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Giovanni Pascoli Canzoni di re Enzio IntraText CT - Lettura del testo |
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VIII. La buona novella.Va tra le torri, suona nelle piazze, passa tra i pioppi, sale tra i castagni, vola tra i faggi la novella buona. La notte cade, s'avvicina il giorno. A lui che viene, andate, o genti, incontro. Vien col Comune e Popolo. Egli spese il sangue già per ricomprare i servi; tutto il suo sangue: ora, dimesso, aggiunge i trenta sicli, suo valsente.
I trenta sicli, suo valsente in terra, aggiunge al sangue. Si riscatti il capo d'anni oltre sette e sette, dieci libbre di bolognini; otto il minore: è giusto. Prendete il prezzo delle mandre umane, dei greggi, ahimè! che parlano. S'avanza coi sicli in mano e col costato aperto il Redentore... Il popolo gli è intorno con gli spontoni e coi ronconi.
Soffia nel corno, o guaita della torre; desta il palagio irto di merli, aduna nella tubata i servi con le ancelle. In vano il prete vi spruzzò sul capo l'acqua lustrale e vi soffiò negli occhi e v'unse d'olio. Voi non rinasceste. Ora il Comune e Popolo vi scioglie, v'alita il nuovo spirito, vi tuffa nel fiume purificatore.
Tu che nel battifredo del convento suoni compieta, onde s'attrista il cuore del peregrino, ché quel suon lontano ciò gli ricorda ch'è vie più lontano: a festa suona, per Gesù risorto. Monaci salmeggianti, Egli è risorto, e viene a tôrre i figli suoi, che i campi v'arano e l'orto zappano e la legna gemendo tagliano nel bosco.
Voi che nei torracchioni del castello vegliate in armi tra il guattir dei falchi, biondi arimanni, servi di masnada: in libertà, mastini alla catena del valvassore! Siate falchi: è meglio. Via, biondi falchi, dal castello al bosco! E della vostra fiera gioia empite la solitudine dell'aria.
Fuochi di gioia, ardete sulle cime! Dov'ora sola la Limentra scroscia e muglia il Reno, e il vento urta nei faggi simile a un folle, fumeranno grigi, in mezzo all'albeggiare della neve, nuovi tuguri. E v'arderà perenne sul focolare il figlio di due selci battute sopra un'ara dalle grandi silenti vergini di Roma.
Fuochi di gioia, ardete in mezzo all'aie delle pianure! Ché non più, seguendo, la stiva in mano, i due gementi bovi, l'uomo dirà: — L'aratro, i bovi e l'uomo, son tutti cosa che si compra e vende. – La sfogliatrice non dirà sfogliando: Di qui né io né l'olmo può partire: olmo, bell'olmo, noi ci somigliamo. Io canto, anche tu canti, al vento. —
O sfogliatrice che canti sull'olmo, come un uccello, quando cade il sole, scendi; tu puoi partire, anche restare: all'osilino alcuno avrì l'usolo. Il drago è morto, o Santa Filumena; più non ti mangia al fine della tela. Non planzer più: torna 'l to Sire: canta! Specchiati nelle lacrime ch'hai sparse, e va', ti lava alla fontana.
Va Flor d'uliva in Savena la verde: in un boschetto si mette ad andare. Scioglie i capelli, lascia giù le vesti, scende nel rio, tutta si spruzza d'acqua. E l'oseletto udì cantare un poco, piano e segreto, che nessun l'udisse. Ma ella intese ch'era 'l lusignolo di caiba uscito e ritornato al broilo, all'acqua, al verde, all'ombra, al sole, al sole et all'amore.
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