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Giovanni Pascoli
Canzoni di re Enzio

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  • Sezione III.
    • LA CANZONE DELL’OLIFANTE.
      • I. La vendetta.
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LA CANZONE DELL’OLIFANTE.

 

I. La vendetta.

 

Fu il venerdì, ch'era dolore e sangue

e la battaglia al Prato delle rose.

Bello era il tempo e tralucente il giorno.

Enzio era volto a dove nasce il sole.

Di là! l'altr'anno, sorgere una stella

soleva, lunga, che parea selvaggia

del cupo cielo, e lo fendeva in fuga,

lasciando il segno come una ferita.

Tutte le notti dall'agosto al verno

sorgea, come una fiaccola di guerra

sur una torre, e sotto quella luce

nere apparian le torri di Bologna,

immobili, erte, le dugento scolte

veglianti intorno al re prigione.

 

Fu il venerdì della battaglia al Ponte

di Benevento. Enzio guardava al sole,

il re vedeva l'Asinella acuta,

la rossa torre sulla via di Roma.

Per là nel verno il conte di Monforte,

coi maliscalchi e cavalier di Francia,

avea stradato. Allor già verno,

è ora fin di ferraio; ora in Campagna e Puglia

che avvien di voi, leoni di Soave?

Ora in Palagio i sedici custodi

sparsi per l'aula seguono con gli occhi

il re pensoso. Egli ode nella strada

la cantilena lunga di un giullare

e un aspro suono di vivuola:

 

Sale Ulivieri e guarda a giù dal monte,

guarda la valle piena di grandi ombre.

Rumor di contro viene dalle forre,

rumor di zampe sopra secche fronde.

Muli e cavalli fiutano altre torme

lì dirimpetto, e rignano all'odore.

Schiarisce il giorno, son le nubi rosse.

Suonano i corni, squillano le trombe.

AOI

 

Guarda Ulivieri, guarda nella valle.

Quanti elmi al sole, quante spade e lancie!

Gli osberghi d'oricalco hanno le frangie:

bandiere al vento, rosse azzurre e bianche.

I gonfaloni pendono dalle aste;

punte su razzano come fiamme.

Son tante schiere, ch'e' non può dir quante.

Giammai non vide sforzo così grande.

AOI

 

Scende Ulivieri, e conta ai Franchi tutto.

«Più grande sforzo mai non fu veduto.

Son mille e mille, e hanno osbergo e scudo;

hanno allacciato al capo l'elmo bruno;

dritte le lancie, i verrettoni in pugno.

In campo state e Dio vi dia virtù!»

Dicono i Franchi: «Abbia chi fugge, lutto.

A morir qui non mancherà nessuno».

AOI

 




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