3. Il nemico.
Da Palermo, sin dall'alba del 6,
era partita una colonna comandata dal generale Landi, vecchio di settant'anni,
promosso di fresco a quel grado. Da soldato egli aveva combattuto contro le
rivoluzioni siciliane, sin da quella del 1820, ed era venuto su grado grado in
quella milizia stagnante, che sentiva d'essere mantenuta più per assicurare il
Re contro i sudditi che per difendere il Regno. Questo se ne stava infatti
sicuro, coperto com'era dallo Stato pontificio e protetto dal mare.
Quel Landi era un uomo pio. In
marcia si era fermato a sentir messa a Monreale, per santificare la domenica,
proprio quella domenica in cui Garibaldi con la spedizione faceva il suo primo
giorno di mare. Poi, continuando la sua via molto adagio, andando in carrozza
alla testa della sua colonna, il 12 aveva fatto sosta in Alcamo. Di là partito la
notte per Calatafimi, v'era giunto la mattina del 13, appunto mentre Garibaldi
saliva a Salemi. Da Calatafimi aveva scritto lettere dogliose al Comandante in
capo dell'isola, annunziando che prima di marciar su Salemi, dove sapeva
trovarsi una banda di 'gente raccogliticcia', voleva aspettare un battaglione
del 10° di linea che gli avevano promesso. Ignorava ancora lo sbarco di
Garibaldi, ignorava che quelle genti raccogliticce erano i Mille con Garibaldi
in persona. Ma, il 14 sapeva già qualche cosa di più, e scrivendo parlava di
'emigrati sbarcati'. Si proponeva d'andare il 15 ad attaccarli. Poi risolse
d'aspettar a Calatafimi, «posizione tutta militare, molto vantaggiosa
all'offensiva ed alla difensiva ed essenzialmente necessaria ad impedire che le
bande si scaricassero su Palermo da quel lato della Consolare». E il 15, fermo
nel suo proposito, scriveva che «tentare un assalto a Salemi sarebbe
un'imprudenza ed un avventurare la colonna fra la imboscata nemica.» Mostrava
dunque di ignorare il numero degli avversari ma di temerli: e veramente spie la
Sicilia non ne diede a lui allora, né ad altri dopo; però egli li chiamava già
'Garibaldesi'. Tuttavia non nominava Garibaldi quasi che a scriver quel nome
temesse di vedersi apparir lì innanzi il terribile uomo. Forse ripensando al
passato, rammentava che quel giorno stesso cadeva l'anniversario di due grandi
fatti: il 15 maggio del 1848, re Ferdinando spergiuro aveva fatta far la strage
nelle vie di Napoli, chiuso il Parlamento, tradita la nazione; il 15 maggio del
1849, oppressa la rivoluzione in tutta la Sicilia, il generale Filangeri era
entrato in Palermo vittorioso. E rammentando, forse quel povero Landi sperava.
*
Non si potrebbe dire se
Garibaldi, pensando anche egli a quelle date, abbia aspettato quel giorno 15
come una scadenza di buon augurio. Un po' preso da certi fili era egli pure, e
spesso la sua bella stella Arturo guardata da lui gli aveva fatto venir su dal
cuore il consiglio buono. Comunque sia, all'alba del 15 maggio, fatto leggere
alle compagnie un suo ordine del giorno che piantava nei cuori le risoluzioni
supreme, mise il suo piccolo esercito in marcia.
Le compagnie mossero con la
sinistra in testa, e così andava innanzi alle altre la 8° bergamaschi; orgoglio
di Francesco Nullo e di Francesco Cucchi, gran ricco questi che dato di suo
largamente a denaro, adesso era pronto a dar l'anima. Ma i carabinieri genovesi
la precedevano, e le guide erano già assai più oltre di questi. Discendeva
quella gente da Salemi per le giravolte che fa la via calandosi nella valle; e
Garibaldi, fermo ancora appena fuor da Salemi lassù, a quei che giunti a mezzo
la china si volgevano a guardarlo, pareva librato nell'aria. Il popolo della
cittadetta affollava il ciglio del monte attorno alle mura, e gridava a modo suo
gli augurii a chi se n'andava... Certamente quello sarebbe stato giorno di
battaglia, e molti di quegli uomini che partivano non avrebbero veduto andar
sotto quel sole che nasceva.
Coi Mille camminavano le squadre.
Ed essi non già più così, ma le chiamavano 'Picciotti', dilettandosi in questo
nome paesano che pareva l'espressione del confidente abbandono con cui quegli
uomini si erano messi nelle mani di Garibaldi. Per vezzo chiamavano 'Picciotto'
qualcuno delle compagnie che avesse tipo più di meridionale: carissimi pel gran
valore militare, ma dolci a ricordare anche per questa cosa da nulla,
Ferdinando Secondi da Dresano studente di legge e Giuseppe Sisti da Pasturago
studente di matematica, della compagnia Cairoli. Parevano proprio nati dalla
più bella gente aristocratica dell'isola. Altri d'altre compagnie si erano fin
vestiti da 'picciotti'; bellissimo tra tutti Francesco Margarita da Cuggiono
che col berretto frigio nero, con la giacca mezza fatta di peli e cosciali pure
fatti di pelle, pareva un tipo di baronetto da star bene in uno di quei feudi
là intorno. Avevano smesso i panni di gala e i cappelli a cilindro, alcuni che
s'erano imbarcati a Genova forse appena usciti dal teatro o da qualche salotto,
e anch'essi vestivano alla siciliana.
Dal capo alla coda della colonna,
correva come un fluido che fondeva sempre più in un sentimento di forza e
d'allegrezza tutti quegli animi; e via via che la colonna avanzava, pareva che
ognuno fiutasse nell'aria la misteriosa presenza del nemico. A un certo punto,
si ripiegò sulla colonna un drappello di uomini che scendevano da certi pagliai
fuori di mano nella campagna. Parevano irati.
Erano quelli della mezza squadra
della Compagnia Bixio, che andati agli avamposti da quarantott'ore, erano stati
via sotto la pioggia e fin senza pane. Raccontavano che poco avanti era
capitato a trovarli lo stesso Bixio, e che li aveva assai bruscamente ripresi,
come se avessero avuto qualche gran torto. Ma essi, pazienti, da quel terribile
che non mangiava, non dormiva, tempestava giorno e notte non lasciando quiete
neppur le pietre, si erano lasciati dir tutto; e ora lieti di ricongiungersi ai
compagni, vi portarono in mezzo la gran notizia, Sì! Il nemico doveva essere,
anzi era certo non lontano, già in posizione. Dunque tra poco la battaglia.
E intanto si vedevano le squadre
dei 'Picciotti' svoltare per le vie traverse, anche i cinquanta o sessanta che
andavano a cavallo, e allontanarsi, pigliare i monti. Dove andavano? Nessuno ci
capiva nulla.
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