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233. Lettera
di mons. Verzeri al patriarca Trevisanato.1
Vescovo di Brescia
N. 143. R
Eminenza Reverendissima
Ho ricevuto la Venerata
Lettera 30 Maggio P.P. N.541 di V. E. Rma,2 relativa alla progettata elezione di una
Superiora Generale delle Suore di Santa Dorotea. Non posso dissimularLe che
questa mi ha posto nella alternativa spiacentissima, o di venir meno al
desiderio di V. E., o di operare contro quello che le speciali circostanze del
suddetto Istituto nella mia Diocesi mi fanno giudicare preferibile innanzi a
Dio.
Premetto che se la Regola, a norma
della quale vuolsi fare la elezione di una superiora generale fosse approvata
dalla Santa Sede, avrei non già solo aderito alla nomina, ma l’avrei promossa
io stesso. Divido altresì in massima le savie vedute di V. E. sui vantaggi che
un Istituto, quale è codesto, può avere da un centro comune dal quale le
singole case abbiano impulso e direzione. Tanto che io ho trattato lungamente
di conserva col suo antecessore, Mons. Mutti, di preziosa memoria, perché la
Santa Sede volesse ordinare la elezione di una Superiora Generale delle Figlie
della Carità Canossiane, lo scopo delle quali non differisce gran fatto da
quello delle Dorotee. Per gravi ragioni la S.S. non ha
creduto di accogliere - 494 -
i nostri voti, e questo mi dona fiducia, che
l’Istituto eziandio delle Dorotee potrà sussistere e fruttificare nella Chiesa secondo
lo spirito ed il fine della propria vocazione, quantunque non fosse governato
da una superiora generale finché questa non sia imposta dalla Santa Sede. Su di
che sento il bisogno ed il dovere di esporre intiero il mio avviso a
V.S. Rma.
Niuno apprezza più di me le belle
doti apostoliche del compianto Fondatore il Conte D. Luca Passi; ma, o fosse
per soverchia bontà di cuore meno accorto nella scelta dei soggetti, o gli
mancasse il tempo di occuparsene, è un fatto che sotto di lui, al quale io mi
abbandonava pienamente, invalsero in queste case di Dorotee di Brescia e di
Castegnato, massime pericolose, e vi ebbero ingerenza uomini immeritevoli di
fiducia. Tanto che per preservare dal guasto la casa di Cemmo ho dovuto
emanciparla dalla Superiora di Brescia, e ordinare che sino a nuova
determinazione dipendesse direttamente dall’Ordinario.3
Morto il Fondatore, io non ho potuto
mai giustificare a me stesso la ingerenza che, in forza di non so quale
delegazione o raccomandazione di lui, si attribuisce il Rev. Cagliaroli. Il
quale in tempi non lontani nocque a questa mia Diocesi per opinioni, ch’egli,
io credo, ha sinceramente rigettate, - 495 -
ma delle quali non sono ancora
del tutto cessate nelle suddette due case le conseguenze funestissime. Però mi
sono creduto in dovere di accogliere con sfiducia la sua ingerenza.4
Quando il Cagliaroli mi pose innanzi
il progetto della Superiora Generale, come da me solo non poteva ammetterlo,
così non l’ho neppur decisamente rifiutato: Ma gli ho fatto sentire il dovere
di interpellare in argomento tutti i Rmi Ordinarii interessati; non senza
ricordargli che avendo la Santa Sede approvato, per quanto io credo una
Superiora Generale delle Dorotee ad istanza del Rdo Frassinetti in Genova, si
vedesse di non creare un dualismo che potesse dispiacere a Roma. Conche io
mirava al doppio scopo, e di suggerire l’adempimento di un dovere, e di pigliar
tempo per investigare le condizioni delle case di Dorotee in questa Diocesi,
prima di pronunciarmi definitivamente sul progetto della Superiora Generale.
Ora mi venne conosciuto che queste
condizioni sono tali da rendere necessaria l’opera esclusiva ed immediata
dell’Ordinario per rimediarvi. Col tempo io potrò non solamente permettere ma altresì
pregare che la Superiora generale, se sarà eletta, accolga queste mie case; ma
per ora non credo di potermi indurre ad ammetterle, se non dopo che avessi
ragguagliato - 496 -
la S. C. dei Vescovi e Regolari e avuto il sapiente
consiglio di Lei.
Il più a che mi potessi prestare
sarebbe di lasciare libertà di abbandonare questa Diocesi a quelle tra le suore
Dorotee di Brescia e di Castegnato, che preferissero di entrare in qualche casa
dell’Istituto in altra Diocesi, per essere tosto governate dalla nuova
Superiora Generale che venisse eletta. Se V. E. trova nella sua saviezza che io
debba accordare questa libertà, mi farò un dovere di ubbidirLa. Questo valga a
testimoniarLe il mio dispiacere di non poter accordare di più, ed il mio
desiderio di potere in tutto ottemperare ai suoi voleri.
Accolga i sensi della mia ossequiosa
servitù coi quali ho l’onore di professarmi
di
Vostra Eminenza
Umil.mo
ed Osseq.mo Servo
† Girolamo Verzeri
Vesc.o
Brescia, 7 Giugno 1868
A Sua Eminenza Rma
Il Signor Cardinale Patriarca
di Venezia
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