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Giovanni Pascoli Nuovi poemetti IntraText CT - Lettura del testo |
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ZI MEO.
Guardava ognuno, per un po', la vigna tua lì rimpetto, nell'uscir di chiesa. Oh! c'era sempre qualche bella pigna!
«Non ha finito!» E in dir così, sospesa con l'acquasanta ancora avea la mano: l'altra reggeva una candela accesa.
«Tutti vizzati buoni: colombano e capobugio». E discendean le soglie, a due a due, salmodïando piano.
O tra la lieve nebbia che si scioglie, sole d'ottobre! o come lunghe aurore giornate pure! o rosseggiar di foglie
presso a cadere! o limpide ultime ore! Un pesco, tra le viti sciolte, rosso era così come quand'era in fiore:
si ricordava! In faccia a lui, sul fosso, grandi castagni con i cardi a ciocche in tutti i rami; e i cardi avean già mosso.
Erano a bocca aperta, e dalle bocche già si vedea la bella buccia bionda. Oh! il bel tempo del fuoco e delle rócche!
quando le genti siedono alla tonda avanti al fuoco, e quelle donne, quale fa le mondine e quale poi le monda:
quando l'annata sia pur ita male, ma il fuoco scalda! ma rallegra il vino! e il vino è poco? Meno è, più vale.
Andavano pensando a San Martino, sotto i castagni, e c'eri, su la bara, coi panni buoni, tu, mio buon vicino!
Dal Rio mandava la sua voce chiara interrogando, l'usignol dei Morti, ch'è il pettirosso, e più l'alzava a gara.
Usignol della nebbia, che i nostri orti visiti quando non c'è più che bruchi, tu che ci lodi il verno che ci porti;
e ti fai cuore, e vieni e vai, t'imbuchi t'infraschi, e cerchi e fai sentire un canto appena trovi sanguini o sambuchi:
un uomo noi portiamo al camposanto che, come te, dimestico e silvano, godea del poco e non sapea del tanto.
I figli avea nell'oltremar lontano, e quasi solo vivucchiava in pace contento del suo vino e del suo grano.
Covava il fuoco avendo nelle brace poche castagne, e già vecchietto stanco pensava all'aspra giovinezza audace;
allor che in vetta all'alto pioppo bianco non scendea; no: gli dava l'onda e in aria prendeva a volo l'altro pioppo a fianco:
alla sua giovinezza aspra di paria, allor che dentro il suo metato in monte dovea passar la notte solitaria;
ma, per il fumo, tenea fuor la fronte e la lasciava al vento ed al nevischio sino al primo baglior dell'orizzonte:
ché allora a casa discendea tra il fischio del tramontano, la crinella in collo, zeppa di fronde, ed ogni passo un rischio.
Era di ceppa vecchia egli rampollo! Seguiva il cenno della madre austera imperïosa sotto il suo corollo!
Che vita, allora! il pane allor non c'era che per le Pasque! Ora godeva il verno egli che non godé la primavera.
In vece qui con un saluto eterno noi ti lasciamo. Addio, Zi Meo! Le zolle che abbiam gettate sul tuo cuor fraterno!
E questa croce sul terreno molle non reggerà! Verranno poi le acquate. Poi, bianco il monte e sarà bianco il colle.
Poi, torneranno i figli nell'estate a prender l'aria. Addio, Zi Meo! La vita è così fatta. Andiamo, dunque. - Andate
alla vendemmia non ancor finita! -
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