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AA.VV. Formazione permanente paradigma della formazione iniziale IntraText CT - Lettura del testo |
1. Il concetto di formazione permanente nel campo civile.
La genesi della FP, in quanto tale, risale al periodo dopo la seconda guerra mondiale con il notevole sviluppo dell’educazione degli adulti promosso dall’UNESCO durante la Conferenza internazionale di Elsinor in Danimarca nel 19495. Ma non tutto fu chiaro in quel momento; si accettò solo che l’educazione degli adulti doveva servire come “rimedio” per colmare le lacune di un’istruzione mancata durante la giovinezza o come insegnamento superiore.
Nel 1960 in Montreal, durante la Conferenza su “l’educazione degli adulti in un mondo in trasformazione”, si ebbe un grande cambiamento nella concezione educativa. “In nome dell’educazione degli adulti veniva affermato il concetto della continuità dell’educazione: l’educazione deve continuare nell’età adulta6. Questo sta a significare che l’educazione degli adulti si pone come parte di un ininterrotto processo che dura tutta la vita dell’uomo. Ancora di più: l’educazione viene riconosciuta come un processo continuo che si svolge lungo tutta la vita dell’uomo7.
Questo fatto preparò il salto di qualità dell’educazione permanente nella Conferenza generale dell’UNESCO del 1966, dove venne presentato come “progetto” del programma “Il concetto di formazione permanente” 8.
In seguito negli anni 70 l’UNESCO e altre organizzazioni internazionali definirono più dettagliatamente la EP, proponendola come il modello cui ispirarsi per le politiche educativi degli anni futuri. Venne anche distinto meglio il concetto di EP da quello de educazione degli adulti, chiarendo così la necessità di organizzare interventi educativi post-scolastici non solo per colmare eventuali lacune, ma anche per favorire una maggiore maturazione globale della persona .
Infatti, negli anni 71-72, s’insiste nell’affermare che l’EP deve offrire all’uomo, nelle diverse età della vita, le occasioni e i mezzi per sviluppare la sua personalità, per rinnovare e perfezionare le sue conoscenze e per partecipare al progresso della società9. Sarà il Rapporto Faure (1972) a parlare già in maniera esplicita della formazione dell’uomo nella sua totalità, e quindi nella sua capacità di autosviluppo permanente in tutte le sue dimensioni per aiutarlo a rendere se stesso forza motrice di un’innovazione costante, tale che faccia confluire il cambiamento accelerato della società alla qualità della vita10.
Da un’angolatura più pratica e descrittiva Natale Zanni11 riassume così il tema: “Il modello formativo dominante sino agli anni ’60, sia nel mondo scolastico che in quello della prima formazione professionale, era prevalentemente centrato su un tipo di insegnamento accademico. Era, come è stato definito da qualcuno, un modello “scuola-centrico”, caratterizzato da una visione monopolistica dell’educazione nei confronti di altre agenzie formative quali ad esempio la “scuola parallela” dei mass-media. Inoltre la formazione veniva intesa come un unico processo graduale che si realizzava senza interruzione una sola volta nella vita di una persona nel periodo dell’adolescenza-giovinezza, con conseguente segregazione del momento formativo dalla società e la dicotomia tra studio e lavoro12.
Vi furono, è vero, delle eccezioni che cercarono di superare tale situazione, ma senza riuscire ad intaccare l’impostazione di fondo.
Come ben si conosce, continua Natale Zanni, tale modello è entrato fortemente in crisi alla fine degli anni ’60, principalmente a motivo della sua incapacità di rispondere alle domande che la società via via faceva emergere in modo sempre più puntuale e pressante. Particolarmente il modello scolastico si dimostrava chiuso in se stesso, ignorando sia le altre agenzie formative che operavano accanto, sia l’evoluzione tecnologica che imponeva un continuo aggiornamento su tecniche e procedimenti per seguire, e a volte anche per stimolare, lo sviluppo industriale, richiedendo quindi ulteriori approfondimenti delle conoscenze e abilità acquisite sul lavoro e nella fase iniziale di formazione. Crisi che ha fatto emergere in modo sempre più chiaro l’esigenza di una formazione “post-scolastica” organizzata secondo modalità diversificate per rispondere meglio alla nuova domanda formativa.
Si cominciò allora a riflettere più a fondo sull’intero modello formativo ipotizzandone una diversa articolazione ed elaborando nuove strategie di intervento. Un modello con diversi momenti formativi, alcuni all’interno dei sistemi scolastici e di formazione professionale ed altri al fuori di essi, realizzati in tempi successivi in modo da interessare età diverse della vita de una persona.
La strategia formativa alternativa che si venne ad imporre all’attenzione degli addetti ai lavori con tale riflessione si chiamò “Educazione permanente”.
In seguito l’autore applica il discorso fatto al caso della formazione professionale. Questa, dice, si orientò “in un primo momento verso problematiche inerenti l’aggiornamento e il perfezionamento esclusivamente tecnico del personale operante nei settori produttivi. Le imprese per bisogni della produttività, la società in genere sia per ragioni di economia, sia per motivi riguardanti una maggior giustizia sociale, guardavano all’E.P. come ad un mezzo assai utile per qualificare (o riqualificare) e aggiornare professionalmente; in chiave però molto utilitaristica e per un uso immediato delle nuove conoscenze e capacità acquisite.
Solo in un secondo tempo ci si è posti il problema di una formazione più attenta alle necessità e alle aspirazioni che caratterizzavano tutta la vita di un individuo operando un salto di qualità. Passando cioè da una concezione di E.P. intesa in senso strumentale ed utilitaristico, come mezzo per far acquisire nuove conoscenze e capacità da spendere immediatamente sul lavoro, ad una concezione più attenta allo sviluppo globale dell’uomo, che contempla ma non si esaurisce nel solo momento produttivo. Il mondo della E.P venne così ad essere considerato in un’altra ottica, con maggiore attenzione ai problemi esistenziali oltre che professionali delle persone” 13.
Concludendo si può dire che oggi, in campo civile, dopo tanti dibattiti, la formazione permanente è ormai una realtà acquisita e si lavora ad una sperimentazione pedagogica per le sue applicazioni.
Si tratta di una formazione permanente:
- diritto-dovere per ogni uomo,
- che riguarda tutta la persona durante tutta l’esistenza,
- che si attua mediante tutte le forme e strutture educative
- e si ottiene mediante tutte le risorse della persona e con tutti i mezzi a disposizione14.