VII.
E poi fece il marrello, arma che scopre
e che ricopre, zappa e, in un, badile,
buona quant'altra, ma men grave all'opre.
Egli comincia nel piovoso aprile:
ritira il solco sopra il formentone,
ma un poco prima egli zappò le file.
Lo ronca, lo dirada, gli ripone
la terra al calcio, perché faccia il costo,
nel dolce maggio, dopo un acquazzone.
Al sessantino pensa poi d'agosto;
e lo smuove e lo svelge e lo rincalza:
e poi riposa, quando bolle il mosto.
Poi quando il sole pallido s'inalza
sopra la nebbia, e ingiallano le spoglie
del sessantino, e rossa appar la balza,
e grigio il piano, e cadono le foglie,
e viene il freddo, e cupo il vento geme;
ecco, il solco novello esso ricoglie.
Suonano a onde le campane treme-
bonde sopra i villaggi e le città...
ed il marrello seppellisce il seme,
che nasce e poi... si riseminerà.
E cessò il vento e il fragor d'acqua e il lampo
del fuoco. Disse ch'era morto il giorno
una campana di San Piero in Campo.
Nando uscì co' suoi ferri. E gli era intorno
quella campana che soave e piana
gli diceva che tardi era il ritorno!
Via via soave e piana altra campana
gli ripeteva ch'era ancora in basso!
Poi solo udì, nella sua via lontana,
squillargli l'armi sulle spalle al passo.
|