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AA.VV.
Formazione permanente paradigma della formazione iniziale

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I. UN VELOCE SGUARDO STORICO

Non ho la pretesa, anche perché mancherebbe il tempo, di sviluppare il discorso dell’orizzonte storico della direzione spirituale oggi per il cristiano e per il consacrato.
Vorrei solamente attirare l’attenzione su alcuni elementi proprio perché “sembrerebbero”, ad uno sguardo superficiale, mettere in questione quel sostantivocostante di qualità” che nel titolo vuol connotare e qualificare la Direzione Spirituale nella Vita Consacrata.

1.- Negli anni immediatamente seguenti la fine del Concilio, nel primo post-concilio (1965-1980) abbiamo assistito ad una forte crisi della direzione spirituale non solo presso i laici e i sacerdoti persino nei Seminari, ma anche presso le persone consacrate e nella stessa formazione iniziale negli Istituti di Vita Consacrata. Un po’ dovunque nella Chiesa, nei vari luoghi e presso tutte le categorie di persone, la direzione spirituale ha avuto una battuta di arresto. Sono proprie di questo periodo intorno al ’68 le maggiori contestazioni contro la Direzione Spirituale; esse, poi, sono andate progressivamente a sfociare in una trascuratezza e disaffezione nei suoi riguardi negli anni seguenti.
Schematicamente possiamo dividere le difficoltà contro la direzione spirituale che sono maturate in quegli anni in due gruppi secondo l'ambito nel quale esse hanno preso corpo : la teoria o la prassi.

Tra le difficoltà teoriche, alcune provengono soprattutto dall'atmosfera umanistica ideologica e culturale, altre si collocano piuttosto sul versante teologico e religioso. Tra le prime meritano particolare menzione quelle invocate e richiamate

·         dal fenomeno della socializzazione, dallo sviluppo dello spirito comunitario, dalla pastorale di gruppo, che vedono nella direzione spirituale un lusso per pochi privilegiati, retaggio di una mentalità individualistica, elitaria, contraria alla spiritualità di comunione affermata dallo stesso concilio Vaticano II e, pertanto, anacronistica;

·         dall'accentuazione data alla coscienza personale e al soggetto, che, geloso della sua autonomia, si sente mortificato da un aiuto offertogli dall'esterno, soprattutto in un campo, quello religioso, nel quale pensa che il rapporto con Dio se lo debba giocare nell'interiorità della sua ragione e nell'inviolabile ambito della sua insindacabile coscienza personale;

·         dalla sviluppo delle scienze sociologiche e psicologiche che in un'ottica e atmosfera di secolarizzazione giustificano la sostituzione del direttore spirituale con la figura dello psicologo e operano una rilettura critica in chiave puramente psicologica della direzione spirituale classica e dell'aiuto dei grandi maestri della spiritualità, accusati di disporre di una troppo ingenua ed elementare scienza psicologica che ha tutto da perdere di fronte agli studi recenti del nostro secolo.

Sul versante più strettamente teologico e religioso, le difficoltà portate contro la direzione spirituale emergono soprattutto

·         dalla sottolineatura da parte del Vaticano II del valore delle libertà e della dinamicità della vita spirituale, che metterebbe in evidenza la radicale grave mancanza di rispetto della direzione spirituale che, subissando il diretto con troppe norme e consigli, mortificherebbe la libertà di cui l'uomo d'oggi, invece, va fiero, lo fisserebbe in uno stato di minorità impedendogli di divenire adulto nella fede, e meccanicizzerebbe sotto una ridda di prescrizioni e leggi quella che dovrebbe invece essere un'autentica vita nello Spirito, cioè una vita condotta sotto la legge interna dell'unico vero Maestro, quello interiore;

·         dall'urgenza dell'evangelizzazione, che sembra, invece, contrastata o, per lo meno, frenata da un'esperienza spirituale, quella della direzione appunto, che sottrarrebbe tempo ed energie a favore di un rapporto intimista con Dio e che indurrebbe l'uomo a ripiegarsi su se stesso;

·         dalla necessità di una fede adulta capace di incarnarsi nel mondo e nella storia e di trasformare la società e le realtà terrestri, che viene a contestare alla direzione spirituale di muoversi nel campo dello "spirituale puro", favorendo sempre di più una dicotomia tra fede e vita e l'emarginazione della vita spirituale in un angolo della esistenza umana, quello delle "pratiche spirituali".

A queste difficoltà teoriche si affiancano altre che potremmo definire "difficoltà pratiche", perché provengono dalla concreta prassi pastorale e hanno attinenza con questa.

·         E' abbastanza diffuso il lamento per la scarsità di direttori: anche se il fenomeno dello scarto tra domanda di chi vuol farsi dirigere spiritualmente e offerta di coloro che accettano di prestare il servizio di guidare spiritualmente altri andrebbe sottoposto ad attento e preciso discernimento (dal punto di vista del servizio alla fede delle persone, infatti, si può verificare una negatività nella richiesta come una positività nel rifiuto), la carenza di maestri e guide spirituali è un fatto innegabile.

·         Innegabile è, pure, il sovraccarico di lavoro di quei pochi che sono ritenuti veri direttori spirituali. Questo porta a pensare che una vera direzione spirituale è teoricamente senz'altro necessaria e conveniente, ma praticamente impossibile perché di fatto non si darebbero vere guide spirituali.

Di tutta questa crisi si è spesso addossata la colpa alla società civile e alla cultura laica e secolarizzante e, in genere, a quello spirito che ha guidato il movimento sessantottino. Di fatto la crisi era già presente nel periodo pre-conciliare, proprio perché una prassi non propriamente spirituale e teologicamente fondata marcava la direzione spirituale di allora e metteva le premesse per la contestazione che ne sarebbe seguita: si metteva la benzina per il fuoco! Vediamo che essa è presente anche in Concilio tra i Vescovi stessi (spiegare come a partire dalla tesi in corso di Ivan Platovnjak). Se negli ultimi due decenni il tema della DirSp ha ripreso consistenza e interesse nella vita della Chiesa e degli Istituti di VC in specie, ciò lo si deve all’ostinata cocciutaggine di pochi Vescovi che in Concilio hanno insistito e preso posizione contro l’indirizzo prevalente dei Vescovi, chiaramente evidente nelle Commissioni per la stesura dei documenti e negli interventi (o silenzi) dei relatori ufficiali, e che sono riusciti a inserire alcuni testi significativi a riguardo della direzione spirituale in alcuni documenti. Questi testi sono stati di conforto e di appoggio a Paolo VI, forte assertore del valore della DirSp, prima, e a Giovanni Paolo II, pure egli profondamente convinto della necessità e centralità della DirSp, poi, per poter esprimere, in tanti loro interventi, affermazioni importanti su questo tema. Sono proprio queste affermazioni che hanno ricuperato e trascinato i Vescovi e i Superiori Maggiori ad una più profonda convinzione, la quale si è poi espressa nei documenti CfL, PDV e VC che oggi costituiscono pietre miliari sulla visione della Direzione Spirituale nella Chiesa. Con i Vescovi e i Superiori Maggiori è stato più facile il ricupero progressivo anche di tutta la base e la visione attuale della DirSp come – per usare l’espressione che mi è stata data come titolo della mia relazione – una costante di qualità, in continuità con una lunga tradizione nella vita della Chiesa, che, purtroppo, sembrava interrompersi senza che la maggior parte dei Vescovi e dei Superiori Maggiori quasi se ne accorgessero.

Ora, è chiaro che il clima è cambiato: «negli ultimi anni, anche se per motivazioni da analizzare e da sottoporre ad attenta analisi critica e ad un preciso discernimento spirituale, il tema della direzione spirituale ha ripreso consistenza e interesse nella vita della Chiesa. Lo attestano non solo le numerose pubblicazioni e gli studi apparsi recentemente nelle librerie o in riviste qualificate, ma anche la persistente richiesta di illuminazione e di chiarificazione del tema attraverso conferenze, giornate di studio, "Tre Giorni" o addirittura "Settimane di Aggiornamento". C'è di più: anche se mancano statistiche precise e attendibili in proposito, sembra proprio che più numerose siano le persone che ricorrono alla direzione spirituale propriamente detta per un aiuto spirituale nel cammino di formazione della coscienza e di maturazione e sviluppo della capacità di discernimento. Questo si verifica non solo tra i seminaristi nel tempo della loro formazione (…), ma anche tra i sacerdoti (…) come esperienza fondamentale della loro formazione continua e(…) anche tra i laici sia giovani che adulti, siano essi agli inizi del loro cammino spirituale oppure già più avanzati e maturi nelle vie dello Spirito (cfr. quanto ho scritto in «Crisi della direzione spirituale», in Testimoni nel mondo n. 126 (6/1995) 5-12). Per quanto, invece, riguarda i consacrati, soprattutto per quelli che hanno responsabilità di governo o formative dei giovani più ancora che per i giovani stessi, mi sembra che ci troviamo un po’ più indietro rispetto al cammino che si sta operando generalmente nel clero diocesano e da parte dei Vescovi, come per quanto riguarda la spiritualità in genere. Per esempio la sessione del 51° Conventus Semestralis dell’USG nel maggio del 1997 su Spiritualità: esperienza unificante della vita spirituale e quella più recente del 54° Conventus Semestralis dell’autunno 1999 sulla Rifondazione, fanno sorgere più di un interrogativo sul reale superamento di posizioni sessantottine e sulla logica coerenza con la tanto a parole affermata (e non possono ora fare diversamente) centralità e necessità della spiritualità nella vita consacrata. (anche la vita spirituale e il livello di spiritualità dei consacrati può lasciare un po’ con l’amaro in bocca …).

Non penso che questo rapido sguardo, necessariamente incompleto e appena abbozzato, sia sufficiente a dare una piena e reale fotografia della situazione, tuttavia credo non inutile aver ricordato cosa c’è stato, anche per stare attenti a capire bene cosa si dice quando si parla di “primato” o di “centralità” della Vita spirituale e della direzione spirituale in essa e non mostrarci troppo ingenui e ottimisti sulla nostra situazione.




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