- 422 -
4. Carità ardente.
A – Amore
di Dio
Madre Rachele esercitò la virtù
della carità in grado eminente. Amava intensamente il Signore; cercava di
corrispondere - 423 -
pienamente al suo amore86 e bramava di consumarsi tutta per amor
suo.87 Esclama: « Oh felice consumazione! Oh cara vita, la vita
dell’amore! Con questa si vince ciò che non piace all’umanità, la quale avrà
sempre qualche cosa da combattere ».88
Chiede a don Marco: « Faccia, per carità, di aspirare qualche volta
per la povera mia anima che, attorniata da mille faccende, si va consumando pel
dolore di non amare quanto dovrebbe l’Amante suo ».89
Suo impegno costante fu di adempiere
perfettamente e amorosamente la divina volontà, qualunque essa fosse, anche a
costo della vita.90
Scrivendo al Farina, nominato
vescovo, esclama: « Oh
bella volontà di Dio! sazietà dell’anima, calma nelle angustie, fortezza
soavissima in tutte le circostanze della vita. Oh amabilissima volontà di Dio !».91
Al Teloni dice: « Oh bella parola! si faccia la volontà di Dio.
Sì, questa basta per saziare l’anima, e rendersi con ciò contenta di tutto. Ripetiamola
spesso, ma più quando qualche - 424 -
pensiero tristo ci assale, dimandiamo
alla nostra anima: che cerchi? ed essa col lume della fede ci risponderà:
tranquillizzati e fa la volontà di Dio. Oh! amabilissima volontà, tu sola mi
basti ».92 Per essa è pronta a morire: « Io non posso sentire nominare quell’amabile volontà, senza
interessarmi ad eseguirla, quand’anche mi costasse la vita, perché credo sarei
ben felice lasciar di vivere, per uniformarmi a quello ch’è perfetto anche nel
suo volere ».93
Adorava le disposizioni divine e non
si opponeva mai ad esse; le amava « se fosse possibile, infinitamente ».94 Dalle mani di Dio accettava tutto quello che di prospero o di
avverso accadeva a lei e all’Istituto: « Ricalcitri pure la mia umanità, ma ripeterò sempre, colla grazia
del mio Gesù, che altro non voglio che il suo volere, benedicendolo in ogni
evento ».95
A tutti chiedeva preghiere, per
avere la grazia di compiere la divina volontà,96 ed esortava le suore e le amiche a conformarsi
sempre ad essa. È questa « la
via più pronta e facile » per
farsi santi.97 Dio,
infatti, si comunica alle anime che stanno unite alla sua volontà; e si ha così
la pace dello spirito e la vera felicità.98
Sospirava di essere disprezzata e di
patire per amore di - 425 -
Gesù.99 Le era dolce ogni pena sofferta per Lui, convinta che la via della
Croce era la più sicura,100 e teneva « continuamente
l’occhio dell’anima nel Crocefisso ».101
Nell’ultimo periodo della sua breve
esistenza fu afflitta da varie malattie. Le sopportò tutte con serenità, per
amore del Signore, per la sua gloria e per la salvezza delle anime.102
Nel marzo del 1842 fu colpita da un
male agli occhi che, all’inizio, apparve ai medici incurabile. La Sanfermo ne
informò il Farina, chiedendo preghiere: « Ella può immaginarsi la nostra afflizione, ma vedendo la
tranquillità e contentezza della stessa, fa sì che illudiamo per qualche
momento il nostro dolore ».103
Dieci giorni dopo, gli scrive
ancora: « Lei può immaginarsi il nostro dolore, ma che
dobbiamo nasconderlo, perché questo sarebbe atto a produrre sul cuor della
Superiora quella afflizione, che non sente per la malattia ».104
Madre Rachele accoglieva la
sofferenza come una visita del Signore, che le dava la possibilità di
purificarsi e di avanzare nella perfezione; perciò lo ringraziava.
- 426 -
Dopo 22 giorni di letto,
il 23 settembre 1841, scrisse alla mamma: « Io ero contentissima di essere dal buon Gesù visitata, e gioivo in
pensando che potevo con questo mezzo purificare l’anima mia ».105
Il 16 agosto 1842, nel comunicare al
patriarca Monico la notizia del legato lasciato dalla Panzerini all’Istituto
per la fondazione della casa di Cemmo, commentava: « Tra le molte [benedizioni] riguardo colla
massima gratitudine quella di essere costantemente visitata con qualche
incomodo,
che serve a tenermi presente il nulla ch’io sono e il tutto ch’Egli
è ».106
Alla Madre Costanza Carolina Mangiagalli,
che era stata ammalata, scrisse: « Godiamo adunque delle afflizioni, che il buon Gesù ci manda;
riceviamole come i più cari pegni del suo affetto, dirò anzi, credo con San
Francesco di Sales, che - 427 -
tali momenti sono i più preziosi, venendo con
ciò l’anima purificata, come fanno gli orefici, ponendo l’oro nel fuoco.
Difatti sente allora l’anima la
necessità di ricorrere al suo Gesù, e trova tutto vano fuori di Lui, e
riconosciuta questa verità, si spoglia a poco a poco di se stessa, sospirando
vestirsi del buon Gesù ».107
Ogni volta che la malattia la
portava vicino alla morte, il pensiero di unirsi per sempre a Dio le era motivo
di gioia, perché vedeva imminente la realizzazione del desiderio a lungo
coltivato.
Solo per ubbidienza a mons. Balbi
chiedeva al Signore il ristabilimento delle forze, onde poter continuare a
lavorare per la gloria di Dio e il bene delle anime.108
Viveva l’aspirazione paolina di
liberarsi dal corpo per essere con Cristo.109
Nell’agosto del 1841 confessa a don
Luca: « Sì, l’anima mia non desidera che Gesù; e veduto
ho vicino il momento di giungere a possederlo eternamente, ma così non fu ».110
Alcuni giorni dopo manifesta a mons.
Carlo Ferrari, vescovo di Brescia: « L’anima mia sospira di essere sciolta dai lacci del corpo, a cui è
vincolata, ed ha con gioia veduto, il giorno 10 del decorso, vicino il felice
momento; ma l’obbedienza ha scostato quest’ora, ed io penando sì, ma per amore
- 428 -
alla cara virtù dell’obbedienza, ho dovuto unirmi a chiedere al buon
Gesù nuovi giorni ed accrescimento di grazia, onde cooperare alla maggior sua
gloria ».111
Nell’agosto del 1843 ripete a don
Marco: « Io mi stavo nella speranza di lasciare questo esilio
e gioivo, quantunque dicessi all’ottimo Monsignore che S. Paolo esclamava: ‘Cupio
dissolvi et esse cum Christo’, ed io invece dico: Cupio dissolvi et esse in Purgatorio. Là sono certa di non offendere più il buon Gesù; ciò mi basta.
Però sia fatta la volontà di Dio perfettamente anche per questo; vita, o morte,
colla stessa indifferenza, procuro di ricevere ».112
Aveva orrore del peccato113 e rifuggiva da esso; era disposta a morire « prima di far cosa che non fosse secondo il cuore
del suo Gesù »; « piuttosto che far cosa contraria alla sua
volontà »; « che eseguire ciò che contrario fosse a Dio ».114
La stessa disposizione manifesta
riguardo al peccato lieve deliberato. Confida a don Marco: « Sì, le ripeto, ma di cuore, che altro non
desidero su questa terra fuori che la volontà di Dio s’adempisca in me
perfettamente, anzi più volte al giorno dico al buon Gesù [...] che mi faccia
morire quel momento stesso ch’io avessi a condiscendere ad un solo pensiero
contrario alla sua volontà, perché preferisco il cessare di vivere, che operare
la più piccola cosa, che fosse contro Dio ».115
Al card. Patrizi scrive: « Con sincerità dico a Vostra Eminenza
- 429 -
ch’io sarei contenta di morire piuttosto che il Signore permettesse
che avvertitamente commettessi una cosa, benché piccola, contraria alla sua
S.ta volontà ».116
Alle suore raccomandava di vegliare
attentamente sulle piccole cose, per non cadere nelle grandi mancanze: « Vergogniamoci proprio tutte le volte che non
sappiamo vincere noi stesse per amore di Quello che, dopo aver consumato sua
vita onde salvarci, con tanta carità ci chiamò alla sua dolce sequela ».117
Ricorda il monito di S. Teresa: « Per mezzo delle piccole cose, il demonio va
trivellando e facendo buchi, per dove poi entrano le cose molto grandi. Onde la
causa, perché stanno i monasteri ed anco le Religioni tanto scadute, si è
perché fanno poco conto di cose piccole ».118
Le era motivo di grande pena
l’indifferenza e l’ingratitudine di molti che vivevano dimentichi dell’amore di
Dio e Lo offendevano con il peccato.
Confida ad una suora: « Quanto soffro in vedere tanti cristiani non
curare quello che li sorregge continuamente. Potessi almeno in parte risarcire
il nostro buon Dio! Preghi e preghi ».119
Ripete a don Marco: « Oh, come più fiate è oppressa l’anima mia!
Qualche volta non ho potuto trattener le lagrime, vedendo la maggior parte dei
cristiani peregrinare nella terra d’esilio, dimenticando affatto il suo
Creatore.
- 430 -
Vorrei veder tutte le
anime assetate dell’acqua della fonte viva di Dio, ma quanto sono diversi i
desideri di molti. Con la piena del dolore, io li veggo calcare la via
dell’inferno; e tanto sente ribrezzo l’anima mia che, se le fosse concesso,
esclamerebbe: sciogli, o Signore, i miei lacci, e donami l’eterno riposo; ma in
quella vece prego lume dal buon Gesù, onde allontanare possa almeno qualcuna
dalla strada larga. Ed Egli, carità infinita, anche ieri mi ha donato la
consolazione di togliere una giovane dal prossimo pericolo di cadere, forse per
sempre, nelle mani del nemico. Ora trovasi presso di me. Ella preghi e faccia
pregare, acciò trionfi il nostro Gesù ».120
B – Amore del prossimo
Madre Rachele scrive a don Marco: « Facciamo che le opere dette esteriori abbiano la
radice dell’amore di Dio, e manderanno la soavità dell’odore sopra il nostro
prossimo, e sarà l’utilità ».121
Dall’amore di Dio scaturiva in lei
quello per il prossimo. Innanzitutto, ella amava le suore ed era sollecita nel
provvedere alle loro necessità materiali e spirituali.
All’inizio, colpita dalla miseria
delle Figlie dell’Addolorata, si adoperò subito per restaurare la vecchia casa,
migliorare il vitto e potenziare la loro formazione religiosa e apostolica.
Con tenerezza materna seguiva le
suore ammalate ed era sollecita nel provvedere che avessero le cure necessarie;
le confortava e le guidava spiritualmente a sopportare la sofferenza per amore
del Signore.
- 431 -
Riteneva che le ammalate
erano occasione di meritare. Il 27 novembre 1844 scrive a suor Maria Eletta
Toniolli ammalata: « Mi
rincresce che siamo tanto distanti; volentieri vi vorrei qui, già sapete che le
ammalate non mi danno pena, godendo anzi molto per essere desse mezzo di
meritare alle altre sorelle ».122
Affermava: « Sento il cuore così pronto per le mie figlie,
che mi addosserei i mali tutti, che apparecchiati vedessi per loro ».123
Alla fermezza nell’esigere l’osservanza
regolare sapeva unire comprensione, pazienza e dolcezza. Confessa: « Oh come patisco, quando ho bisogno di usare
della fortezza! Vorrei proprio che il santo amore le conducesse ».124
Le suore intuivano l’intimo
logorarsi della Madre per loro, sentivano il suo grande affetto e lo
ricambiavano.125
Evitavano di arrecarle dispiacere e risentivano della sua assenza, quando ella
doveva allontanarsi per qualche giorno dall’Istituto.
Nel 1843, avendo Madre Rachele
manifestato apertamente che non voleva essere riconfermata nell’incarico di
superiora, « si misero tutte
le figlie in afflizione ».126
Desiderava che il suo cuore ardesse
di santa carità, per poter accendere gli altri, specialmente quelli che erano
freddi per - 432 -
Gesù,127 al punto di esclamare: « Se potessi, mi contenterei essere tagliata in pezzi,
affine di giovare al mio prossimo ».128
Il suo amore mirava innanzitutto
alla salvezza delle anime. Ella era una contemplativa
innamorata dell’apostolato: « gira per la città, per amore dell’Amato, niente altro sospirando
che di vederlo da tutti conosciuto ».129
Per il bene delle anime è pronta a
consumarsi tutta,130 a dare
anche la vita: « Quello
mi addolora è il vedere come tanti e tante vivono nulla pregiando l’anima loro.
Oh quanti disordini si vedono! Io confesso il vero, sente l’anima mia tanta
pena per ciò che, se fosse possibile, si contenterebbe a morire tante volte,
quante scorge persone che vivono dimentiche della loro eterna salvezza ».131
Dichiara a don Luca: « Venezia, oh Dio! mi contenterei di morire tante
volte quante sono le persone che vivono così dimenticate della propria salute.
Oh come sarei felice, se con questo mezzo si potesse far loro conoscere
l’errore in cui si trovano!
Dio è da pochi amato. Oh cecità!
Preghi Ella, perché lo Spirito Santo discenda sopra di tutti, per cui, accesi
della santa carità, lo amino davvero ».132
- 433 -
Risuonavano in lei le
parole di San Paolo: « L’amore
di Cristo ci sprona ».133 Nel lavoro apostolico si sentiva infiammata
dell’amore di Gesù, di cui il suo cuore traboccava. Esclama: « Aiutata dal Signore, che sempre supplicherò,
andrò incontro ad ogni umiliazione, non curando la sensibilità del mio sentire
nella misera mia umanità, purché venga più amato il nostro dolcissimo Amante Gesù Sacramentato ».134 Il suo zelo non conosceva limiti. Vuol farsi tutta a tutti per
tutti guadagnare a Cristo;135 desidera di « poter giovare a tutto il mondo » e di « aver la consolazione di farlo amare da tutte le creature che sono
nel mondo ».136
Sin dall’inizio troviamo Madre
Rachele al centro di una vasta ed intensa attività (Pia Opera, oratorio,
scuola), che andò sempre più estendendosi, senza che nulla, neppure la malferma
salute, potesse mai arrestarne il ritmo.
Dichiarò al patriarca Monico: « Non guarderemo né a fatica né a dicerie, ma
confortate dall’esempio di Gesù Cristo che attese con tanta pazienza la
Samaritana per farla sua apostola, benché gli stessi suoi Discepoli di lui
mormorassero, così noi, colla grazia del Signore, ci terremo forti come la
Cananea che vinse lo stesso Gesù ».137 Per tutta la vita restò fedele a questo
impegno!
Nel suo amore per il prossimo erano al
primo posto le - 434 -
fanciulle e le ragazze. Speciale attenzione rivolgeva
a quelle che avevano maggiore bisogno spirituale e materiale, o erano esposte a
pericoli.138
Non si fermò mai nella sua missione
di amore. Quasi presaga scrisse: « La vita è breve, per cui bisogna con gelosia far conto del tempo,
il quale passato bene, saremo contente, altrimenti ci servirà di rimprovero ».139
Ella stessa ci svela il segreto
dell’efficacia della sua attività: « Il mio cuore sia sempre solo con Gesù, anche in mezzo alla vita attiva ».140
Trasmise tale zelo alle suore,
ripetendo loro che dal vero amore per Dio discende quello per il
prossimo.141
|