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Giovanni Pascoli
Canzoni di re Enzio

IntraText CT - Lettura del testo

  • Sezione II.
    • LA CANZONE DEL PARADISO.
      • VII. La libertà.
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VII. La libertà.

 

Libertà! Su, sbalzano l'Arti e l'Armi,

stanno i Seicento, stanno i Cinquecento,

tendono, stanti, i Consoli le braccia

verso il Consiglio. Alzano tutti il grido,

Libertà!, grido delle lor battaglie.

Vedono in cuore le assolate strade,

biechi torrazzi, torvi battifolli.

Ecco il lontano canto delle trombe,

ecco il tuon delle torme de' cavalli,

scroscio di lancie, sibili di freccie,

ferro su ferro, spade contro spade,

il martellar d'una fucina immensa,

e il rugginoso anelito, e il singhiozzo

del sangue, e il chiaro alto latino squillo,

Libertà! sempre, Libertà! tra il rauco

latrar di teutoni e schiavoni.

 

Libertà! L'hanno essi difesa in campo

più che la vita, come la lor fede;

meglio che il dritto, come il lor dovere;

nel suo quel d'altri; libertà per tutti.

Ché né è d'uno, se non è di tutti.

Stante il Consiglio del Comune augusto

tende le braccia, come al giuramento,

tende le mani, come con le spade.

Oh! bel Comune, condurrai tu primo

quei che già venne e non si vede ancora.

Da tanto aspetta fuori delle porte,

e vuole entrare e vuol mangiar la Pasqua.

Egli è vicino, e mansueto aspetta,

seduto presso l'asina legata,

in ermo luogo, e il suo polledro a volte

lo guarda, e torna a brucar l'erba.

 

Andrem per Lui coi bovi bianchi e rossi

e col Carroccio, e cingeremo in armi

popolo santo l'ara nostra e l'arca.

Sarà la croce in alto sull'antenna,

saranno ai mozzi le lucenti spade.

Ci fermeremo tra il pulverulento

scalpitamento de' cavalli ansanti,

mentre i placidi bovi muggiranno.

Egli, il Dio vero, l'Uomo Dio, soave,

ci dirà pace, ci dirà: Son io.

Vieni con noi, vieni a mangiar la Pasqua,

siediti a mensa, ché l'agnello è pronto.

Non ha tra noi maggiore né minore.

Tu non volevi né mangiar l'agnello

né bere il vino, prima che il tuo regno

venisse in terra: ecco, è venuto. —

 

Libertà! Noi lo condurremo, il Cristo,

al suono vago della Martinella.

Lo condurremo nelle aperte piazze,

dove è pur lunga l'ombra delle torri,

al monte, al piano, sotto le castella

covi di falchi, presso i monasteri

ricchi di grasce; nelle chiese il Cristo

noi condurremo. Cedano i serragli!

Le porte aprite! Alzate i ponti! Ei viene.

Niuno ritenga ciò che fu ricompro:

è qui Colui che n'ha disborso il prezzo:

Dio! Viene al suono della Martinella,

al nostro grido, sul Carroccio nostro.

Fatevi incontro, a lui gettate i rami

d'uliva, a lui stendete le schiavine

per terra, a lui gridate, Hosanna!

 

Libertà! Posa il grido qual del rombo

d'un branco in cielo un cinguettìo rimane

minuto in terra. Sono tutti gli occhi

pieni d'una lontana visione.

È il Paradiso. Non vi son manenti

od arimanni. Ogni uomo è uomo.

Ogni uomo ha la sua donna, i figli suoi, la casa

sua. Sbalza lieto dai tuguri il fumo.

S'ode una voce ch'è nel cuore, e sembra

quella di Dio, quale s'udiva allora:

Fa ciò che vuoi: non puoi voler che il bene! –

Fuori è il serpente e sibila notturno.

Fuori è il nemico, e vien alto come onda

che muore al lido. Avanti il Paradiso

resta il Cherub che v'era già: vi resta

a guardia della Libertà.

 




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