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3. Cles.
Un’altra possibilità di fondazione
si presentò per Cles, in provincia di Trento. La « pia Signora » Fortunata de Torresani, vedova Bertolini, desiderando di rendersi
utile al suo paese, intendeva donare i suoi beni, per aprire in Cles una casa
delle Suore Dorotee, che avrebbero curato la formazione e l’assistenza delle
ragazze, specialmente delle più indigenti.77
La fondazione si sarebbe dovuta
affidare alla baronessa Maria Teresa Cristani, che aveva espresso il desiderio
di entrare nell’Istituto delle Suore Dorotee di Venezia.
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Don Luca, ritenendola
idonea, ne parlò a Madre Rachele, che si disse disposta ad accoglierla78 e, quando si recò nel Tirolo (ottobre
1839), incontrò sia la Cristani che la Bertolini.79
Nella Cristani riconobbe « un’anima grande, dove ragionevolmente si può
sperare che Iddio spargerà sopra lei copiose benedizioni».80
La esortò a superare le
difficoltà del distacco dai familiari e a seguire con generosità la chiamata
del Signore, « per mettersi a
servire le indigenti ».
Dio avrebbe sparso « sopra
la sua Famiglia nuove benedizioni, per quello ch’Ella è per
offrirgli ».81
Incitò la Bertolini « ad armarsi di fortezza cristiana, per adempire
la volontà del Signore, il quale largamente la ricompenserà ».82
Aspettava l’arrivo della Cristani a
Venezia, ma non avendone ricevuto notizie, le scrisse il 23 novembre
1839.83 Ella rispose,
spiegando il motivo del ritardo. I suoi parenti desideravano che la Bertolini
avesse prima fatto la dichiarazione pubblica di lasciare i suoi beni per
l’Istituto delle Suore di S. Dorotea. Ora la Bertolini aveva deciso
di comprare uno stabile. Appena fatto l’acquisto, la Cristani si sarebbe recata
a Venezia.84
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Di fatto la Bertolini
ritardava, perché non essendo ancora approvato l’Istituto, non voleva correre
rischi.85
Quando parve che la Bertolini si
fosse decisa alla « pubblica
dichiarazione », Madre Rachele
il 18 dicembre 1839 espresse alla Cristani la sua soddisfazione, sperando anche
nella sollecita approvazione della casa di Venezia come centrale. La esortò,
quindi, a disporsi generosamente, perché il Signore « non le mancherà di lumi, quando Ella non gli
manchi di confidenza. Questa è proprio necessaria, onde obbligare il
misericordioso Iddio a far anche miracoli, se questi faranno bisogno ».86
Il 22 dicembre Madre Rachele informò
p. Gregorio Fontana che la Cristani sospirava il momento di poter andare a Venezia
e non lo aveva ancora fatto, perché aspettava che la Bertolini mettesse a
disposizione la casa per le suore.87
Trascorse qualche mese di silenzio.
Madre Rachele, rispettosa della libertà della Cristani, si guardò
dall’esercitare alcuna pressione su di lei. Il 16 marzo 1840 si decise a
scriverle: « Io voglio che Dio
sia il condottiere di Lei, e non gli eccitamenti; questo motivo mi tolse sempre
il coraggio d’impugnare la penna. Ma troppo sentomi rimproverare, per volermi
attenere a questo modo, e sono necessitata di cedere, per togliermi da questo
affanno ». Le ricordò le parole che la stessa baronessa
pronunziò, uscendo dal tempio di Caldaro: «Mi sono sentita, in tempo della
Santa Messa, un’interior fortezza, onde decidermi; perciò le dico che se
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non mi troveranno capace di ritornare in Tirolo, come direttrice,
sono contenta di fare ciò che vorrà il Signore; resterò in Venezia ».
Madre Rachele concludeva: « Se la Signora Bertolini non si risolve in quella
fondazione, Ella si potrebbe apparecchiare per qualche altra, quando però i
suoi parenti conservino la persuasione che avevano in passato ».88 Dello stesso parere era don Luca.89
Giunse intanto il riconoscimento
della casa di Venezia come centrale. Questo avrebbe dovuto far superare le
esitazioni della Bertolini; ma non fu così! La fondazione non si attuò.
La Cristani mutò parere e il 24
marzo 1841 entrò a Verona nell’Istituto delle Sorelle Minime della Carità di
Maria Addolorata, fondato dalla Madre Teodora Campostrini.90
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Ancora una volta Madre Rachele, nel vedere deluse le sue speranze, esclamò: « La volontà del Signore sia fatta ».91
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