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5. Rapporti tra
la filiale di Cemmo e la centrale di Venezia.
Madre Rachele ci teneva molto che le
case filiali, secondo la prescrizione delle Regole, scrivessero mensilmente
alla casa centrale. Lo ricordava di frequente alle comunità di Bologna e di
Padova. Così fu anche per Cemmo. Espressamente lo raccomandò alla Toniolli,
quando fu ivi trasferita.
L’insistenza di Madre Rachele fu
poco gradita alla Cocchetti, che se ne lamentò con don Luca. Questi ne parlò a
don Marco, il quale a sua volta ne scrisse a Madre Rachele.
Ella rispose il 22 luglio 1843, con
una lettera breve e franca, attingendo a S. Francesco di Sales e a S. Teresa.
Osservava che l’eccellenza
dell’ubbidienza consisteva nel sottoporsi al superiore imperioso, rigoroso e
mai soddisfatto. Il trascurare le piccole cose avrebbe portato alla
rilassatezza. Concludeva: « L’intento
principale, per cui si danno gli offici di Superiora, si è perché faccia
osservare la Regola.
Dica pure al Sig. Co. D. Luca che,
se per la Cocchetti vi è la Regola di mensilmente scrivere, per ognuna vi è
quella di obbedire, perciò io non debbo rendere ragione alla Cocchetti, perché
abbia ordinato alla Toniolli di ciò fare, aggiungo poi con dolore che,
nell’atto ch’erige, distruggerà, se farà come fin qui ha fatto ».69
Madre Rachele,
prevedendo che don Marco sarebbe rimasto sorpreso per questa
lettera, la fece leggere a mons. Balbi, che disse: «Così va bene; parlano i Santi, e non la Rachele ».70
Ella non si era sbagliata! Quando
ricevette la risposta di - 260 -
Don Marco, il 12 agosto 1843 gli scrisse
ancora: « Sì, le ripeto, caro Padre, ma di cuore, che
altro non desidero su questa terra fuori che la volontà di Dio s’adempisca in
me perfettamente, anzi più volte al giorno dico al buon Gesù (particolarmente
quando si lascia più sentire la povera umanità riguardo al Padre Fondatore) che
mi faccia morire quel momento stesso ch’io avessi a condiscendere ad un solo
pensiero contrario alla sua volontà, perché preferisco il cessare di vivere,
che operare la più piccola cosa, che fosse contro Dio ».71
Il contrasto fu motivo di sofferenza
per tutti. Il primo a soffrirne fu certamente don Luca, che parlava non
direttamente, ma per bocca di don Marco.
Madre Rachele, dopo di aver spiegato
il suo operato a don Marco, espresse il suo dolore a don Luca, scrivendogli il
16 agosto 1843: « Se
Cristo dice con Davide: cercai chi mi confortasse e nol trovai, con verità
posso io stessa dire: ove potevo sperare conforto, molte volte mi è venuto
motivo d’afflizione.
Sia benedetto Iddio! So che tutto
dispone per il meglio, e siccome per la mia poca virtù non sono capace di
procurarmi patimenti, Egli, ch’è infinitamente buono, mi regala i mezzi che
servono per distaccarmi anche dalle più care persone ».72
Verso la fine di agosto del 1843
Madre Rachele, per far cambiare aria alla Sanfermo, aveva deciso di recarsi a
visitare la casa di Bologna, ma per i torbidi verificatisi in quella città,
mutò itinerario.
Avendo appreso che don Luca e don
Marco il 2 o il 4 - 261 -
settembre sarebbero passati per Riva, dispose il
viaggio in modo da poterli ivi incontrare; avrebbero potuto così chiarire la
questione. Vana, però, fu l’attesa: essi proseguirono senza fermarsi, benché
informati che ella la sera del 28 agosto sarebbe stata a Riva.
Un certo p. Alessio le riferì
l’invito di don Marco a proseguire fino a Bergamo, ma ella non poté
accoglierlo; non disponeva di denaro sufficiente e doveva ritornare a Venezia,
perché mons. Balbi era ammalato.73
Madre Rachele e la Cocchetti erano
entrambe impegnate nel cammino di perfezione, piene di amore di Dio ed animate
da grande zelo. Perciò l’intesa non fu difficile; ripreso il rapporto
epistolare, le incertezze vennero dissipate e furono raggiunte la chiarezza e
la serenità.
Madre Rachele a Venezia trovò
giacente una lettera della Cocchetti, che le dava informazioni sulla comunità e
sulla diffusione della Pia Opera.
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Dalla lettera appariva
l’afflizione della Cocchetti, che temeva di aver perduto la fiducia di Madre
Rachele. Questa le rispose l’8 settembre 1843, assicurandola che non erano affatto
diminuite la sua stima ed affezione; aveva inteso unicamente far conoscere
l’importanza della dipendenza e dell’esatta osservanza delle Regole.
La esortava ad essere tranquilla e
ad operare per la gloria di Dio: « Noi ci turbiamo per poco, lasciando in questa maniera di
operare quel molto, che potremmo in nostro vantaggio.
Intendiamola bene una volta, e ci
tornerà utile; non vogliamo che Gesù, non cerchiamo che Gesù e per Gesù
operiamo; così rettificate la vostra intenzione. Allora, io spero, non abbisogneranno
più sproni, per adempire la volontà di Dio nell’obbedienza ».
Esprimeva anche la sua consolazione
per lo sviluppo della Pia Opera ed indicò quanto era richiesto per l’ingresso a
Venezia di Anna Tosi.74
Mentre Madre Rachele scriveva questa
lettera, ne ricevette un’altra della Cocchetti che, non sapendo forse della sua
assenza si era fatta premura di scrivere di nuovo, perché non aveva ricevuto
risposta alla lettera precedente. L’8 settembre Madre Rachele scrisse pure a
suor M. Serafina Pellizzari, manifestandole la propria soddisfazione per il suo
impegno - 263 -
spirituale ed esortandola a fare sempre la volontà di
Dio.75
Il 29 settembre si svolse a Venezia
la rinnovazione dei voti e furono assegnati gli incarichi. Madre Rachele insistette
molto per essere « sollevata
del grave peso di reggere »,
venne però riconfermata e, per ubbidienza, accettò.76
Il 9 ottobre ne diede comunicazione
alla Cocchetti. Aggiungeva: « Salutate
le figlie; procurate che avanzino nella virtù e particolarmente tenetele in
esercizio di annegazione di loro stesse, acciò possano più facilmente unirsi a
Dio.
Io non posso sentire nominare
quell’amabile volontà, senza interessarmi ad eseguirla, quand’anche mi costasse
la vita, perché credo sarei ben felice lasciar di vivere, per uniformarmi a
quello ch’è perfetto anche nel suo volere ».77
Il 15 novembre Madre Rachele,
indisposta per mal di testa e degli occhi, rispose ad una lettera della
Cocchetti, servendosi di altra mano.78
La Cocchetti scrisse di nuovo il 20
novembre. Madre Rachele era a letto « per forte dolore di capo e di occhi ». Per non tardare a rispondere, fece scrivere
dalla madre maestra suor M. Luigia Roberti.79 La Cocchetti, ricevendo una seconda lettera
vergata da altra mano, pensò che Madre Rachele non fosse contenta di lei.
Il 15 dicembre 1843 Madre Rachele la
rassicurò: « No, - 264 -
non
vi lasciate trasportare dal timore di aver mancato, se non vedete mie lettere;
attribuitelo proprio a mia impotenza, che così è.
Voi dovete conoscermi chiaramente,
perciò non vi è dubbio che scriva una parola, se questa non mi parte dal cuore,
che parla il linguaggio della verità.
Ah, ci si presenterà ben occasione
di pena, senza che ce ne procuriamo d’immaginarie! Facciamo adunque di soffrire
con pazienza e, per quanto è possibile a noi, con allegrezza, quelle che ci
vengono. Così piaceremo più a Dio, che non mancherà donarci la necessaria
fortezza, se gliela chiederemo.
Fate di avvezzare anche le vostre
figlie a quest’indifferenza, ed allora cresceranno certamente nel santo amore
di Dio, il quale dev’essere la nostra guida ».
Esortava, poi, a prepararsi
spiritualmente al Natale e ad operare con rettitudine d’intenzione: « Le azioni, che saranno fatte per amore di Dio e
colla sua presenza, non avranno che buon esito ».80
Dal carteggio, nella corrispondenza
con Cemmo, risulta un intervallo di oltre due mesi, dovuto alla lunga malattia
di Madre Rachele. Ella, per oltre quaranta giorni, fu costretta a letto e nella
notte del 19 gennaio 1844 si temette per la sua vita. Quando si riprese,
continuarono i dolori alla schiena, che la fecero camminare incurvata per
parecchi giorni.81
Il 22 febbraio 1844, ancora
sofferente e « tutta gobbetta », scrisse di suo pugno alla Cocchetti, dandole
notizie della sua salute e della comunità di Venezia.82
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Il 20 aprile le comunicò
la pia morte di suor Maria Giacinta Fabiani, esortando ad imitarne l’umiltà, la
carità e l’ubbidienza. La informò pure che il 23 aprile sarebbe partita per
Bologna.83
Il viaggio fu più lungo del
previsto. Rientrando in sede il 26 giugno, trovò giacente una lettera del 9
giugno, con la quale la Cocchetti le dava notizia della morte di sua sorella
Giuseppina.
Madre Rachele le rispose il 4 luglio,
assicurando preghiere di suffragio. Accluse alla lettera una copia della « carta di conformità »,84 concordata a Roma per tutte le Suore Dorotee, e raccomandò di fare
il possibile per conformarsi ad essa.85
Il 9 luglio 1844 la Cocchetti
comunicò a Madre Rachele che il delegato di Bergamo Giovanni Battista Bozzi
aveva visitato la casa di Cemmo. Ne era rimasto contento ed aveva espresso il
desiderio che fosse accresciuto il numero delle suore.
Madre Rachele il 17 luglio rispose
che l’impegno per quella casa prevedeva due suore insegnanti ed una conversa;
non si poteva quindi disporre diversamente fino a quando non fossero mutate le
circostanze.
In quel momento ella non poteva dare
altri soggetti, perché doveva provvedere, per la fine di settembre,
all’apertura della casa a Massa Lombarda.86 In seguito, quando le fu possibile, inviò a
Cemmo una quarta suora.87
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A causa delle condizioni
di salute, specialmente per il male agli occhi, non poté andare a Cemmo, e
pregò la Cocchetti di recarsi lei a Venezia in settembre insieme con la
Pellizzari, per gli esercizi spirituali, a meno che qualche ragionevole motivo
non lo avesse impedito.88 Attendeva, quindi, una comunicazione della
Cocchetti. Questa il 27 agosto le scrisse che aspettava « nuova decisione ». Suor M. Eletta Toniolli continuava
a star male; pur essendo nativa di Cembra nel Trentino, l’aria di Cemmo non le
giovava.
Madre Rachele rispose alla
Cocchetti: « Vedremo in
seguito come si mette Maria Eletta, e da ciò dipenderà il vostro venire o no.
Vorrei potervi dare aiuto, ma sono impotente »; aveva infatti tre suore ammalate.89 Dispose intanto che suor Serafina Pellizzari
rinnovasse i voti a Cemmo il 24 settembre, giorno in cui si sarebbero rinnovati
a Venezia.90
La Toniolli ebbe un miglioramento,
ma non si era ancora del tutto rimessa in salute, e la Cocchetti non poté
allontanarsi dalla comunità.
Il 26 settembre Madre Rachele le
diede notizie della sua visita all’imperatrice, della rinnovazione dei voti
fatta a Venezia e dell’apertura della casa a Massa Lombarda. La pregò pure di
esaminare la giovinetta Morosini, che intendeva entrare nell’Istituto.91
Il 30 ottobre 1844 Madre Rachele
informò don Luca - 267 -
che Maria Eleonora Capitanio stava bene e prometteva
di divenire un individuo utile alla Congregazione.92
La Toniolli era ancora molto debole;
il 27 novembre Madre Rachele le scrisse: « Fatevi cuore, procurando ricreare il vostro spirito colle
sofferenze stesse. Ricordatevi che la via dei patimenti è la più sicura; e che
cosa cercheremo noi, se non procureremo di conformarci alla volontà di Dio? ».
Le suggerì di sostenere la comunità
con la preghiera, non potendolo fare con le opere, e di edificare le alunne con
la pazienza e l’ilarità.93
Nello stesso giorno Madre Rachele
inviò una lettera anche alla Cocchetti, esortandola ad adorare le disposizioni
della provvidenza. « Mi
duole assai la malattia della povera Maria Eletta; procurate di addolcirle i
suoi patimenti. Sento che la poverina è contenta di patire, tuttavia fate che
soffra meno che sia possibile.
Voi, mia cara, fatevi coraggio, e
ringraziate Dio che vi dà mezzo di meritare ».94
L’infermità della Toniolli continuò.
Alla fine di gennaio del 1845, la comunità di Venezia iniziò una novena alla
beata Eustochio, perché la suora potesse ristabilirsi per lavorare secondo il
fine dell’Istituto.95
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Madre Rachele aveva « a cuore » la casa di Cemmo e si rendeva conto dei problemi derivanti dalla
malattia della Toniolli; ne parlò con don Marco, che si trovava a Venezia per
gli esercizi spirituali delle ragazze. Egli suggerì di ricondurre a Venezia la
suora, appena fosse in grado di affrontare il viaggio.
L’11 marzo 1845 Madre Rachele lo
comunicò alla Cocchetti. In sostituzione della Toniolli, avrebbe inviato suor
M. Cecilia Nicolodi, che era di robusta costituzione e poteva essere di aiuto
per quei paesi. La Laffranchi stava meglio, ma non era ancora guarita.
La lettera concludeva: « Mia cara, fatevi coraggio, non v’impauriscano le
pene, ma vedetele come sono: mezzi per purificare le nostre anime; così
avanzeranno in virtù e s’avvicineranno a Dio ».96
Dal carteggio non risulta se e
quando sia stata fatta la sostituzione; né appare che la Nicolodi sia andata a
Cemmo. Nelle poche lettere giunte a noi dall’11 marzo 1845 al 29 aprile 1846
non si fa riferimento alla casa di Cemmo.
Dal registro « Elenco dei nomi delle Suore... » sappiamo che il 18 agosto 1845 emisero i voti
la Cocchetti e la Laffranchi. Per quel giorno non è annotata la professione di
alcun’altra suora.
Non essendo specificato il luogo
della cerimonia, si può pensare che essa sia avvenuta, come di consueto, a
Venezia; perché – allora – non si attese fino agli esercizi spirituali che, in
quell’anno, cominciarono a Venezia il 10 settembre? Forse, quando fu decisa la
data del 18 agosto, non si prevedeva ancora l’anticipo degli esercizi al 10
settembre.97
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Può anche supporsi che,
non potendo la Cocchetti allontanarsi da Cemmo, sia stato deciso di farle
emettere ivi i voti insieme con la Laffranchi.
Se la professione della Cocchetti e
della Laffranchi avvenne a Venezia, forse Madre Rachele le riaccompagnò a
Cemmo, passando per Vicenza.
Il 16 agosto 1845, infatti, Madre
Rachele scrive al Farina: « Se
altro non avviene, giovedì [21 agosto], od al più tardi il
prossimo venerdì [22 agosto], bacerò a
Lei personalmente sua sacra mano e quella della mia buona
Madre ».98
Se, invece, la cerimonia si svolse a
Cemmo, Madre Rachele passò per Vicenza al ritorno. I documenti non risolvono
questi interrogativi.
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