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Giovanni Pascoli Canzoni di re Enzio IntraText CT - Lettura del testo |
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IV. Il re morto.Nella città con la canestra in capo va sotto i neri portici e le torri dal sole accese, appiedi dei palagi cinti di merli, ingombri di baltresche, in mezzo al rombo di campane a festa. In una piazza ella riposa un poco, depone un poco la canestra, e guarda. In alto guarda, e si ravvia sul capo i ricci pésti dal corollo.
Dalla finestra uno la chiama: «Ehi! tosa!» S'avvia la tosa con le dolci frutta e con li odori, e sulla porta un vecchio vestito a festa: «Va pur su» le dice: «è misèr Piero, Pier de li Asinelli». Dice Zuam Toso; ed ella ascende, ed entra in una sala piena di signori, seduti, in piedi; e ode basse voci gridare, Azar! a tavoliere.
Sur una panca giace un cavaliere, con gli occhi chiusi, bianco il viso, bionde ciocche scorrenti tutto intorno a onde. «Re Falconello?» ella domanda; e Piero, scegliendo fiori e frutta: «Falconello, coi geti al piede!» Dorme il re: d'un tratto sente un odore di verziere e d'orto, e vede fiori frutta alberi strade, e vede campi e fiumi, e il sole!
Sorride un poco, apre le nari, e dorme. E Flor d'uliva scende più leggiera e più pensosa. Pensa al Falconello coi geti al piede, così bello e blondo. Ritorna, e canta nel ritorno, e in cielo soffiano i lampi e qualche tuon bombisce. E dice alcuno che il maltempo esplora: «Par di sentire l'allodetta santa, che in cielo, tra due tuoni, canta».
Lunga è la via, non è la via dell'orto! Deh! la gran pieta del Re Morto! Elli era bello, or è più bello. Zase scoperto in t'un lavello; una fontana i geme appresso. E sul lavello un arcipresso tene una secchia appesa ai rami, che dice: Vuoi ch'e' viva e t'ami? empi me di lagrime amare.
Cascano già gocciole rare e grosse. Chi ha tante lagrime amare? Ed ecco un dì vene una sclava, e vede il Re morto che amava, né il Re lo seppe a la so vita. Prende la secchia intarmolita, e se la pone tra i ginocli: tre dì vi mesce giò da li ocli, l'ha quasi empita del so planto.
Rimbalza su la polvere che odora. Si specchia allora nel so planto: si vede sozza, scarna, trista. «Deh! como sosterrà mia vista? Eo vuo' lavarmi alla fontana». Vi va, ché la non è lontana; si lava: anche i cavelli scioglie; si mira; anche due flori coglie; fiori di menta e di ginestra.
La pioggia scroscia sulle larghe foglie. Flori di timo e di ginestra, flori per una ghirlandetta; poi torna al so gran planto, in fretta, che forse non ne manca un dito... La secchia è colma, il Re sparito! Un'altra sul suo pianto ha pianto; ha tratto il morto Re d'incanto, con quattro lagrimette stente. Con quattro lagrimette stente s'è tolta 'l blondo Re ch'ell'ama, ed ella, oisé dolente e grama! le ha plante, per l'amor suo, tutte. Non plange più, le ha plante tutte dal core per l'amor so bello: rimane lì presso 'l lavello, con le so lagrime rimane; ... le so lagrime vane.
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