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2. Fede viva e operante.
Nella vita di Madre Rachele si nota un
esercizio insigne delle virtù teologali, certamente superiore a quello comune
dei buoni cristiani.
Il 31 ottobre 1839 ella
chiedeva a Margherita Larcher: « Preghi
[il Signore], acciò sempre più mi fortifichi nelle sante risoluzioni ed in
particolare mi doni la santa umiltà; ottenuta la quale, spero di crescere nella
santa Fede, Speranza e Carità, onde arrivare al perfetto Amore ».17 Di fatto progredì fino a raggiungere alti vertici.
La luce della fede illuminò la sua
vita e la sua attività, facendole volere tutto e solo quello che Dio
vuole.18 Ella esclama: « Oh santa Fede! e perché non sei sempre nelle
anime operativa? Dirò meglio: credo io che il motore di tutte le cose sia Dio? Sì,
eppure molte volte lo mentisco nell’esecuzione, necessitandomi uno sforzo per
seguire l’amabilissima sua volontà.
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Io era penetrata da queste
idee, per cui sentivami struggere il cuore dal desiderio di compensare
in avvenire almeno in parte, con amore, le
tante ingratitudini da me commesse ».19
Con la fede, Madre Rachele viveva
continuamente alla presenza di Dio e nell’agire era guidata dalla retta
intenzione.
Ripeteva che la presenza di Dio è
fondamentale per la vita spirituale, perché tiene l’anima lontana dal peccato e
la stimola alla pratica delle virtù e all’unione con Gesù.20
Esortava quindi le suore a vivere
alla presenza di Dio e ad operare non per il gusto e l’inclinazione propri, ma
puramente per il Signore.21 « Poco gioverebbeci
l’operare, quando ciò non fosse in ordine a Dio ed a Dio diretto ».22 Le nostre azioni, diceva, sarebbero « vane », se non fossero santificate dalla retta intenzione, che fa
divenire meritorie per la vita eterna anche quelle che, di per sé, sono
indifferenti.23 « Dio non guarda il materiale delle azioni, ma la
grandezza del cuore, con cui vengono operate ».24 Egli
misura le azioni dall’intenzione, con la quale sono fatte, più che
dall’effetto.25
Bisogna compiere il bene, cercando
soltanto la gloria di Dio, « senza
frammischiar ciò ch’è nostro »;
secondo la « sua divina
volontà, onde non frammischiare il nostro amor proprio ».26
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La vita di fede di Madre
Rachele era rivolta, come a suo centro, principalmente alla persona di Gesù
Cristo. Nel carteggio risuonano gli accenti di un’anima mistica levatasi molto
in alto nella contemplazione. Con verità può dirsi di lei: « Os loquitur ex abundantia cordis ».
La sua anima non desidera che Gesù,
non pensa ad altro che a lui e sospira solo a lui. Ella brama che in lei si
formi l’immagine di Gesù e venga il suo regno.27
Desidera di essere tutta trasformata
in Gesù, di non parlare di altro che di lui,28 di consumare per amor suo tutta la propria
vita.29 « Il cuore [di Rachele], che non è suo ma di Gesù,
offregli tutto quello ha di buono, contentandosi di [...] affaticare [...]
affine di dargli un attestato di quell’amore che vorrebbe possedere ».30
Attratta dall’amore del Cristo,
cerca che il proprio cuore si occupi sempre solo di Gesù, non abbia altri
pensieri che per lui, non si discosti mai dall’amor suo, ma cresca
continuamente nella fiamma della santa carità:31 « Lungi dalla fonte dell’amore, non gusteremo che affanni ed
agitazioni ».32
Si stacca da tutto, anche da se
stessa, per vivere unicamente in Gesù e per Gesù,33 finché le venga dato di possederlo
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per sempre: « Oh,
come sospira l’anima mia questo dì beato, ma sia fatta la sua volontà! ».34
L’unico suo tormento è di non poter
amare Gesù quanto vorrebbe. Dichiara che la sua anima, « attorniata da mille faccende, si va consumando
pel dolore di non amare quanto dovrebbe l’Amante ».35
Trasmetteva i suoi sentimenti alle
suore, alle ragazze e alle persone che avvicinava. Le esortava a seguire Gesù « nella via dei disprezzi »; a lasciare « con allegrezza tutto, per trovare il Tutto, ch’è
il buon nostro Gesù »; a
« non desiderare altro che di essere tutta di
Gesù, senza chiedere né questo né quello [...]; a seguirlo nella maniera che
Lui vorrà »; a non volere se non quello che « è più conforme all’amore del buon Gesù»; a nulla volere « fuori del caro Gesù »; a desiderare sempre lui solo; ad « amare e lodare in terra il nostro amabilissimo
Gesù, finché giunga il tempo di poter ciò continuare in cielo per tutta
l’eternità »; « Lui solo vogliamo e cerchiamo in ogni nostra
azione, per regnare con Lui sempre nella beata eternità ».36
Madre Rachele esprimeva ed
alimentava la sua fede nella preghiera. Nutrì una profonda pietà eucaristica.
La Comunione era la sua gioia ed il suo nutrimento. Si preparava con raccoglimento e la riceveva con
grande fervore. Era innamorata dell’Eucaristia, ma se ne sentiva indegna ed era
tentata di lasciarla. Una sofferenza intima la tormentava, senza riuscire però
a scalfirla, anzi rafforzandola all’insaputa di lei.
Scrive a mons. Balbi: « Questa mattina, benché abbia - 412 -
avuto una
notte molto cattiva, pure ho fatto la S. Comunione, pel solo timore di
disobbedire. Sì, io glielo ripeto con tutto il cuore, sono disposta di
consumare la mia vita per Gesù, ma necessitami tutta la violenza per obbedire
a riceverlo.
Questa mattina, dopo che lo avevo
con me, io non sapevo darmi pace, perché pareami di vederlo in una cloaca; se
avessi potuto da colà toglierlo, io mi sarei creduta beata ». Prega, quindi, mons. Balbi di ottenerle da
Gesù la grazia di «apparecchiarGli
un luogo meno sordido».37
Alcuni giorni dopo confidava a don
Luca: « Non so persuadermi di non essere cagione che
l’opera del Signore venga guastata; ciò apportami grande tristezza ed il
maggiore mio tormento è quello di dover in questo stato accostarmi alla Sacra
Mensa ».38
Voleva che le suore si preparassero
a ricevere la Comunione con l’animo mondo persino dalle mancanze
più leggere.39
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Alla sorella Marietta
scrive: « Ah, potess’io vedere tutte le anime accese del
fuoco, di cui arde l’amabilissimo Cuore! fuoco di carità, che lo indusse non
solo a caricarsi della nostra misera carne, ma perfino a morire per noi sulla
Croce, lasciandoci un pegno perpetuo di tutto se stesso nella Santissima
Eucaristia.
Con quale fede dobbiamo accostarci a
riceverlo in questo Sacramento! L’anima nostra dev’essere penetrata da sì
grande amore ed, annichilandosi, conoscer deve il grande beneficio nonché
l’indegnità propria d’accostarsi a Lui; ma fortificata dalle parole dell’Eterno
Verbo, che si esprime trovare le sue delizie nell’anima che Lui solo
vuole, deve coraggiosamente accostarsi e ringraziare
l’infinita sua bontà, che la invita pascersi di questo celeste Cibo ».40
Il permesso di avere in casa la
celebrazione della Messa nel giovedì santo le era motivo di gioia, perché le
dava la possibilità di ricordare « l’infinito amore di Gesù in lasciare tutto se stesso a noi, nella
Santissima Eucaristia »; di
vegliare durante la notte, « onde
non lasciare il caro Amore senza adorazione »; di visitare in quei santi giorni « il Sacramentato nostro Gesù ».41
Riteneva l’adorazione il mezzo più
idoneo per « riscaldarsi del
fuoco del santo Amore ».42 La praticò sempre, anche quando più intensa era
l’attività. Dichiara: « In
Lui [Gesù Sacramentato] troveremo tutti i conforti ».43
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Promosse l’adorazione e
l’Unione delle adoratrici;44 e gioì nel vedere che l’Unione si affermava.45
Coltivò una speciale devozione al
Sacro Cuore di Gesù, dolce rifugio per la sua anima assetata di amore: « Oh come è vasto e bello il soggiorno del Cuore
amabilissimo di Gesù! Questo è il luogo dove io trovo riposo stanca, conforto
afflitta, fortezza nella debolezza mia, e ciò che consolami è il pensare che
tutti ponno in questo ricorrere, sicuri di tutto ottenere ».46 « Oh! come tutti
sente i diletti l’anima, che con fede viva entra in quel forame d’amore »;47 « da quel soggiorno di pace partiremo piene di coraggio e zelo ».48
Con fervore faceva la novena del
Sacro Cuore, « onde ottenere da
quell’amabilissimo Cuore la grazia di crescere nel santo suo amore »,49 e ne faceva celebrare la festa nell’Istituto con particolare
solennità.
Con zelo diffuse questa devozione,
distribuendo libretti ed opuscoli. Il 22 febbraio 1844 scriveva all’amica
Giovanna - 415 -
Larcher: « Colla
prima occasione, vi manderò i libretti per le persone che ascriveste al Sacro
Cuore. Fate, mia cara, quanto più potete, perché questo amabilissimo Cuore sia
conosciuto ed amato ».50
Il 6 luglio 1839 scriveva a don
Andrea Agostinelli: « Mi
duole non poterle recare il piacere di ascrivere le Suore al Sacro Cuore di
Gesù; ma sono certa ch’Ella goderà, intendendo che sono tutte ascritte».51
Ebbe pure una tenerissima
venerazione per Maria Santissima, che aveva presa come guida e modello. Ne
parla lei stessa in una mirabile lettera: « Oh quante grazie mi vennero per mano della Madonna! Scelsi questa
gran Madre fin dalla mia giovinezza, onde condottiera mi fosse nel gran
tragitto che far io debbo per giungere ad unirmi per sempre con
Essa.
Viva era la mia brama di seguirla
fedelmente; ma, oh Dio! molte volte mi allontanai, ed Ella pietosa in braccio
mi prese, perché debole mi vedeva. E ciò non bastò; accarezzare mi fece dal
diletto suo Figlio, per cui presa dal suo amore altro non chiesi che santo
amore, il quale viene provato di quando in quando per vedere se è puro. In tali
momenti Maria mi conforta ».52
Dichiara: « Bramo solo che il mio cuore sia tutto acceso
dell’amore suo [di Maria SS.], che è tanto dire di quello di Gesù ».53
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Pregava e sperava di
ottenere, per l’intercessione della Madonna, « l’accrescimento nel santo amore di Dio e la
santa perseveranza »;54 la « cara nostra Mamma [...], quando sto per cadere, mi prenda in
braccio, ed allora sì sarò certa di mai disgustare l’amabilissimo suo Figlio e
mio Gesù ».55 Nel suo aiuto confidava per compiere bene i suoi doveri.56
L’amore la portava a
seguire l’esempio della Madonna: « Desidero ardentemente che la mia divozione sia
con sì cara Madre non superficiale, ma effettiva, per cui presti parlassero in
me i fatti che le espressioni [...]. Ah, le virtù da Maria praticate siano
impresse nel mio cuore! ».57
Sperimentava continuamente la potente
protezione della Madre celeste, che le impetrava abbondanti grazie dal Signore.
Scrive a don Marco: « Avrà
pure inteso dal Molto Reverendo nostro Padre, come la Madonna è venuta colle
particolari benedizioni sue sopra di me poveretta. Oh quante prove ci dà questa
nostra dolcissima Madre di sua protezione! La preghi, perché non si allontani
mai da noi colla sua grazia ».58
Si rivolgeva a lei con
fiducia.59 Quando
venne inviata al conservatorio delle Zitelle, che attraversava un momento
difficile, lo pose sotto la protezione della Beata Vergine e i risultati
positivi non tardarono. Le lettere ne conservano il ricordo: « Fui nella Chiesa per consacrarmi nuovamente al
buon - 417 -
Gesù ed alla Madonna, che pregai essere la Superiora in questa
Casa. Sotto il suo manto posi tutte quelle che dovevano essermi affidate. Non
respiravo, ma continuamente pregavo, credo non mentire; così continuo ancora,
quantunque pochi momenti abbia da orare. Indi mi sono presentata [...].
Incontrammo, passando, le fanciulle che, salutate, fuggi fuggi andavano a
pranzo. Più tardi le visitammo e loro parlai e le vedemmo elettrizzarsi.
Siamo pure passate dalle Anziane,
che trovammo in Refettorio. Col bacio, ch’io loro davo a ciascuna, qualche
parola aggiunsi, come venivami data dal Signore.
Finalmente annunciai a tutte ch’io
pregavole di avermi tra loro quale sorella ed amica, mentre la Madonna era
scelta da me a Superiora di questa Casa. Molte si commossero, ma non tutte.
Oh, la Madonna seppe addolcire anche
quelle che mostravansi contrarie! Sì, la Madonna è la grande Superiora! Non era
passato il giorno che i cuori tutti si erano ben disposti; e benedicono Iddio,
ch’è tanto buono, e la Madonna, che mi abbia qui mandata […]. Insomma, umiliata
nel mio niente, loderò la Madonna e, per onorarla, procurerò di fare e patire
contenta, per il suo e mio Gesù ».60
Riconosce quindi: « Oh la grande forza che tiene l’orazione!
Nell’altra mia, scrittavi il 25 agosto, vi accennavo che molti mezzi mi si
presentavano per purificare me stessa, ed invero non mancano mai, quando
vogliamo approfittare; però quello, che maggiormente sentivo con qualche pena,
era il sapere come queste Zitelle Anziane, così chiamate dopo la divisione
fatta colle Educande, che a ventiquattro anni devono - 418 -
sortire
dall’Istituto, si mostrarono sempre scontente di noi Dorotee. Ma che cosa
volete, mia Cara, molte persone pregavano e continuano; spero che voi pure
coll’amata Vostra Comunità, mi ricorderete a Dio.
Dalla fiducia dunque nell’orazione,
e dal Patrocinio della nostra cara Madre Maria, che particolarmente invocai
sotto il titolo del Buon Consiglio, ritengo il cambiamento, che fecero di
pensamento, queste buone creaturine ».61
Esortava gli altri a ricorrere fiduciosi alla Madonna:
« Maria è la nostra buona Madre; per mezzo suo più
facilmente ci vengono le grazie. Non sa questa cara Madre rifiutarsi a chi la
invoca; non lasciamo di pregarla, ed Ella ci mostrerà quanto potere abbia in
cielo pure sopra Gesù ».62
Madre Rachele fu molto devota della
vergine e martire Santa Dorotea, protettrice dell’Istituto. Ne promosse la
devozione tra le suore, le fanciulle e le giovani.
Il 6 febbraio, giorno della festa,
di consueto il patriarca si recava nella cappella delle suore per la Messa e
l’omelia. Venivano celebrate molte altre Messe, alle quali partecipavano i
fedeli e le iscritte alla Pia Opera.63
Madre Rachele pregava con fervore
Santa Dorotea. A lei si ispirava nello zelo per la conversione delle anime64 e fiduciosa ricorreva alla sua intercessione
per ottenere grazie dal Signore.65
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Così fece, ad esempio,
nella malattia della Sanfermo. La si piangeva come morta, ma « il Signore, per mezzo di
S.ta Dorotea, ce la ridonò ad un tratto sana; cosa che il
Medico dichiarò prodigiosa ».66
Ella stessa, gravemente inferma, il
4 febbraio del 1852 aveva ricevuto il Viatico, e verso sera fu esposto il
Santissimo per pregare per la sua agonia, ma all’inizio del giorno 6, festa di
Santa Dorotea, ebbe un così sensibile miglioramento da suscitare la meraviglia
del medico curante.67
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