- LA PREGHIERA PREZIOSO DONO DELLO SPIRITO CHE CI INTRODUCE NELL'INTIMITÀ DI CRISTO GESÙ CON IL PADRE UNA PREGHIERA CHE DÀ PIENEZZA ALLA VITA E CAMBIA LA VITA
- 3. Una Teologia della preghiera: Alla luce della Dei Verbum
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3. Una Teologia della preghiera:
Alla luce della Dei Verbum
Senza
sviluppare completamente una teologia della "Dei Verbum" non possiamo
non accennare ad un percorso che unisce il senso della rivelazione con quello
della preghiera nella Costituzione conciliare, soffermandoci su alcuni numeri.
Il n. 2
esordisce con la nozione di rivelazione come autocomunicazione di Dio,
verità e vita e la manifestazione del suo piano di salvezza per
l'umanità, in dimensione storica e trinitaria. E' centrale il cenno
al movimento di condiscendenza di Dio che parla agli uomini come ad amici
e si intrattiene con loro invitandoli alla comunione con se. E' qui che
affiora, inevitabile, la risposta della preghiera ed il ricupero della
nozione di alleanza ed amicizia, così sottolineata dalla tradizione
patristica da Ireneo fino ad Agostino e Giovanni Crisostomo, come molto
bene a messo in luce J. Moltmann. Si completa questa descrizione con lo
snodarsi di questa rivelazione attraverso parole ed opere intimamente
legate, che ha il in Cristo il culmine e pienezza della rivelazione.
Il n. 5
parla della accoglienza della rivelazione in un atto totalizzante di fede
e di amore, sotto l'azione dello Spirito Santo che deve muovere il cuore e
rivolgerlo a Dio. Difficilmente si può capire e realizzare questa
risposta personale, non a verità ed enunciati ma al Dio vivente, senza
la preghiera, come attuazione del dialogo della salvezza.
Nel denso
e centrale n. 8 della "Dei Verbum" che parla della trasmissione
della Rivelazione nella Chiesa sotto l'azione dello Spirito Santo il
riferimento alla preghiera e alla contemplazione è esplicito.
Innanzitutto non si può non mettere in luce il rapporto segnalato
da questo numero con la liturgia là dove si parla della
trasmissione della Rivelazione attuata dalla Chiesa la quale "nella
sua dottrina, nella sua vita e nel suo culto, perpetua e trasmette a tutte
le generazioni tutto ciò che essa è e tutto ciò che
essa crede". Abbiamo qui quello che possiamo chiamare il senso
oggettivo della rivelazione, ribadito ancora nell'ultimo paragrafo nella
allusione alla Chiesa "che crede e che prega".
Tuttavia
nel paragrafo centrale dove si parla dei diversi modi di trasmissione della
rivelazione, come crescente comprensione delle parole e delle realtà
trasmesse ("tam rerum quam verborum traditorum perceptio") si parla
della contemplazione e dello studio dei credenti che ad imitazione di Maria le
meditano nel loro cuore, e si fa riferimento ancora alla profonda intelligenza
che essi provano delle cose spirituali (" tum ex contemplatione et studio
credentium qui ea conferunt in corde suo - cfr. Lc 2, 19 e 21 - tum ex intima
spiritualium rerum quam experiuntur intelligentia").
Il n. 8
si rivela importante per una teologia e pedagogia della meditazione, della
contemplazione, della esperienza spirituale nella Chiesa, come attualizzazione
dell'ascolto ed accoglienza del Dio che si rivela, nonché della
dimensione profondamente ecclesiale-mariana della attività orante e
della contemplazione nella Chiesa. E non in una situazione periferica ma
appunto come forma ed esperienza dell'approfondimento della rivelazione (parole
e fatti).
Certamente
non si esaurisce qui la teologia della preghiera, ma se ne possono trarre dei
principi teologici fondamentali per legarla profondamente alla realtà
della accoglienza della rivelazione. E torno a ribadire la mia convinzione :
quanto se ne può ricavare da questi principi basilari fonda insieme la
teologia della preghiera liturgica e della preghiera personale.
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