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4. Madre Rachele apre la casa in Cemmo.
Con lettera del 3 ottobre 1842,
Madre Rachele chiese a mons. Carlo Ferrari, vescovo di Brescia, il permesso di
stabilire in Cemmo tre sue suore. Esso fu presto concesso34 ed ella,
insieme con la Sanfermo, vi accompagnò Annunciata Cocchetti come superiora,
Serafina Pellizzari addetta alle faccende e Veronica Guardini maestra.35
Madre Rachele si fermò a Cemmo
alcuni
giorni, per avviare la nuova comunità. Ebbe così modo di conoscere
l’arciprete don Gregorio Valgoglio e don Vincenzo Panzerini, che avevano
concorso alla fondazione della casa e dai quali si aspettava la collaborazione
per lo sviluppo di essa. Poté anche accostare alcune giovani, che
aspiravano alla vita religiosa.36
Nel viaggio di ritorno, Madre
Rachele e la Sanfermo furono accompagnate a Bergamo ed a Brescia da Vincenzo,
fratello della Cocchetti. Il dott. Rizzi di Cemmo mise a disposizione il suo « legnetto », affinché il viaggio fosse più comodo.
A Bergamo Madre Rachele fece visita
alla famiglia del conte Giovanni Passi37 ed alla marchesa Annetta Passi
Lomellini.38 Incontrò
pure il delegato provinciale, Giovanni Battista Bozzi, e il direttore
provinciale delle scuole elementari, mons. Giovanni Mosconi, che le promisero appoggio
e protezione per la casa di Cemmo.
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A Brescia, mons. Carlo
Ferrari volle che Madre Rachele e la Sanfermo si trattenessero a pranzo con
lui. Benché la sosta in quella città prevedesse solo poche ore, tuttavia Madre
Rachele accolse l’invito, per potersi assicurare la protezione del vescovo a
favore della casa di Cemmo, qualora si fosse resa necessario.
Incontrò anche p. Taeri e
l’arciprete del duomo, mons. Faustino Giovita Pinzoni, che aveva grande
influenza nella vita religiosa e civile della città.
Informò poi la Cocchetti dei passi
fatti per la casa di Cemmo, della quale sperava « buon esito ».39
Il viaggio consentì a Madre Rachele
di fare una visita alla mamma a Riva, ammalata dal mese di luglio e desiderosa
di vederla.40 Poté
così trascorrere qualche ora con la prediletta sorella minore, Marietta, cui
era di guida spirituale.41
Ebbe un incontro con Caterina
Plonchenstainer di Arco che, attratta alla vita religiosa, desiderava entrare
in convento. Era però figlia unica, ed i vecchi genitori avevano ancora bisogno
della sua assistenza; perciò Madre Rachele la esortò a continuare, per il
momento, a compiere il suo dovere filiale di carità42 e ad
aver cura delle fanciulle povere.
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Passando per Verona, cercò
presso i librai, come già aveva fatto a Bergamo, i breviari che le erano stati
chiesti dalla Madre Giacinta Orioli di Bologna, ma non li trovò.43
Il rientro a Venezia era stato
previsto per dopo il 20 ottobre,44 perché Madre Rachele intendeva spingersi fino a Trento e rivedere
la Zanzotti e la Larcher; ma i soliti disturbi agli occhi la costrinsero
ad anticipare di qualche giorno il ritorno.45
La Sanfermo il 14 ottobre, a nome di
Madre Rachele, da Lonato scrisse a mons. Farina che il 19, di buon’ora,
sarebbero passate per Vicenza. Lo pregava di far trovare pronta la Madre
Olivieri, per condurla a Venezia.46
Si fermarono a Vicenza « un momento solo » e proseguirono subito,47 giungendo a Venezia nel pomeriggio del 19
ottobre. Appena giunta, Madre Rachele dovette sottoporsi a cure.48
A causa dello stato febbrile e del
disturbo agli occhi, per alcuni giorni non poté attendere alla corrispondenza.
Nel carteggio, le lettere ripartono dal 4 novembre. Riprese i contatti
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con le suore di Padova e di Bologna, e comunicò a diverse persone
l’apertura della nuova casa filiale.
Si avviò intanto con essa il
regolare rapporto epistolare. La Cocchetti inviò notizie di suor Veronica e
delle giovani Caterina Manghenoni, Giacoma Laffranchi e Montelli, che
aspiravano alla vita religiosa.49
Madre Rachele le rispose il 21
novembre, raccomandandole di avere pazienza, di usare prudenza e di coltivare
le giovani desiderose di entrare nell’Istituto.50
In quello stesso giorno scrisse pure
a suor Veronica, esortandola allo spirito di sacrificio ed alla conformità alla
divina volontà. Aggiungeva: « Godo
pure che la Serafina si trovi bene. Fate, mie care, di crescere ogni giorno nel
santo amore, al qual fine attenetevi all’esercizio della santa umiltà; la
vostra obbedienza verso la Superiora sia tale che in essa Dio sia continuamente
glorificato; le occupazioni esterne o la mancanza del Santissimo Sacramento non
vi tolgano dal camminare alla sua presenza; visitatelo più volte in ispirito ».51
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Madre Rachele continuò il
discorso con alcune giovani che, nel suo viaggio, le avevano aperto il proprio
animo. Diede loro saggi consigli spirituali, perché si preparassero a fare la
volontà di Dio.52
Ella voleva che la nuova casa
promovesse la Pia Opera non solo in Cemmo, ma anche nei paesi vicini.53 Quando la Cocchetti le comunicò che si era
cominciato ad allargare il raggio di azione, le rispose: « Godo che andiate allontanandovi da Cemmo, per
estendere la Pia Opera. Oh il gran bene che potrete fare! La semplicità dei
costumi, e la purità dei cuori di coteste povere contadinelle è invidiabile. Io
sarei proprio beata potermi tra loro trovare ».54
Anche suor Veronica e suor Serafina
scrissero a Madre Rachele, che rispose esortandole alla generosità, all’amore
di Dio e all’ubbidienza.55
La comunità sembrava bene avviata,
quando la malattia di suor Veronica venne a creare qualche preoccupazione. A
giudizio del medico dott. Rizzi, il clima non giovava alla sua debole
costituzione fisica. Anche la natura sensibile ed incerta della suora faceva
sentire il suo peso.
La Cocchetti ne informò mons. Balbi,
che incaricò della risposta Madre Rachele. Questa, il 2 gennaio 1843, pregò la
Cocchetti di curare con carità l’ammalata, nella speranza che potesse superare
l’inverno e giungere alla buona stagione, « ma se Egli [Gesù] vorrà diversamente, ci
rassegneremo ed adoreremo la sua volontà ». Concludeva: « Coraggio,
mia dilettissima, - 256 -
breve è questa miserabile vita; perciò fate in modo
di procurarvi grandi meriti per l’eternità. Oh! colà non saravvi più
combattimenti, ma finché siamo in quest’esilio, non ci mancheranno mai pene ».56
Madre Rachele informò don Luca della
malattia della suora, comunicandogli il giudizio del medico e la decisione di
ricondurla a Venezia, se non si fosse ristabilita.57
Intanto consultò un medico
veneziano, che confermò il parere espresso da quello di Cemmo.58 Quindi, d’accordo con mons. Balbi pregò la
Cocchetti di accompagnare la suora a Venezia.59
Contemporaneamente ne
diede comunicazione all’interessata, dicendole chiaramente che, se voleva restare
nell’Istituto, doveva vincere ogni ripiegamento su se stessa.60
Don Luca, conoscendo la suora, non
era convinto della gravità della sua malattia e della necessità del
trasferimento. Scrisse pertanto a Madre Rachele ed alla Cocchetti di
soprassedere alla decisione.
Madre Rachele se ne dispiacque e gli
rispose che non si trattava di una immaginazione, in quanto i medici ritenevano
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che l’aria fredda della valle Camonica non fosse adatta alla salute
della suora.61
Pregò poi la Cocchetti di vegliare,
perché suor Veronica, dopo il temporaneo miglioramento, non avesse a ricadere.
Circa l’opportunità di ricondurla a Venezia, si attenesse al giudizio del dott.
Rizzi.62
Dopo un mese e mezzo circa, si
dovette purtroppo procedere al trasferimento. Nella prima decade di aprile del
1843, la Cocchetti accompagnò la suora a Venezia. Ne ripartì il giorno 11,
conducendo con sé suor Eletta Toniolli.63
Madre Rachele, intanto, non lasciava
sfuggire alcuna occasione, per promuovere il progresso religioso e spirituale
della comunità di Cemmo.
Ricorda alla Cocchetti la somma
importanza della lettura delle Regole, perché bisogna conoscerle bene, per
poterle mettere in pratica. « Non
intendo che dobbiate angustiarvi; se un qualche ragionevole motivo vi fa
scostare da qualche cosa, tenetevi presenti gli avvisi che personalmente vi
diedi ».
Le dà istruzioni per la maestra, che
intendeva entrare nell’Istituto. Dopo di averla bene sperimentata « nell’annegazione della volontà, nonché nella
fermezza di carattere », se
idonea, poteva in agosto condurla a Venezia.64
Invita la Pellizzari ad appoggiarsi
sempre a Dio per avanzare - 258 -
nella virtù, a compiere ogni sacrificio per
amore di Lui e a praticare l’ubbidienza, vedendo la volontà di Dio in quella
dei superiori.65
Nel frattempo, essendo stata
impugnata la validità del testamento di Erminia Panzerini, Madre Rachele venne
convocata dalla Pretura di Breno per l’udienza del 10 maggio 1843.
Mons. Balbi interessò della cosa un
suo cognato, valente avvocato. Questi preparò una dichiarazione, che Madre
Rachele inviò alla pretura di Breno. Ne mandò pure una copia alla Cocchetti,
facendole coraggio: « Non
vi turbi l’esito della lite! Dio è il nostro buon Padre; Egli sa meglio di noi
quello che abbisogniamo. Non cessiamo di chiedergli, con tutto il cuore, che
venga Egli nell’anima nostra, per farla da Padrone. Oh, allora sì vinceremo
facilmente noi stesse! ».66
Il 4 luglio 1843 don Luca si recò a
predicare gli esercizi spirituali alla casa di Cemmo,67 e il 17 luglio scrisse alla Marini: « La casa di Cemmo comincia a far del bene, se si
potesse avere qualche casetta dappertutto si farebbe cambiare il mondo ».68
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