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Giovanni Pascoli
Canzoni di re Enzio

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  • Sezione II.
    • LA CANZONE DEL PARADISO.
      • II. San Giovanni.
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II. San Giovanni.

 

Col manipello delle spighe in capo

torna la schiava. Tra i capelli neri

ha paglie e reste e foglie di rosette

che paion ali rosse di farfalle.

«Va', Flor d'uliva, va' con le mie figlie,

monta sul pero, monta sul ciriegio.

Domani viene San Zuanne e vuole

le prime pere e l'ultime ciriegie.

Le porterete in piazza di Bologna

coperte con le pampane di vite».

«Va', Flor d'uliva, va' con le mie nuore,

cava nell'orto l'aglio e le cipolle.

Per San Zuanne chi non compra l'aglio,

per tutto l'anno non arà guadagno.

Prendi la maggiorana e petroselli,

la camomilla e spighe di lavanda».

«Va', Flor d'uliva, va' con la cognata

per medesine e benedizioni:

foglie di nose e flori di pilatro,

vesiche d'olmo e fiori di sambuco.

Nell'acquastrino prendi le ramelle

del salcio d'acqua detto l'agnocasto».

Va Flor d'uliva, torna va ritorna,

ma lieta in cuore, che vedrà domani,

vedrà Bologna e le sue grandi torri;

e canta... E per le spalle a mo' de l'onde

scorrèn le longhe ciocche blonde...

 

Domani è il Santo delle innamorate.

Siedono su le panche le pulzelle.

Son li amadori a' loro piè col mento

sopra le mani, e i gomiti sull'aia.

Gli occhi guardano, palpitano i cuori:

palpitano le lucciole nel buio.

Parlano e dànno in lievi risa acute;

fanno le rane prova di cantare.

Ma Flor d'uliva siede in terra e intreccia

le lunghe reste; ch'ella non ha drudo.

Le code intreccia, e mette, ad ogni volta

data alle code, un capo d'aglio nuovo;

ma gode in cuore, ché vedrà le torri,

che in una torre c'è una caiba, e, dentro,

re Falconello, le catene d'oro,

i ceppi d'oro, anche i cavelli d'oro.

I lunghi pioppi scotono le vette:

son li aierini che vi fan la danza.

I barbagianni soffiano dai buchi:

son le versiere che ansimano andando.

La guazza cade: è ora di partire.

Partono i drudi, per non far incontri.

Cade la guazza, che fa bene e male.

Rincasan ora le pulzelle; ancora

la schiava è là, sola con li aierini

che si dondolano... Oi bel lusignolo!

canticchia: torna nel meo broilo!...

 

Non vanno a giro omai che le versiere;

vanno alle case dove è un lor fantino;

il lor fantino nato da sette anni

in questa notte, ch'era San Giovanni.

Chiamano all'uscio. Stesi sulle siepi

son fascie e teli, a prendere la guazza;

e li aierini passano soffiando

sui bianchi teli, sulle bianche fascie,

tremanti al soffio. Qua e là nell'aie

muoiono i fuochi crepitando appena.

È mezzanotte, l'ora che al sereno

prende virtù l'erba, la foglia, il fiore,

e l'olio chiuso nelle borse d'olmo,

e il ramo puro, il ramo d'agnocasto.

Ora il tesoro ch'è sotterra, sboccia,

fiorisce un tratto, e subito si spegne.

Ora si trova l'erba che riluce,

che fa vedere ciò che fu sepolto.

Ora si vede al lume di tre lumi

chi è lo sposo a cui dormire accanto.

Ora nei trebbi, incerte del cammino,

sostano un poco insieme le versiere.

A li aierini chiedono la strada,

e li aierini ridono. Ma ecco,

di qua di là, lente tra il sonno e piane,

ton, ton , suonano le campane.

 

 

 




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