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4. Divergenze tra Teresa Melchiori e Madre Rachele.
Nell’agosto del 1844, l’atteggiamento
della Melchiori turbò i buoni rapporti esistenti tanto da rischiare che le
suore venissero ritirate da Padova.
Ella infatti reagì fortemente ai
trasferimenti; si disse stanca dell’impegno assunto e decisa a « lasciare una scuola delle Suore ».
La risposta di Madre Rachele,
secondo il suo stile, fu pronta, chiara e ferma: « Dilettissima, è veramente della nostra povera
umanità il sentire la pena ed il piacere, ma non si può inoltre negare che le
impressioni vengono modificate dalla ragione, nonché dall’amor di Dio.
Conoscendo adunque ch’Ella è mossa
dalla carità in operando, non le spiaccia che un momento la trattenga con
questa mia, onde schiarirle meglio quanto l’altro giorno ho detto facendole
risposta ».
Spiegò che il trasferimento delle suore,
oltre che un diritto, era un suo dovere, come aveva dichiarato prima ancora di
mandare le suore a Padova.
Dinanzi al dovere nessun ostacolo
fermava Madre Rachele. Ella provò dispiacere per l’atteggiamento della
Melchiori, ma non ne fu intimorita. Con la sua consueta franchezza si mostrò
disposta a richiamare le suore a Venezia, appena la Melchiori lo avesse
desiderato e si fosse accordata con mons. Scarpa.
Precisò pure di aver dato prova di
non essere affatto attaccata - 227 -
ad interesse economico. Ogni volta,
infatti, che aveva trasferito qualche suora da Padova, aveva dovuto provvedere
al corredo, perché tutto logoro, « cosa veramente poco conveniente, mentre credo troverà Ella stessa
giusto, se riflette, che abbiano le Suore ad avere diritto quello [che]
abbisogna loro non solo di vitto, ma di vestito pure, avendo con Lei così
trattato, anzi Le dico con tutta sincerità, non è possibile continuare nella
stessa maniera».
Concludeva: « Mia cara, la prego non prendere in mala parte
quanto scrivo, ma lo esamini colla sua saggezza, senza passione; persuasa sono
[che] ciò troverà ragionevole».56
In pari data (26 agosto 1844)
informò mons. Scarpa, pregandolo di far sì « che, restando costì le Suore, venga loro rimesso il corredo che vanno
consumando.
Sono persuasa che la Signoria Vostra
Reverendissima troverà giusta questa mia dimanda, mentre non posso certamente
continuare come finora venne fatto ».57
Anche la Melchiori soffrì per quanto
era accaduto. Il 16 settembre Madre Rachele le scrisse: « Mi duole pure la sua pena in riguardo nostro, ma
Ella stessa conoscerammi obbligata [a] parlare ».
Fin dall’inizio si sarebbe dovuto
porre per iscritto quello che spettava alle suore; fidandosi, Madre Rachele le
aveva concesse « bonariamente », ma per l’avvenire bisognava provvedere.
Comunicò, quindi, alla Melchiori: « Ora sono necessitata pregarla disporre una carta, onde possa,
quando avrò la consolazione [di] abbracciarla, vedere come si è intesa colle
buone Monache di S. Pietro, affine conosca chi dovrà in avvenire
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rimettere la roba che vanno consumando le Suore; inoltre chi dovrà
sostenere le spese relative ad una malattia qualunque potesse nascere in esse
Suore, mentre io sono ben disposta a cambiar l’individuo ammalato, ma in istato
di poter fare il viaggio, senza soverchio incomodo.
Credo inutile assicurarla essermi
penoso questo modo di operare, conoscendo Lei quale sia il mio cuore, nonché la
mia brama di servire Dio, giovando al prossimo.
Il dì 24 corrente avremo tra noi Sua
Eminenza. Godo in essere accertata ch’Ella pure sarà qui ».58
Evidentemente Madre Rachele voleva
definire al più presto ogni cosa. Intanto, essendosi ammalata suor Maria
Caterina Gavazzi, mandò per sostituirla suor M. Giovanna Laffranchi.59
La Zanolli propose di tenere, oltre
alla Gavazzi che stava migliorando, anche l’altra suora. Però Madre Rachele,
pur apprezzando l’offerta, non vedeva la necessità che entrambe le suore
restassero a Padova, perché – con una migliore organizzazione del lavoro –
poteva essere sufficiente una soltanto. Dispose quindi che, se la Gavazzi non
si fosse del tutto ristabilita, rientrasse a Venezia.60
Per non arrecare disturbo alle
monache, pregò l’arciprete don Emidio Foschini, che da Massa Lombarda doveva
accompagnare due giovani a Venezia, di non farle pernottare nel convento di San
Pietro: « Riguardo forse ingiusto, ma ch’io stessa faccio,
affine non abusare di loro bontà ».61
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Non sappiamo se la
Melchiori sia stata a Venezia il 24 settembre, per la rinnovazione dei voti.
Madre Rachele non vi accenna nella lettera, con la quale descrive a don Luca lo
svolgimento della cerimonia.62
La Melchiori invitò Madre Rachele a
trascorrere con lei il 15 ottobre, giorno del suo onomastico. Madre Rachele
rispose che volentieri si sarebbe recata a Padova, se la salute glielo avesse
consentito.63
Sembrava decisa ad andarvi, per
proseguire poi per Lendinara,64 ma la morte di suor Luigia Faroni le fece rimandare il
viaggio.65
Fu a Padova alla fine di ottobre. Vi
portò le copie degli Annali e,
nonostante la giornata piovosa, visitò la congregazione della Pia Opera nella
parrocchia di Ognissanti.
Ritornata a Venezia per « una forte circostanza di carità », il 30 ottobre comunicò a don Luca che sarebbe
andata di nuovo a Padova, per partecipare alla congregazione in duomo nel
giorno dei Santi: « lo
faccio tanto più volentieri, perché in questo momento il demonio aveva tentato
distruggere quella poca semente.
Se ho voluto che l’opera continui,
ho dovuto caricarmi del peso di mantenere le Suore colà
vestite, nonché ammalate.
Come io fossi combattuta, Ella può
figurarsi; ma ho posto la mia confidenza in Dio. Ei sa com’è ingiusta questa
cosa, e sa inoltre che mi sono caricata per solo fine di vederlo
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in quella sì pericolosa città glorificato dalle
innocenti bambine ».66
Per la sua dirittura, Madre Rachele
respingeva l’ingiustizia, ma lo spirito di fede e di fiducia in Dio le fece
accettare di addossarsi quelle spese, pur di non compromettere lo sviluppo
della Pia Opera in Padova e il bene spirituale delle fanciulle. Per la sua
generosità venne così appianato ogni attrito.
Fedele alla promessa, « quantunque il giorno dei Santi fosse un gran
tempaccio e la laguna sconcertata », Madre Rachele ritornò a Padova, per assistere alla congregazione
della Pia Opera in duomo, e promise di visitarla ancora.
Prese pure l’impegno di ritornare
l’8 dicembre, per la compagnia della parrocchia di S. Maria del Carmine.67
Il maltempo le causò una forte
costipazione con febbre. Al ritorno a Venezia, dovette porsi a letto.68
Per la novena del Santo Natale del
1844, mandò alla Melchiori e alle suore di Padova i biglietti estratti per
loro, accompagnandoli con elevati pensieri.69
Ogni volta che scriveva alle suore,
dava loro saggi consigli per il progresso nella virtù. Alla Gavazzi, che le
aveva accennato di non essere stata fedele ai propositi fatti, raccomandò di
stare attenta alle piccole cose, per non cadere in mancanze gravi. Riflettendo
sull’amore infinito di Cristo e sul dono della vocazione, avrebbe trovato
la forza per vincersi.70
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Anche dopo che il suo
mandato ebbe termine, Madre Rachele continuò a seguire spiritualmente le suore
di Padova e a fare loro qualche visita.71 Le aiutava pure a stendere i verbali della Pia
Opera.72
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