4. Disposizioni del formatore
Un buon formatore è
frutto di due componenti fondamentali: dono
e arte. I buoni formatori sono frutto di natura e di grazia, di libertà
personale, di esperienza, ma anche a loro volta de buona formazione. La buona
formazione la ottengono mediante riflessione e studio che li impegnano a
conoscere la realtà, i valori e i problemi in cui e per cui sono chiamati ad
operare. La ottengono seguendo programmi e metodi sistematici di preparazione,
iniziale per quelli che assumono per la prima volta l’impegno della formazione,
permanente per quelli che, già operando, sentono il bisogno de migliorare.
Dunque, non è
sufficiente la designazione dell’ubbidienza. Non basta più far affidamento
sulla buona condotta consacrata personale, su una valida azione apostolica,
sulla capacità generale di direzione. E non bastano le preparazioni
scientifiche generiche e remote. Forse è il tempo d’una definizione
professionale del ruolo dei formatori delle nuove generazioni, di accettare la
conseguente necessità della loro “solida” preparazione specifica per un’azione
sistematica, ben dotata di progetto e metodo, di verifica e di ottimazione, di
buona fondazione interdisciplinare, di fedeltà e di adeguamento.
Ma non si può
idealizzare tanto ai formatori fino a presentare un’immagine di formatore
inesistente, nemmeno può affermarsi, sotto un malinteso realismo, che qualsiasi
può essere formatore. I documenti della Chiesa e degli istituti insistono
sempre nell’importanza di formatori idonei. I superiori degli istituti hanno
qui particolare responsabilità: la scelta realista di formatori idonei. E i
formatori, sottolinea Alessandro Manenti, devono ricordare che “non è preciso
essere perfetti, ma perfettibili… Le persone verso cui siamo responsabili hanno
bisogno di vederci come uomini perfettibili che sono ancora in cammino verso
Dio. Non hanno bisogno di vederci degli arrivati o dei santi, ci vedrebbero
troppo distanti e inaccessibili”[1].
Gli educatori o
formatori dovranno evitare sia l’atteggiamento della persona invanita che non
accetta la propria limitazione, sia la persona pusillanime che è dominata dalla
zona dell’ombra o dell’imperfezione. Una serena accettazione di sé, una
coscienza realista delle proprie possibilità e limitazioni, una fiducia
nell’azione di Dio in loro e attraverso loro, aiuterà a vivere con
responsabilità e serenità il loro compito.
Le qualità, più che
un avere, sono modi di essere, riflettono la qualità della persona. E questo è la cosa più importante, perché si
tratta di essere formatore, non di fare il formatore. Prima di ciò che si
possiede (libri, idee, tecniche ecc.), quello che conta è l’insieme unitario di
qualità. Queste qualità richieste dal documento possono essere organizzate in
questi due gruppi: qualità in quanto si tratta di una relazione personale, e in
quanto si tratta di una relazione di aiuto spirituale.
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