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Formazione permanente paradigma della formazione iniziale

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2- Quel calcolo che uccide l’amore

Apparentemente, o a un primo livello, più superficiale (per quanto non irreale), l’EA è connesso al rapporto tra dare e ricevere (affetto). A questo livello una persona è equilibrata affettivamente se c’è equità di rapporto tra l’affetto che dona agli altri e quel che riceve.

Sullo sfondo c’è la teoria psicologica ben nota, secondo la quale chi non è stato amato non può a sua volta amare. Che è vero, il problema è che non si può dare per scontata né la libertà di percepire e poi ricordare l’amore ricevuto né la libertà di lasciarsi amare! Chissà quante persone vengono a lamentarsi di non essere state abbastanza benvolute semplicemente perché non sono in grado di apprezzare il bene ricevuto, o perché in tal modo sono più gratificate dalla comprensione (o compassione) che elemosinano e sovente trovano attorno a sé, o perché così non si caricano della responsabilità legata all’amore ricevuto, o perché la presunta deprivazione affettiva infantile funziona da alibi che giustifica l’immaturità presente

Far consistere, dunque, l’EA d’una persona sulla equità tra amore ricevuto e amore dato può o rischia d’esser profondamente falso e falsante, o può portare a conseguenze aberranti e che distorcono il vero senso della dinamica affettiva, finendo per creare squilibrio nella persona. Anche nel caso che vi possa essere stato nel proprio passato un qualche limite o problema relazionale. Perché? Per tre motivi, almeno:

a.       Perché tale prospettiva rischia di ridurre a calcolo l’incontro amoroso, privandolo di libertà e creatività;

b.       perché può condurre a rivendicazioni infinite, a una pretesa apparentemente giustificata (dagli eventuali infortuni del passato), ma che poi diventa ingordigia d’amore illimitata e incontentabile e, soprattutto, a spostare all’esterno la causa dell’eventuale immaturità in tale campo;

c.       perché è costruita su un presupposto falso o che comunque non coglie la verità della vita, in buona sostanza. L’esistenza di ciascuno di noi è costruita su uno squilibrio, da questo punto di vista, tra dare e avere: siamo venuti al mondo perché una volontà buona ci ha preferiti alla non esistenza, non perché lo abbiamo meritato, e questo fatto posto alle origini della nostra vita la segna in profondità. Sta a dire, cioè, che sarà sempre più l’amore che abbiamo ricevuto rispetto a quello che possiamo dare, o rispetto a quello che avremmo potuto pretendere o sognare o che ci siamo vergognati di chiedere. E in ogni caso ci ricorda che, per quanto affetto daremo agli altri non pareggeremo mai il conto con quello che abbiamo ricevuto.




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