergo,
bene a
cavalli, ad arme, e d'ogni arredo...»
Dice
Rollando: «Morte sarà meglio!
Il mio
legnaggio non sarà dispetto.
Qui
Durendal, non corno fa mestiero.
Dar colpi
voglio, non soffiare al vento».
AOI
«Rollando amico, in bocca l'olifante!
È pieno il
monte, è piena ormai la valle.
Tanti elmi
al sole! Tante spade e lancie,
bandiere
al vento rosse azzurre e bianche!
Giammai
non vidi sforzo così grande.
N'udrà lo
squillo in mezzo alle montagne
l'imperatore,
e lo vedrem tornare...»
Dice Rollando:
«Più morir mi piace!
Bel sire,
e' ci ama per le nostre spade,
l'imperatore,
e il ben ferire e il sangue.
Baroni e
gente, ora ai cavalli e all'arme!»
AOI
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