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Giovanni Pascoli Il fanciullino IntraText CT - Lettura del testo |
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XIX.
IL FANCIULLO Il nome? Il nome? L'anima io semino, ciò ch'è di bianco dentro il nocciolo, che in terra si perde, ma nasce il bell'albero verde. Non lauro e bronzo voglio; ma vivere; e vita è il sangue, fiume che fluttua senz'altro rumore, che un battito, appena, del cuore. Nei cuori, io voglio, resti un mio palpito, senz'altro vanto che qual d'un brivido che trema su l'acque, fa il sasso che in fondo vi giacque. Nell'aria, io voglio, resti un mio gemito: se l'assiuolo geme voglio essere tra i salci del rio anch'io, nelle tenebre, anch'io. Se le campane piangono piangono, io nelle opache sere invisibile voglio essere accanto di quella che piange a quel pianto. Io poco voglio; pur, molto: accendere io su le tombe mute la lampada che irraggi e conforti la veglia dei poveri morti. Io tutto voglio; pur, nulla: aggiungere un punto ai mondi della Via Lattea, nel cielo infinito; dar nuova dolcezza al vagito. Voglio la vita mia lasciar; pendula ad ogni stelo, sopra ogni petalo, come una rugiada ch'esali dal sonno, e ricada nella nostr'alba breve. Con l'iridi di mille stille sue nel sole unico s'annulla e sublima... lasciando più vita di prima.
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