Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText
Giovanni Pascoli
Canzoni di re Enzio

IntraText CT - Lettura del testo

  • Sezione I.
    • LA CANZONE DEL CARROCCIO.
      • IV. L’insegna del comune.
Precedente - Successivo

Clicca qui per attivare i link alle concordanze

IV. L’insegna del comune.

 

E suona la campana del Comune.

La Patria intima il breve suo decreto,

di bronzo. Tutta la città ne ondeggia.

S'odono cozzar armi,

squillar trombe. Póntano i piedi, e il duro collo i bovi

stirano, e sbalza sulle selci il carro.

Tuonano le alte volte dell'Arengo.

E il re si desta. Il re sognava danze

di Saracine del color d'ulivo...

Scoteano lieve il cimbalo sonoro.

Sognava il re di falconar nel greto

d'un grande fiume, sul suo bel ginnetto...

Seguia lassù la ruota dell'astore.

Sognava le foreste di Gallura:

era nel folto, al guato del cignale...

Udia sonare alla lontana il corno.

Sognava guerra, e colpi e sangue e morte,

su vivi e morti alto l'imperatore...

Vedeva... Il sogno ecco gli rompe il cupo

strepito del Carroccio.

 

Esce il Carroccio e sta sotto l'Arengo.

Par che si levi un pianto dalle donne.

Quando tu parti, nulla qui rimane:

restano solo i morti nelle chiese.

Tu rechi gli altri a non sappiam che terre:

felici i morti presso il loro altare!

Tu vai per via coi lenti bovi al passo:

ecco i ladroni sopra gran cavalli.

Forse hai le ruote prese dentro il fango:

scagliano frecce con le gran balestre.

O forse è afa, polvere, sudore...

Che fresco sotto gli archi di San Pietro!

Non più consigli nella bella chiesa,

vicino ai morti ed alle pie reliquie:

dove son più le compagnie dell'arti?

dove son più le compagnie dell'armi?

Non ci son più, che donne inginocchioni;

chi sa, se mogli, se ancor madri, o nulla?

e fanciulletti; e fanno male al cuore,

ché giocano al Carroccio! —

 

Resta il Carroccio all'ombra dell'Arengo.

Ora s'adorna dei suoi scudi in giro:

l'Aquila, il Pardo, il Grifo, il Toro, il Cervo

ed il Leone; Spade, Schize, Sbarre.

Fiorisce il carro di color di cielo,

di sangue e d'oro. Fascie bianche e nere

paion da un canto ricordare un lutto.

Guardano i vecchi, rissano i fanciulli,

ché in cuore ognuno ha una di quelle arme,

forse la Branca, oppur la Stella d'oro.

Anche i Lioni, senza più criniera,

lioni vecchi, odiano il Grifo alato,

o chiusi nel turrito lor Castello,

sdegnano i Vari e schifano i Balzani.

Uomini in tanto drizzano l'antenna

sopra il suo piede, e funi tese e nervi

tengono fermo l'albero sul carro.

Un lieve tocco dà la Martinella,

e bianca e rossa ondeggia in alto al vento

l'insegna del Comune.

 

Guardano, or sì, vecchi e fanciulli, in alto.

Le donne in cuore hanno finito il pianto.

Quando tu parti, teco viene il tutto:

poniam su te tutte le vite nostre.

Le nostre vite porti uguali unite:

carico vai di grappoli e di spighe.

Quello che fummo e quello che saremo,

tranano i lenti e forti bovi al passo.

Carro, tu sei l'arca del nostro patto,

tu sei l'altare della nostra legge.

La messa e il vespro sovra te si canta,

squillano a morte di su te le trombe.

No, non con noi restano nelle chiese

i Santi d'oro: escono teco in campo!

Nemmeno i morti nei muffiti chiostri

sono con noi: vengono teco al sole!

Vengono ai tocchi della Martinella,

che suona all'alba, a sera, a morto, a gloria,

o bel Carroccio, o forza arte ricchezza

e libertà comune! —

 




Precedente - Successivo

Indice | Parole: Alfabetica - Frequenza - Rovesciate - Lunghezza - Statistiche | Aiuto | Biblioteca IntraText

Best viewed with any browser at 800x600 or 768x1024 on Tablet PC
IntraText® (V89) - Some rights reserved by EuloTech SRL - 1996-2007. Content in this page is licensed under a Creative Commons License