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Vincenzo Carbone
Una contemplativa nella vita attiva. M. Rachele Guardini

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  • Volume I. LA VITA E L’OPERA.
    • Capitolo XVIII. ITINERARIO A DIO.
      • 4. Carità ardente.
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4. Carità ardente.

 

A – Amore di Dio

Madre Rachele esercitò la virtù della carità in grado eminente. Amava intensamente il Signore; cercava di corrispondere


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pienamente al suo amore86 e bramava di consumarsi tutta per amor suo.87 Esclama: « Oh felice consumazione! Oh cara vita, la vita dell’amore! Con questa si vince ciò che non piace all’umanità, la quale avrà sempre qualche cosa da combattere ».88

Chiede a don Marco: « Faccia, per carità, di aspirare qualche volta per la povera mia anima che, attorniata da mille faccende, si va consumando pel dolore di non amare quanto dovrebbe l’Amante suo ».89

Suo impegno costante fu di adempiere perfettamente e amorosamente la divina volontà, qualunque essa fosse, anche a costo della vita.90

Scrivendo al Farina, nominato vescovo, esclama: « Oh bella volontà di Dio! sazietà dell’anima, calma nelle angustie, fortezza soavissima in tutte le circostanze della vita. Oh amabilissima volontà di Dio !».91

Al Teloni dice: « Oh bella parola! si faccia la volontà di Dio. Sì, questa basta per saziare l’anima, e rendersi con ciò contenta di tutto. Ripetiamola spesso, ma più quando qualche


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pensiero tristo ci assale, dimandiamo alla nostra anima: che cerchi? ed essa col lume della fede ci risponderà: tranquillizzati e fa la volontà di Dio. Oh! amabilissima volontà, tu sola mi basti ».92 Per essa è pronta a morire: « Io non posso sentire nominare quell’amabile volontà, senza interessarmi ad eseguirla, quand’anche mi costasse la vita, perché credo sarei ben felice lasciar di vivere, per uniformarmi a quello ch’è perfetto anche nel suo volere ».93

Adorava le disposizioni divine e non si opponeva mai ad esse; le amava « se fosse possibile, infinitamente ».94 Dalle mani di Dio accettava tutto quello che di prospero o di avverso accadeva a lei e all’Istituto: « Ricalcitri pure la mia umanità, ma ripeterò sempre, colla grazia del mio Gesù, che altro non voglio che il suo volere, benedicendolo in ogni evento ».95

A tutti chiedeva preghiere, per avere la grazia di compiere la divina volontà,96 ed esortava le suore e le amiche a conformarsi sempre ad essa. È questa « la via più pronta e facile » per farsi santi.97 Dio, infatti, si comunica alle anime che stanno unite alla sua volontà; e si ha così la pace dello spirito e la vera felicità.98

Sospirava di essere disprezzata e di patire per amore di


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Gesù.99 Le era dolce ogni pena sofferta per Lui, convinta che la via della Croce era la più sicura,100 e teneva « continuamente l’occhio dell’anima nel Crocefisso ».101

Nell’ultimo periodo della sua breve esistenza fu afflitta da varie malattie. Le sopportò tutte con serenità, per amore del Signore, per la sua gloria e per la salvezza delle anime.102

Nel marzo del 1842 fu colpita da un male agli occhi che, all’inizio, apparve ai medici incurabile. La Sanfermo ne informò il Farina, chiedendo preghiere: « Ella può immaginarsi la nostra afflizione, ma vedendo la tranquillità e contentezza della stessa, fa sì che illudiamo per qualche momento il nostro dolore ».103

Dieci giorni dopo, gli scrive ancora: « Lei può immaginarsi il nostro dolore, ma che dobbiamo nasconderlo, perché questo sarebbe atto a produrre sul cuor della Superiora quella afflizione, che non sente per la malattia ».104

Madre Rachele accoglieva la sofferenza come una visita del Signore, che le dava la possibilità di purificarsi e di avanzare nella perfezione; perciò lo ringraziava.


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Dopo 22 giorni di letto, il 23 settembre 1841, scrisse alla mamma: « Io ero contentissima di essere dal buon Gesù visitata, e gioivo in pensando che potevo con questo mezzo purificare l’anima mia ».105

Il 16 agosto 1842, nel comunicare al patriarca Monico la notizia del legato lasciato dalla Panzerini all’Istituto per la fondazione della casa di Cemmo, commentava: « Tra le molte [benedizioni] riguardo colla massima gratitudine quella di essere costantemente visitata con qualche incomodo, che serve a tenermi presente il nulla ch’io sono e il tutto ch’Egli è ».106

Alla Madre Costanza Carolina Mangiagalli, che era stata ammalata, scrisse: « Godiamo adunque delle afflizioni, che il buon Gesù ci manda; riceviamole come i più cari pegni del suo affetto, dirò anzi, credo con San Francesco di Sales, che


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tali momenti sono i più preziosi, venendo con ciò l’anima purificata, come fanno gli orefici, ponendo l’oro nel fuoco.

Difatti sente allora l’anima la necessità di ricorrere al suo Gesù, e trova tutto vano fuori di Lui, e riconosciuta questa verità, si spoglia a poco a poco di se stessa, sospirando vestirsi del buon Gesù ».107

Ogni volta che la malattia la portava vicino alla morte, il pensiero di unirsi per sempre a Dio le era motivo di gioia, perché vedeva imminente la realizzazione del desiderio a lungo coltivato.

Solo per ubbidienza a mons. Balbi chiedeva al Signore il ristabilimento delle forze, onde poter continuare a lavorare per la gloria di Dio e il bene delle anime.108

Viveva l’aspirazione paolina di liberarsi dal corpo per essere con Cristo.109

Nell’agosto del 1841 confessa a don Luca: « Sì, l’anima mia non desidera che Gesù; e veduto ho vicino il momento di giungere a possederlo eternamente, ma così non fu ».110

Alcuni giorni dopo manifesta a mons. Carlo Ferrari, vescovo di Brescia: « L’anima mia sospira di essere sciolta dai lacci del corpo, a cui è vincolata, ed ha con gioia veduto, il giorno 10 del decorso, vicino il felice momento; ma l’obbedienza ha scostato quest’ora, ed io penando sì, ma per amore


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alla cara virtù dell’obbedienza, ho dovuto unirmi a chiedere al buon Gesù nuovi giorni ed accrescimento di grazia, onde cooperare alla maggior sua gloria ».111

Nell’agosto del 1843 ripete a don Marco: « Io mi stavo nella speranza di lasciare questo esilio e gioivo, quantunque dicessi all’ottimo Monsignore che S. Paolo esclamava: Cupio dissolvi et esse cum Christo’, ed io invece dico: Cupio dissolvi et esse in Purgatorio. sono certa di non offendere più il buon Gesù; ciò mi basta. Però sia fatta la volontà di Dio perfettamente anche per questo; vita, o morte, colla stessa indifferenza, procuro di ricevere ».112

 

Aveva orrore del peccato113 e rifuggiva da esso; era disposta a morire « prima di far cosa che non fosse secondo il cuore del suo Gesù »; « piuttosto che far cosa contraria alla sua volontà »; « che eseguire ciò che contrario fosse a Dio ».114

La stessa disposizione manifesta riguardo al peccato lieve deliberato. Confida a don Marco: « Sì, le ripeto, ma di cuore, che altro non desidero su questa terra fuori che la volontà di Dio s’adempisca in me perfettamente, anzi più volte al giorno dico al buon Gesù [...] che mi faccia morire quel momento stesso ch’io avessi a condiscendere ad un solo pensiero contrario alla sua volontà, perché preferisco il cessare di vivere, che operare la più piccola cosa, che fosse contro Dio ».115

Al card. Patrizi scrive: « Con sincerità dico a Vostra Eminenza


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ch’io sarei contenta di morire piuttosto che il Signore permettesse che avvertitamente commettessi una cosa, benché piccola, contraria alla sua S.ta volontà ».116

Alle suore raccomandava di vegliare attentamente sulle piccole cose, per non cadere nelle grandi mancanze: « Vergogniamoci proprio tutte le volte che non sappiamo vincere noi stesse per amore di Quello che, dopo aver consumato sua vita onde salvarci, con tanta carità ci chiamò alla sua dolce sequela ».117

Ricorda il monito di S. Teresa: « Per mezzo delle piccole cose, il demonio va trivellando e facendo buchi, per dove poi entrano le cose molto grandi. Onde la causa, perché stanno i monasteri ed anco le Religioni tanto scadute, si è perché fanno poco conto di cose piccole ».118

 

Le era motivo di grande pena l’indifferenza e l’ingratitudine di molti che vivevano dimentichi dell’amore di Dio e Lo offendevano con il peccato.

Confida ad una suora: « Quanto soffro in vedere tanti cristiani non curare quello che li sorregge continuamente. Potessi almeno in parte risarcire il nostro buon Dio! Preghi e preghi ».119

Ripete a don Marco: « Oh, come più fiate è oppressa l’anima mia! Qualche volta non ho potuto trattener le lagrime, vedendo la maggior parte dei cristiani peregrinare nella terra d’esilio, dimenticando affatto il suo Creatore.


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Vorrei veder tutte le anime assetate dell’acqua della fonte viva di Dio, ma quanto sono diversi i desideri di molti. Con la piena del dolore, io li veggo calcare la via dell’inferno; e tanto sente ribrezzo l’anima mia che, se le fosse concesso, esclamerebbe: sciogli, o Signore, i miei lacci, e donami l’eterno riposo; ma in quella vece prego lume dal buon Gesù, onde allontanare possa almeno qualcuna dalla strada larga. Ed Egli, carità infinita, anche ieri mi ha donato la consolazione di togliere una giovane dal prossimo pericolo di cadere, forse per sempre, nelle mani del nemico. Ora trovasi presso di me. Ella preghi e faccia pregare, acciò trionfi il nostro Gesù ».120

 

B – Amore del prossimo

Madre Rachele scrive a don Marco: « Facciamo che le opere dette esteriori abbiano la radice dell’amore di Dio, e manderanno la soavità dell’odore sopra il nostro prossimo, e sarà l’utilità ».121

Dall’amore di Dio scaturiva in lei quello per il prossimo. Innanzitutto, ella amava le suore ed era sollecita nel provvedere alle loro necessità materiali e spirituali.

All’inizio, colpita dalla miseria delle Figlie dell’Addolorata, si adoperò subito per restaurare la vecchia casa, migliorare il vitto e potenziare la loro formazione religiosa e apostolica.

Con tenerezza materna seguiva le suore ammalate ed era sollecita nel provvedere che avessero le cure necessarie; le confortava e le guidava spiritualmente a sopportare la sofferenza per amore del Signore.


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Riteneva che le ammalate erano occasione di meritare. Il 27 novembre 1844 scrive a suor Maria Eletta Toniolli ammalata: « Mi rincresce che siamo tanto distanti; volentieri vi vorrei qui, già sapete che le ammalate non mi danno pena, godendo anzi molto per essere desse mezzo di meritare alle altre sorelle ».122

Affermava: « Sento il cuore così pronto per le mie figlie, che mi addosserei i mali tutti, che apparecchiati vedessi per loro ».123

Alla fermezza nell’esigere l’osservanza regolare sapeva unire comprensione, pazienza e dolcezza. Confessa: « Oh come patisco, quando ho bisogno di usare della fortezza! Vorrei proprio che il santo amore le conducesse ».124

Le suore intuivano l’intimo logorarsi della Madre per loro, sentivano il suo grande affetto e lo ricambiavano.125 Evitavano di arrecarle dispiacere e risentivano della sua assenza, quando ella doveva allontanarsi per qualche giorno dall’Istituto.

Nel 1843, avendo Madre Rachele manifestato apertamente che non voleva essere riconfermata nell’incarico di superiora, « si misero tutte le figlie in afflizione ».126

Desiderava che il suo cuore ardesse di santa carità, per poter accendere gli altri, specialmente quelli che erano freddi per


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Gesù,127 al punto di esclamare: « Se potessi, mi contenterei essere tagliata in pezzi, affine di giovare al mio prossimo ».128

Il suo amore mirava innanzitutto alla salvezza delle anime. Ella era una contemplativa innamorata dell’apostolato: « gira per la città, per amore dell’Amato, niente altro sospirando che di vederlo da tutti conosciuto ».129

Per il bene delle anime è pronta a consumarsi tutta,130 a dare anche la vita: « Quello mi addolora è il vedere come tanti e tante vivono nulla pregiando l’anima loro. Oh quanti disordini si vedono! Io confesso il vero, sente l’anima mia tanta pena per ciò che, se fosse possibile, si contenterebbe a morire tante volte, quante scorge persone che vivono dimentiche della loro eterna salvezza ».131

Dichiara a don Luca: « Venezia, oh Dio! mi contenterei di morire tante volte quante sono le persone che vivono così dimenticate della propria salute. Oh come sarei felice, se con questo mezzo si potesse far loro conoscere l’errore in cui si trovano!

Dio è da pochi amato. Oh cecità! Preghi Ella, perché lo Spirito Santo discenda sopra di tutti, per cui, accesi della santa carità, lo amino davvero ».132


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Risuonavano in lei le parole di San Paolo: « L’amore di Cristo ci sprona ».133 Nel lavoro apostolico si sentiva infiammata dell’amore di Gesù, di cui il suo cuore traboccava. Esclama: « Aiutata dal Signore, che sempre supplicherò, andrò incontro ad ogni umiliazione, non curando la sensibilità del mio sentire nella misera mia umanità, purché venga più amato il nostro dolcissimo Amante Gesù Sacramentato ».134 Il suo zelo non conosceva limiti. Vuol farsi tutta a tutti per tutti guadagnare a Cristo;135 desidera di « poter giovare a tutto il mondo » e di « aver la consolazione di farlo amare da tutte le creature che sono nel mondo ».136

Sin dall’inizio troviamo Madre Rachele al centro di una vasta ed intensa attività (Pia Opera, oratorio, scuola), che andò sempre più estendendosi, senza che nulla, neppure la malferma salute, potesse mai arrestarne il ritmo.

Dichiarò al patriarca Monico: « Non guarderemo né a fatica né a dicerie, ma confortate dall’esempio di Gesù Cristo che attese con tanta pazienza la Samaritana per farla sua apostola, benché gli stessi suoi Discepoli di lui mormorassero, così noi, colla grazia del Signore, ci terremo forti come la Cananea che vinse lo stesso Gesù ».137 Per tutta la vita restò fedele a questo impegno!

Nel suo amore per il prossimo erano al primo posto le


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fanciulle e le ragazze. Speciale attenzione rivolgeva a quelle che avevano maggiore bisogno spirituale e materiale, o erano esposte a pericoli.138

Non si fermò mai nella sua missione di amore. Quasi presaga scrisse: « La vita è breve, per cui bisogna con gelosia far conto del tempo, il quale passato bene, saremo contente, altrimenti ci servirà di rimprovero ».139

Ella stessa ci svela il segreto dell’efficacia della sua attività: « Il mio cuore sia sempre solo con Gesù, anche in mezzo alla  vita attiva ».140

Trasmise tale zelo alle suore, ripetendo loro che dal vero amore per Dio discende quello per il prossimo.141

 

 




86 « Pieni di meraviglia per la somma carità di Gesù, dovremmo per gratitudine struggerci e con umiltà ed affetto ripetere le parole del grande Apostolo: ‘Chi mi separerà dalla carità di Cristo? no la tribolazione, no le persecuzioni, no la stessa morte’. Questo in effetto è quello che vorrebbe l’anima mia »: lett. n. 717. Su questa terra desidera unicamente amare Dio con tutta l’anima, con tutta la mente, con tutte le forze: cf. lett. n. 863.



87 Cf. lett. nn. 186, 195, 219, 306, 404, 454, 506, 534, 593, ecc.



88 Lett. n. 560.



89 Lett. n. 777.



90 Cf. lett. nn. 213, 417, 622, 627, 645, 668, 673, 740, 810, 880, 1018, ecc.



91 Lett. n. 1135.



92 Lett. n. 481. « Altra brama non sento che quella di compiere l’amabilissima sua volontà »: lett. n. 1139. Desidera « la grazia di non respirare che per adempiere l’amabilissima sua volontà »: lett. n. 641.



93 Lett. n. 763.



94 Cf. lett. n. 515.



95 Lett. n. 321.



96 Cf. lett. nn. 447, 641, 732, 734, 805, ecc.



97 Cf. lett. nn. 985, 682.



98 Cf. lett. nn. 425, 547, 667, 747, 1174.



99 Cf. lett. n. 733. « Mi nasconda Egli nei forami amorosi delle sacrate sue piaghe, per cui, scatenandosi contro di me anche tutto l’inferno, passi la mia vita contenta di sentirmi disprezzare dalle creature, purché Gesù sia il mio tutto »: lett. n. 411. « Io me la passo contenta di soffrire qualche cosa per amore del buon Gesù, certa di fare la sua santissima volontà, che apprezzo più della mia vita »: lett. n. 809.



100 Cf. lett. nn. 307, 964.



101 Lett. n. 903.



102 Cf. lett. n. 805. « M’offersi […] contenta di patire qualunque cosa, purché conceduto mi sia di salvargli delle anime »: lett. n. 378.



103 Doc. n. 67.



104 Doc. n. 69.



105 Lett. n. 581. « La carità infinita di Gesù sa trovare molti modi, onde far meritare le anime sue amanti »: lett. n. 223.

Il 12-3-1843 confidava a don Marco: « il Cuor di Gesù […] mette sopra il corpo qualche male, perché l’anima si purifichi […]; quant’ora dissi, voglio sia detto per me, che tanto imperfettamente agisco, ed è appunto la causa del mio godimento l’essere quasi sempre ammalata, per cui dico al mio Gesù: giacché non so amarvi quanto conviene, voi troppo usate di vostra bontà, dandomi da soffrire, se tal posso dir che sia, perché non patisco, ma gioisco, quando mi viene di tal sorta di regali »: lett. n. 711.

Alla Cocchetti scrisse: « Non v’impauriscano le pene, ma vedetele come  sono: mezzi per purificare le nostre anime; così avanzeranno in virtù e s’avvicineranno a Dio »: lett. n. 1053; cf. lett. nn. 681, 986.



106 Lett. n. 625. I malesseri « servono per farci conoscere la nostra miseria e, ben conosciuta, innalzeremo la nostra mente a Dio, ed allora vedremo con più chiarezza la sua grandezza e bontà »: lett. n. 670. Comunica a don Marco: « Dovrei esser debolissima pel molto sangue che mi trassero anche ultimamente; ma tutt’altro, sto proprio benino, per cui qualche volta sento dolore a cagione del ben stare, persuasa che i patimenti mi sieno necessari »: lett. n. 651.



107 Lett. n. 534.



108 Cf. lett. n. 561.



109 « Ah! l’anima mia sospira proprio di sciogliersi dalle catene di questo corpo, per unirsi al sommo Bene; ma il riflesso che la Vergine piacque in modo particolare a Dio, perché altro non voleva che il suo volere, sono contenta di restarmi nell’esilio per adempire la santissima sua volontà »: lett. n. 186.



110 Lett. n. 558; cf. lett. nn. 562, 563.



111 Lett. n. 567.



112 Lett. n. 740.



113 Cf. lett. n. 406.



114 Lett. nn. 586, 668, 49.



115 Lett. n. 740.



116 Lett. n. 810; cf. lett. n. 417.



117 Lett. n. 1050.



118 Lett. n. 735.



119 Lett. n. 354.



120 Lett. n. 362.



121 Lett. n. 894.



122 Lett. n. 993; cf. lett. n. 994; cap. V, pp. 125-126.



123 Lett. n. 134.



124 Lett. n. 465. « Non vorrei che la troppa violenza, che tutto uso a me stessa per adempire alla volontà di Dio, fosse causa agli altri di pena »: lett. n. 245.



125 « Questa santa loro [delle suore] affezione mi confonde proprio, ma sia lodato anche in ciò Iddio, mentre conoscomi affatto immeritevole di tante dimostrazioni di amore »: lett. n. 854.



126 Lett. n. 762.



127 Cf. lett. n. 986. « Come potrò accendere il fuoco del santo amore nelle ascritte alla Pia Opera, se io non arderò di questo? »: lett. n. 78; cf. lett. nn. 50, 62, 187, 333, 717, ecc.



128 Lett. n. 890; cf. lett. n. 908.



129 Lett. n. 81.



130 Cf. lett. nn. 492, 889. La Madre Sanfermo attesta il grande zelo di Madre Rachele per il «vero bene» e per la salvezza delle animecf. doc. n. 181.



131 Lett. n. 505.



132 Lett. n. 511. « Il mio desiderio è questo: sarei intieramente felice, se avessi la consolazione di vedere tutte le creature amar Dio, e darei la mia vita volontieri per farlo amare »: lett. n. 465.



133 2 Cor. 5,14. « Il solo amore è quello che […] mi spinge »: lett. n. 203.



134 Lett. n. 1143.



135 Cf. lett. n. 1002.



136 Lett. nn. 816, 1062.



137 Lett. n. 9.



138 Cf. pp. 142 ss.



139 Lett. n. 708.



140 Lett. n. 81.



141 Cf. lett. nn. 696, 894, 908.






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