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Giovan Battista Marino
Amori

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  • 27 - Gelosia
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27 - Gelosia

 

Vecchio importun, che 'l rozzo labro irsuto

sporgi al labro di lei, ch'io prego invano,

onde con Citerea sembri Vulcano,

ed ella par Proserpina con Pluto,

 

e mentre curvo e pallido e barbuto

accosti al bianco sen la rozza mano,

passero insieme e cigno, ascondi insano

giovinetto pensiero in pel canuto,

 

fuggi, ah fuggi meschin, né tanto possa

quel desir, che t'innebria i sensi sciocchi

e che t'empie d'ardor le gelid'ossa.

 

Sai ch'alberga la morte in que' begli occhi,

e tu che 'l piè su l'orlo hai dela fossa,

in vece di fuggir, la stringi e tocchi.

 

 




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