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Vincenzo Carbone
Una contemplativa nella vita attiva. M. Rachele Guardini

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  • Volume I. LA VITA E L’OPERA.
    • Capitolo XII. LA CASA DI BRESCIA.
      • 2. Progetto di don Luca per una comunità di Dorotee in Brescia.
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2. Progetto di don Luca per una comunità di Dorotee in Brescia.

Don Luca, come in altre città, volle anche in Brescia, a sostegno della Pia Opera, le Suore per assicurarne lo sviluppo e la diffusione, nella fedeltà ai principi, con il lavoro di animazione e di formazione delle sorvegliatrici.

Per la realizzazione del suo progetto egli scelse la Marini, che per anni fu da lui e da don Marco guidata


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spiritualmente15 e preparata a divenire la prima pietra dell’Istituto in Brescia.

La documentazione, lacunosa, non ci permette di seguire lo svolgimento dei fatti. Manca la cronaca del primo periodo della casa di Brescia.16 Forse agli inizi, ancora incerti, non si provvide subito a redigerla; ma certamente, dopo che l’avvio si consolidò, si cominciò a stenderla, come era uso nelle altre case. La Marini, diligente e precisa, era pratica del lavoro, venendo da una lunga esperienza di segretaria; è, quindi, da supporre che il registro sia andato perduto insieme ad altri documenti.

Le « Memorie sull’Istituto di S. Dorotea in Venezia » ricordano l’inaugurazione ufficiale della casa di Brescia (1851), ma tacciono della sua fondazione, come anche di quelle di Bologna e di Massa Lombarda. La prima parte delle « Memorie » è riassuntiva ed imprecisa, a causa della redazione tardiva.

Molto avremmo potuto sapere dal carteggio di Madre Rachele, se non mancassero le lettere di circa un anno: dicembre 1841novembre 1842. È proprio l’anno decisivo per la fondazione della casa filiale di Brescia. Tenendo conto della media di quegli anni, si può dire che è andato perduto oltre un centinaio di lettere.

Nelle lettere di don Luca e di don Marco, a noi pervenute, le note storiche relative alla fondazione della casa di Brescia


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sono scarne, e denotano soprattutto l’intento di indirizzare e preparare la Marini a quella missione.

La prima lettera pervenutaci di don Luca alla Marini è del 28 agosto 1832, la seconda del 12 marzo 1837. Esse trattano della Pia Opera (consolidamento, diffusione) e dello zelo ad essa necessario.17

Pare che nel 1837 la Marini accogliesse qualche giovane da istruire. Don Marco, infatti, il 29 novembre le scriveva: « Eccole la buona figlia che il Signore le consegna perché possa esercitare anche verso di codesta immagine di Dio l’amore che porta a Gesù. In tutto il tempo che è stata qui nel nostro Paese ha sempre tenuta una condotta esemplarissima, veramente cara a Dio ed ai buoni; anche nei suoi lavori femminili mi si dice che riesce assai bene. Oh quanto è mai contenta di venire a riconoscere, dopo Dio e Maria, la Sig.a Marina per madre, il Sig. Carlo Manziana per padre. Spero proprio coll’aiuto divino che farà un’ottima riuscita essendo cresciuta alla Croce con animo generoso verso Dio in mezzo alle sue tribolazioni ».18

Dal 1838 nelle lettere diventano insistenti le esortazioni di don Luca e don Marco alla Marini, per indurla a dare avvio all’Istituto delle Suore Dorotee in Brescia. La spronano, adducendo l’esempio di altre città.

Ella però, pur sentendo la vocazione religiosa, veniva trattenuta da ragioni familiari e personali. Le condizioni economiche esigevano la sua presenza in famiglia. Inoltre, la malferma salute e la naturale timidezza le facevano sentire il compito superiore alle proprie forze.


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Il 6 gennaio 1838 don Luca le scrive: « L’Instituto regolare di S. Dorotea [...] in Vicenza è stato adesso approvato da S.M. l’Imperatore, e l’Imperatrice Regnante con una bellissima lettera se ne è dichiarata protettrice speciale. Quando vi sia in una città uno di tali instituti la pia Opera è sicuro che sarà permanente tornandone come l’anima. Comunichi la cosa al Sig. Arciprete [Pinzoni] ».19

Due mesi dopo, l’8 marzo, le comunica da Genova: « Sono a darle una consolante notiziaDomenica scorsa si è fatta la funzione dello stabilimento delle promotrici di S. Dorotea, ed a me è toccata la sorte di farne la funzione. Non so quando abbia provata consolazione simile vedendo così assicurata l’opera di S. Dorotea tanto utile. Tredici hanno vestito l’abito il quale è comune, ma nero e modesto. Preghiamo il Signore che si propaghi. Comunichi questa cosa al Rev.mo Sig. Arciprete ed alla Sig.ra Gabriella, e mi scriva se hanno fatto niente di quello che si era progettato colla Sig.ra Gabriella […]. Confidiamo, e si vedrà quello che può la destra dell’Onnipotente. Mi scriva una lettera dettagliata dello stato della pia Opera in Brescia, e del bene che ottiene ».20 Pia Opera e progetto dell’Istituto camminano di pari passo.

Con la fondazione delle Suore Dorotee in Venezia (6 agosto 1838) si spiana la strada anche per Brescia.

Tramite don Luca e don Marco, tra la Guardini e la Marini si stabilì un profondo rapporto di amiciziacominciato forse quando la Guardini era a Calcinate in casa Passi.

Tra le due vi fu una corrispondenza epistolare, anche se


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non fitta.21 Non è stata conservata alcuna lettera della Marini a Madre Rachele; di questa invece ci sono pervenute dieci lettere inviate a lei. Esse si intrecciano con quelle di don Luca e don Marco, fornendoci qualche elemento utile per la conoscenza di quel periodo.

La prima è del marzo 1839. Madre Rachele risponde alla Marini, compiacendosi delle buone notizie circa la Pia Opera in Brescia. Aggiunge: « Vi sono obbligata della parte che prendete per l’Istituto, ed io vi dirò a gloria di Dio che adagiamente si va estendendo. Siamo in poche atte allo scopo dell’Istituto, e per questo conviene tenersi al poco ». Conclude: « Presentatemi umilissima a tutti di vostra famiglia ed assicurateli della gratitudine che sento per tante gentilezze usatemi ».22

Questo concetto ritorna anche in un’altra lettera del 1840: « Dite a tutti di vostra famiglia ch’io ricordo spesso al Signore la bontà avuta con me. Riverite il vostro Confessore, con tutte quelle persone ch’ebbi il piacere di conoscere, e raccomandatemi alle loro orazioni ».23

L’accenno è vago e non viene precisato il tempo; forse si riferisce al periodo di Calcinate, perché non ci risulta di incontri avvenuti, dopo il trasferimento della Guardini a Venezia, fino al marzo 1839.24

Dinanzi alle insistenze di don Luca, la Marini forse si confidò con Madre Rachele. Questa probabilmente le suggerì


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di trovare due aspiranti con dote da mandare a Venezia; esse, una volta formate, sarebbero ritornate a Brescia per la fondazione della casa filiale.

La Marini scrisse a don Luca, che le rispose: « Il voler aspettare di trovar due maestre che abbiano la dote mi sembra lo stesso che non voler mai cominciare, perché è assai difficile che chi ha la dote voglia mettersi all’evento della riuscita. Bisognerebbe piuttosto cercare i mezzi della sussistenza come sarebbe una scuola civile ovvero i benefattori di una scuola di povere gratuita. Si potrebbe anche cominciare la fondazione privatamente. Unirsi nella casa che si prendesse la Lumini con una Maestra o due che avessero vocazione e far in tanto una scuola ed attendere alla Pia Opera […]. Le vostre Sorelle potrebbero far questo, e sono persuaso che trattandosi di averle in Brescia e vicine sarebbe contento anche il vostro Genitore. Pregate e fate pregare, l’orazione decide tutto [...].

P.S. In questo momento è forse capitato un soggetto che ha tutti i numeri e la dote, da mandare a Venezia, alla quale si potrà unire un’altra anche con poca dote: entro dieci o dodici giorni avrò la risposta ».25

All’inizio, una fondazione privata non impegnava troppo e poteva aiutare a superare il timore per il rischio di un insuccesso.

Il 28 giugno 1839 don Luca, di ritorno da Roma, nel comunicare alla Marini la notizia della concessione del decreto


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di lode all’Istituto di Vicenza, aggiunge: « Ho avuta un’udienza privata dal S. Padre che ha parlato con interessamento della Pia Opera e mi ha licenziato con queste parole: Andate, il Signore benedica la vostra impresa.

A Genova fa meraviglie, così a Venezia, come mi scrive la Rachele. Ci vorrebbe anche a Brescia per poter dilatare la pia Opera nella Diocesi per mezzo delle case figliali. Ne parli, si ricordi che le cose le più grandi cominciano talvolta con niente. Dica la cosa dell’approvazione al Sig. Arciprete ».26

Le insistenze di don Luca facevano presa sull’animo della Marini, e nella sua mente andò affermandosi la necessità dell’Istituto in Brescia.

Alla fine di settembre del 1839, ella chiese a Madre Rachele due suore per quando sarebbe stata decisa la fondazione in quella città.

Madre Rachele conosceva l’intenzione di don Luca, che per Brescia puntava sulla Marini. Non volendo, quindi, creare problemi all’attuazione del progetto di lui, il 27 settembre lo informò subito e gli comunicò che ella non avrebbe dato risposta riguardo alla richiesta pervenutaleAggiungeva: « però mi farà sommo piacere darmi un cenno di quello che verrà concluso ».27

In tal modo lasciava capire la sua disponibilità a dare il suo aiuto, se don Luca l’avesse ritenuto opportuno.

La Marini cominciò con il consultare « le Regole dell’Istituto di S. Dorotea ».28


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Madre Rachele aveva ormai nella mente e nel cuore la fondazione bresciana. Il 27 ottobre 1839, di ritorno dal Tirolo, informò don Marco che molte giovani, con la vocazione religiosa, attendevano di essere da lui chiamate; lo pregò, quindi, di « volerle confortare ed assicurare [...] per Brescia o per altra parte ».29

Il 5 agosto 1840 Madre Rachele scrisse una toccante lettera di conforto e incoraggiamento all’amica, che viveva nel suo animo il problema della scelta definitiva della propria vita. La informò che il Signore spandeva numerose e sorprendenti benedizioni sull’Istituto, e le ricordò che Gesù scelse come fondatori della Chiesa dei poveri pescatori: « Egli onnipotente gode prendere gl’istromenti meno atti, per far trionfare l’opera sua ».

Queste parole Madre Rachele le diceva per se stessa, ma volevano essere anche una risposta ai timori della Marini, alla quale chiedeva, inoltre, di ottenerle la grazia di cercare sempre la maggior gloria di Gesù e di consumare la vita per Lui. « Ah com’è proprio vero che chi non vuole che Gesù, è sempre contenta! ».

La lettera terminava con l’esortazione: « Amiamo, diletta mia, la Croce del nostro caro Amante; accettiamo con cuore quella ch’Egli si degna presentarci; così non erreremo la Via e più presto giungeremo alla Vita ».30

Queste elevate parole, sgorgate da un cuore pieno di amore del Cristo, cadevano in un terreno fecondo e avrebbero fruttificato.

 


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L’avvenuto riconoscimento della casa di Venezia come casa centrale aprì « la porta all’Instituto » in Brescia.31

Il 27 novembre 1840 la Marini comunicò a don Luca la sua risoluzione a « voler sperare contro speranza ». Egli le rispose con sollecitudine, incoraggiandola a non « dimettere il pensieroabbandonare l’impresa finché non sia stabilito l’instituto ».

Occorreva, in primo luogo, una casa, e don Luca esorta la Marini a cercare dei benefattori, per acquistarla: « Bisogna cominciare chi vuol far qualche cosa. Aprendo la Casetta non bisogna dire che si vogliano mettervi le Suore, questo deve essere in seguito. Confidenza grande in Dio, e tutto si otterrà ».32

Don Luca aveva premura di procedere alla realizzazione del suo progetto; raccomanda perciò riserbo, onde evitare le lungaggini dell’approvazione governativa. Ad essa si sarebbe provveduto dopo l’avvio.

La Marini scrisse anche a Madre Rachele. Questa le rispose l’8 dicembre 1840: « Dalla cara vostra intendo che il buon Gesù anche quest’anno vi condusse nel ritiro, dove avrete meglio distinta la voce dello Sposo, che all’anima amante nella solitudine viepiù si lascia sentire. M’immagino che colà trattenuta vi sarete 10 giorni ».

Ella pure, a causa della malferma salute, aveva dovuto sospendere per qualche giorno la consueta attività: « Così potei, con tutta comodità, ascoltare la voce dello Sposo, il quale si diletta annunciare che la via certa per unirsi prestamente ed intrinsecamente a Lui è quella del patire ».


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La informa dell’istituzione della Pia Opera a Chioggia; spera che anche a Brescia proceda bene e le suggerisce di raccomandare la costanza alle cooperatrici.33

Mancava ancora in Brescia una sede dell’Istituto, quando si ebbero già due aspiranti, le sorelle Lelia e Maria Teresa Roberti. Don Luca prese accordi con Madre Rachele e decise che fossero inviate nel noviziato di Venezia.

Il 3 febbraio 1841 scrive alla Marini di istruirle ed esercitarle, nel frattempo, in tutto quello che riguarda la Pia Opera. Comunica pure la diaria per i sei mesi di prova; per la mobilia e la dote dice di intendersi con la superiora di Venezia.

Conclude: « Da brava cominciate a lavorare per l’Instituto, ed il Signore vi benedirà col darvelo in Brescia ».34

Don Luca è ormai deciso a stringere i tempi e vuole concludere. Non avendo ricevuto risposta, il 19 febbraio scrive di nuovo alla Marini, ripetendo quanto le aveva detto nella lettera precedente. Aggiunge: « A Venezia ho trovato assai più di bene operato dall’Instituto di quello che avrei osato sperare. Siane benedetto il Signore. E a Brescia quando sarà? Ricordatevi che chi confida nel Signore (dice il Profeta) cambia di fortezza, prenderà penne d’aquila, volerà e non farà fatica, correrà e non verrà meno. Coraggio dunque. Confidate nel Signore e non temete ».35

Il timore era l’ultimo ostacolo che restava alla Marini da superare. Ella, non avendo bene inteso quanto don Luca le aveva comunicato riguardo alle aspiranti Roberti, il 10 febbraio


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chiese spiegazioni a Madre Rachele. Questa le rispose il 17, accompagnando le informazioni con parole di esortazione ed incoraggiamento: « Godo intendere che Dio benedice cotesta vostra utile congregazione. Voi, mia cara, sempre più animatevi onde vederla propagarsi, e chi sa che il buon Gesù non voglia consolarvi donandovi anche costì negli anni avvenire l’Istituto, che ha per iscopo di sostenerla e dilatarla.

Pregate assai e fate pregare, mia buona Marina, acciò il misericordioso Gesù ci doni lo spirito che abbisogna per questa grande opera. Noi abbisogniamo d’una virtù straordinaria, onde corrispondere alle mire che Dio va manifestando.

Cercate d’instillare nel cuore delle giovani aspiranti un grande amore all’interna mortificazione e ad una grande generosità con Dio, ed allora sì, vinceranno facilmente ogni diabolico tentativo ».36

Le due lettere di don Luca e quella di Madre Rachele del febbraio 1841 devono essere state di sprone alla Marini che, alla fine di quello stesso mese, manifestò a don Luca la sua disponibilità.

Egli le rispose il 3 marzo da Forlì, assicurandola di essersi subito recato a pregare in un santuario, ove si venerava un’immagine di Maria SS. assai miracolosa,37 per ottenerle la grazia desiderata. « Spero che a quest’ora abbiate ricevuto l’assenso che desiderate. Il pensiero mi sembra ottimo. Potreste a questa unirvi anche voi (stando però a casa vostra, ed attendendo alle cose vostre) per istradare le altre alla direzione dell’Opera pia; in tale casetta si potrebbero tenere le adunanze delle Anziane, conservare i registri, si potrebbero riunirvi


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alcuni libri spirituali e così cominciare un po’ di biblioteca; in seguito si potrebbe farla casa figliale e poi centrale. Il Signore, sa il bene che ne può venire; e voi avreste il merito di tutto per tutti i secoli. Vedete se va bene adoperarsi in servire un padrone che vede tutto, e paga tutto con misura sovrabbondante anzi strabocchevole ».

Di fatto, don Luca considera già le Roberti come aspiranti e la Marini come responsabile; le suggerimenti per ben avviarle ed esercitarle.

La esorta, quindi, ad avere fiducia nel Signore. « Ricordatevi i proponimenti che avete fatti quest’autunno. Dio fa riuscir le cose quando meno si aspetta ». E, per farle animo, le riferisce l’inizio provvidenziale dell’Istituto a Bologna. « Eccovi dunque una novella casa e senza neppure avervi pensato. Dunque fidatevi del Signore. Egli ve ne ha data l’inspirazione saprà condurre ogni cosa a buon termine. L’avete dovuto toccar con mano anche della pia Opera, che quando la cosa pareva pericolasse si vedeva rifiorire meglio che prima ».

Terminata la lettera, don Luca aggiunge un P.S. per insistere ancora sulla fiducia in Dio: « Volete un’altra prova se bisogna abbandonarsi ciecamente in mano alla Providenza; guardate quello che ha fatto la Rachele. Di volta in volta io rimango sorpreso del bene che si ottiene dall’Instituto. Vi ricorderete quante difficoltà, quanti timori essa pure aveva. Coraggio dunque […] nell’opera del Signore. Ricordatevi che operate colla forza di quegli che con un fiat ha creato il Cielo e la terra. Questo che dico a voi lo diceva alcuni anni addietro alla Capitanio animandola a fondare le Suore della Carità ».38


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Deciso ad andare fino in fondo, don Luca non tralascia alcuna circostanza per stimolare la Marini. Il mese successivo, il 17 aprile 1841, le comunica la consolante notizia dell’approvazione data dalla Santa Sede alla Pia Opera. E profitta della circostanza, per dissolvere, con la confidenza in Dio, le ricorrenti preoccupazioni della Marini: « Quanto poi a quello che mi scrivete che per cominciare l’instituto è necessario aver una Casa ed il fondo per mandare due a Venezia, sappiate che S. Ignazio ha cominciato il Seminario Romano l’Appolinare che è mezza Brescia con 17 baiocchi cioè con 24 soldi dei nostri ».

Oltre a dimostrare il suo profondo spirito di fede e di abbandono nella Provvidenza, con senso pratico suggerisce: « Mi pare che il meglio di tutto sia una casetta in affitto, dove si stabilisca quella buona donna, trovare una compagna adattata, pregare che le Signore mettano le fanciulle che mantengono altrove, unirvi anche voi a queste stando a casa vostra; quando la cosa sarà avviata si potrà farne venir una da Venezia. Chi cerca i soccorsi prima di cominciare non ottiene mai niente. La gente vuol vedere ».

Dopo alcune disposizioni per il viaggio delle aspiranti a Venezia, conclude: « Coraggio [...] nel compiere l’opera del Signore. La Sanzione del Vicario di Gesù C. v’inspiri nuova lena ».39

Alla lettera di don Luca seguirono, in quel mese di aprile del 1841, due di don Marco permeate di elevato afflato spirituale: « Figlia, state allegramente nel Signore, e quanto più vi fa conoscere la vostra miseria tanto più vi apre la via per andare a Lui e seco Lui unirvi [...]. Volate dunque continuamente


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[...] col vostro affetto in seno a Gesù, ivi riposate nella pace sempiterna. Gustate il divin Silenzio, in quello ascoltate la celeste voce che parla allo spirito ».40 « Dice S. Francesco che il Signore è ugualmente amabile quando si lascia vedere e quando si nasconde. Vi basti sapere che Gesù è il vostro Signore e che voi siete la sua Sposa [...]. Su su, pensieri, affetti al Paradiso e tanto vi basti intanto ».41

All’inizio di maggio del 1841, le sorelle Roberti entrarono nella casa di Venezia; e il 5 Madre Rachele scrisse alla Marini, ringraziandola dei saluti.42

Dopo alcuni mesi, la Marini chiese notizie sul comportamento delle « bresciane ». Madre Rachele gliele trasmise il 29 settembre 1841, al termine degli esercizi spirituali, predicati dal p. Taeri.

Si disse contenta delle Roberti, ma espresse riserve su Carolina Grandi e Margherita Cola, che abbisognavano di cura per colmare qualche lacuna e per la formazione del carattere.

Le comunicò pure che nei prossimi giorni si sarebbe recata a Padova, per mettere ivi « il primo seme » dell’Istituto; chiedeva, quindi, preghiere per ottenere la benedizione di Gesù.43

A questo punto comincia la lacuna del carteggio di Madre Rachele. La sua successiva lettera alla Marini è del 2 gennaio 1843,44 quando la casa di Brescia era stata già aperta.


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Non conosciamo, quindi, gli ultimi passi di quella fondazione, nella quale Madre Rachele dovette avere una parte importante, in quanto superiora della casa centrale di Venezia.

Per questo spazio di tempo di circa un anno, i soli riferimenti, di cui disponiamo, sono gli accenni che ricorrono nelle lettere di don Luca e don Marco.

Essi seguirono il cammino di formazione delle quattro bresciane, nutrendo vive speranze. In una lettera non datata, don Marco riferisce alla Marini: « Rachele mi scrive e mi parla di Carolina e Margherita; della prima mi dice che migliora in salute, e la considera come una bambina, della seconda sembra venuto il tempo di non considerarla più bambina, ma di farle mangiare il pane dei forti. Pregate anche per esse onde sieno dal Signore benedette ed abbiano compimento i loro voti ».45

Si manifestarono poi incertezze e dubbi. Il 25 novembre 1841 don Marco comunica alla Marini: « La Rachele non mi lascia finora speranza. Vedrò se posso prenderla d’assedio, se non posso d’assalto. Intanto pregate. Di quella di S. Angiolo ve ne darò contezza al mio ritorno da Lodi. Ha scritto alla Sig. Maria una lettera tutta di contentezza per essere giunta in seno alla famiglia. La poverina è un po’ troppo tenera, pregate molto per essa, perché ha un’anima bella ».46

A distanza di una ventina di giorni, si riprende a sperare. Don Marco informa la Marini: « Ho ricevuto lettera da Venezia riguardo alla Carolina Grandi e pare che spunti qualche luce di speranza, e non è più la risposta così negativa, ma si rimette la buona Rachele a sperare nell’Onnipotente.


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Compatisco anche la Superiora perché nel suo posto, come dice ella pure, deve consultare l’intelletto e non il cuore, e l’Istituto non è destinato a ricevere le giovani per se sole, ma anche a bene delle altre. Diremo, come si dice sempre, chi sa che in questa volta non si ottenga la fortezza per assedio. In avvenire, trattandosi di luoghi lontani, bisognerà aver più occhio che cuore ».47

Si trattava di problemi di formazione, per i quali don Marco aveva particolare competenza; comprendeva, quindi, le preoccupazioni di Madre Rachele.

Intanto, il 3 dicembre 1841 la Marini confermò la risoluzione di consacrarsi tutta alla gloria di Dio. Don Luca ne fu molto contento e le rispose: « Pregate e preparate per Brescia; che bella cosa se, quando vengo a predicarefosse comperata la casa! Allora si potrebbe preparare per la fondazione ».48

Trascorrono ancora dei mesi. Di ritorno da Como, don Luca il 3 maggio 1842 scrive alla Marini: « ho trovato le imprese della Sig.ra Laura sopramodo benedette; ha già due case, nove compagne, ed adesso cercano darle un altro locale capace di 60 persone [...]. Vedete se bisogna cominciare. Staremo a vedere anche le vostre imprese. Spero perché confidate molto nel Signore ».49

Intanto Carolina Grandi lasciò la casa di Venezia e tornò in famiglia; ma nel Tirolo erano pronte altre aspiranti.50


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Ormai i tempi erano maturi e si andò decisamente verso la fondazione. Il 17 giugno 1842 don Marco, a nome di don Luca, comunica alla Marini che essi si recheranno a Brescia « per tutto quello che il Signore sarà per disporre in ordine alle nostre comuni speranze », e la incoraggia ad andare avanti con fiducia, sicura « che il Signore, il quale ha incominciato l’opera, la condurrà senza fallo a buon termine ».51

La conclusione è vicina, e don Luca cerca di tener viva la confidenza della Marini in Dio. Il 26 luglio le scrive: « Coraggio […] confidate in chi vi ha chiamata; cominciate la vostra missione col preparare gli animi all’opera benedetta. Scrivetemi subito e confermate quello che tante volte avete promesso al Signore, perché ogni volta serve a rinnovazione di spirito ».52

Qualche giorno dopo, il 6 agosto, arriva alla Marini l’esortazione di don Marco: « Ricordatevi che non dovete più perdere un’oncia di tempo, ma tutta donarvi alla maggior gloria di Dio e non vivere che a questo altissimo fine finché Iddio vi chiama a consumare il sacrificio di voi stessa con esso Lui sul Calvario, dove vi attende nella sua misericordia per avervi seco Lui nella gloria eterna del Paradiso ».53

 

 




15 Le lettere di don Marco alla Marini sono un « trattato di alta mistica, un poema di soavità e di sovrumano sentimento religioso »: Guerrini, cit., p. 32. Don Luca, dopo la morte del fratello, raccomandò alla Marini di raccoglierle, perché in esse si effondeva lo spirito della congregazione: cf. ibid., lett. nn. 380, 383, pp. 295, 297.



16 Il registro conservatoci inizia con l’anno 1885.



17 Cf. Guerrini, cit., lett. nn. 1, 2, pp. 35-36.



18 ASDR, in Guerrini, lett. n. 3, pp. 36-37.



19 ASDR, in P. Guerrini, cit., lett. n. 4, p. 37.



20 ASDR; ibid., lett. n. 5, pp. 37-38.



21 Cf. lett. n. 312.



22 Lett. n. 50.



23 Lett. n. 409. « Presentatemi a tutti i vostri doverosa e gratissima »: lett. n. 459.



24 Sappiamo che Madre Rachele incontrò il vescovo di Brescia, mons. Ferrari, nella primavera del 1838: cf. lett. n. 58.



25 La lettera non è datata; nei timbri postali si legge: Chiari 18 mag.Brescia 19 mag. Il Guerrini pone, tra parentesi quadre, 1840cf. opcit., n. 11, p. 42. Questa datazione non ci sembra esatta, perché nel maggio del 1840 don Luca è a Roma: cf. lett. di Madre Rachele, nn. 278, 279, 283, 286, 287; lett. di don Luca, docc. nn. 53, 64. Pensiamo, quindi, che la lettera sia del 1839.



26 P. Guerrini, cit., lett. n. 8, pp. 39-40.



27 Lett. n. 142.



28 Cf. lett. di don Marco alla Marini, 19-11-1839, in Guerrini, cit., n. 9, pp. 40-41. Si trattava del testo, preparato da don Luca, che stava per andare in stampa ed uscì nell’agosto del 1840.



29 Lett. n. 156.



30 Lett. n. 312.



31 Cf. lett. di don Luca alla Marini, 22-11-1840, in P. Guerrini, cit., n. 14, p. 44.



32 Lett. di don Luca alla Marini, 6-12-1840, ASDR, in P. Guerrini, cit., n. 15, pp. 44-45.



33 Cf. lett. n. 409.



34 P. Guerrini, cit., lett. n. 18, p. 47.



35 Ibid., lett. n. 21, p. 49.



36 Lett. n. 459.



37 Forse è il santuario della Madonna del Fuoco, molto venerata in Forlì.



38 ASDR, in P. Guerrini, cit., lett. n. 22, pp. 50-51.



39 ASDR. Il Guerrini erroneamente pone nella data della lettera 11 aprile invece di 17: cf. op. cit., n. 23, p. 51.



40 ASDR, in P. Guerrini, lett. n. 25, p. 53.



41 Ibid., lett. n. 26, p. 54.



42 Cf. lett. n. 498.



43 Cf. lett. n. 589.



44 Cf. lett. n. 682.



45 ASDR, in P. Guerrini, lett. n. 34, p. 59.



46 Ibid., lett. n. 37, p. 61.



47 Ibid., lett. n. 38, p. 61.



48 Lett. del 17-12-1841: ASDR, in Guerrini, n. 39, p. 63.



49 Ibid., lett. n. 44, p. 68.



50 Cf. lettere di don Marco (18-5-1842) e don Luca (2-6-1842) alla Marini, in P. Guerrini, nn. 45, 46, pp. 68-69.



51 P. Guerrini, lett. n. 47, p. 69.



52 ASDR, in P. Guerrini, lett. n. 48, p. 71.



53 Ibid., lett. n. 49, p. 71.






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