2. Compiti del formatore
2.1 Discernere
- “Loro compito è di discernere l’autenticità della
chiamata alla vita religiosa nella fase iniziale di formazione” (PI 30b).
Quando un candidato
comincia la sua esperienza formativa in un istituto, comincia un processo di
conoscenza reciproca per discernere mutuamente l’autenticità della chiamata a
quella vita in comunione con altri, secondo lo spirito e missione proprie. Il
formatore, a nome dell’istituto, ha la responsabilità di conoscere
progressivamente il formando e quella di discernere l’autenticità della sua
vocazione. La tradizione indica i campi di questo discernimento: l’idoneità e la retta intenzione.
L’idoneità è la reale capacità di tradurre
in atti la percezione di certi valori. La vocazione, in quanto esperimentarsi
chiamato, ha un suo segno di autenticità nella vocazione come esperienza di
impegno e di risposta. E come l’idoneità è un concetto relazionale: “idoneo
per”, essa deve essere discernita secondo lo spirito e missione proprie di ogni
istituto. Ed abbraccia l’insieme di dimensioni della persona nella sua unità e
differenza. Partendo da una concezione dinamica della vocazione, l’idoneità
dovrà essere vista con una prospettiva evolutiva e si dovrà applicare il
criterio della proporzionalità: idoneità proporzionale alla persona e alla sua
tappa, e il criterio di crescita: la persona dimostra capacità di crescita
sufficiente in quella idoneità.
Il secondo campo di
discernimento è la retta intenzione,
che consiste nella serietà ed onestà con cui la persona prepara la sua libera
decisione in ordine al compimento della volontà di Dio per essa. Risponde al
perché vuole questo tipo di vita. L’intenzione nei suoi inizi non è totalmente
pura, perciò la formazione può considerarsi come un processo di discernimento,
purificazione e radicamento delle motivazioni.
- “e di aiutare i religiosi a ben condurre il loro dialogo
personale con Dio, scoprendo nello stesso tempo le vie nelle quali sembra che
Dio voglia farli progredire”
Il ruolo del
formatore non si riduce al discernimento che lui fa a nome dell’istituto, bensì
dovrà arrivare ad offrire al formando un aiuto per il proprio discernimento.
Questa Istruzione chiede “aiutare i
religiosi a ben condurre il loro dialogo personale con Dio, scoprendo nello
stesso tempo le vie nelle quali sembra che Dio voglia farli progredire”. La
vocazione è un dialogo continuato. Orientare questo dialogo sarà favorire gli
atteggiamenti che lo fanno possibile, fecondo e fedele. Il formatore aiuterà il
formando a riconoscere l’iniziativa di Dio su di lui ed a favorire la sua
manifestazione.
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