LA PECORELLA SMARRITA.
I.
«Frate,» una voce gli diceva: «è l'ora
che tu ti svegli. Alzati! La rugiada
è sulle foglie, e viene già l'aurora».
Egli si alzava. «L'ombra si dirada
nel cielo. Il cielo scende a goccia a goccia.
Biancica, in terra, qua e là, la strada».
S'incamminava. «Spunta dalla roccia
un lungo stelo. In cima dello stelo,
grave di guazza pende il fiore in boccia».
S'inginocchiava. «Si dirompe il cielo!
Albeggia Dio! Plaudite con le mani,
pini de l'Hermon, cedri del Carmelo!»
Tre volte il gallo battea l'ali. I cani
squittìano in sogno. Le sei ali in croce
egli vedea di seraphim lontani.
Sentiva in cuore il rombo della voce.
Su lui, con le infinite stelle, lento,
fluiva il cielo verso la sua foce.
Era il dì del Signore, era l'avvento.
Spariva sotto i baratri profondi
colmi di stelle il tacito convento.
- Mucchi di stelle, grappoli di mondi,
nebbie di cosmi. Il frate disse: «O duce
di nostra casa, vieni! Eccoci mondi».
In quella immensa polvere di luce
splendeano, occhi di draghi e di leoni,
Vega, Deneb, Aldebaran, Polluce...
E il frate udì, fissando i milïoni
d'astri, il vagito d'un agnello sperso
la tra le grandi costellazïoni
nella profondità dell'Universo...
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