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Capitolo XIX. IL GIUDIZIO DEI CONTEMPORANEI.
Tutti quelli, che conobbero Madre
Rachele, ebbero di lei la più alta considerazione. Le famiglie, presso le quali
ella lavorò nel primo periodo della sua vita, ne apprezzarono la rettitudine e
le eccellenti qualità, serbando di lei un vivo ricordo.
Nel periodo della sua vita
religiosa, qualificate personalità ne attestano l’alta spiritualità, l’insigne
virtù, la passione per la salvezza delle anime, la capacità di guida e di
governo. Ci limitiamo a raccogliere soltanto alcune delle voci più
significative.
Per primo citiamo don Luca, perché
egli ebbe il merito di scoprire i « molti doni di Dio »,
che rendevano Rachele Guardini particolarmente idonea al suo disegno,1 e con fine intuito la
scelse come pietra angolare per la fondazione dell’Istituto delle Suore Maestre
di S. Dorotea di Venezia.
Le sue speranze non andarono deluse.
Ella, infatti, per le singolari doti di natura e di grazia, riuscì a calare
fedelmente nella realtà l’idea di don Luca e a promuovere rapidamente lo
sviluppo dell’Istituto.
Lo stesso don Luca costatò che ella
ottenne « quello che - 462 -
difficilmente avrebbe
potuto altri ottenere »,2 e riconobbe che la Pia Opera, da lei sostenuta,
faceva « meraviglie ».3
Ogni volta che egli si recava a
Venezia, rimaneva « sorpreso
del bene che si ottiene dall’Instituto ».4 Il 2
febbraio 1839 da Venezia scriveva al Farina: « Qui le cose sono sopra modo benedette. Si vede
l’opera del Signore. La Rachele non può far meglio. Siane benedetto il Signore ».5
Alla Marini ripeteva: « Guardate quello che ha fatto la Rachele. Di volta
in volta io rimango sorpreso del bene che si ottiene dall’Instituto ».6
Oltre allo zelo di Madre Rachele,
don Luca ebbe modo di conoscerne e stimarne la non comune virtù, la pietà,
l’ubbidienza, la lealtà, la fortezza di animo e la prudenza soprannaturale.
Grande estimatore di Madre Rachele
fu anche il fratello di don Luca, don Marco, sacerdote di profonda pietà,
maestro di spiritualità e guida esperta di anime elette.
Madre Rachele gli apriva con fiducia
l’animo e si serviva dei suoi consigli. Don Marco, quindi, ne conobbe bene la
ricchezza interiore, e le propose la comunione dei beni spirituali.
Il 25 febbraio 1841 Madre Rachele
gli scrive: « Riguardo
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poi alla bontà ch’Ella ha d’offrirmi di rendere comune il suo col mio
poco bene, le dirò ch’io lo tengo ad una grande misericordia che mi usa il
Signore, per cui, assistita dalla sua carità, spero di poter in avvenire
mettermi in istato di operare più del passato.
Come associato benefico le dirò in
che consiste il mio capitale; io non tengo altro che il volere di Dio, contenta
di tutto quello ch’Egli dispone di me; ed il mio desiderio è questo: sarei
intieramente felice, se avessi la consolazione di vedere tutte le creature amar
Dio, e darei la mia vita volontieri per farlo amare ».7
Don Marco la chiamava « la buona Rachele ».8
Don G. Antonio Farina fu tra quelli
che ebbero modo di meglio conoscere ed apprezzare il nobile animo e l’opera
della Guardini. Nel luglio del 1838, l’accolse nel suo Istituto di Vicenza.
Seguì poi e stimò l’intensa attività da lei svolta a Venezia per la fondazione
della nuova congregazione religiosa e per lo sviluppo della Pia Opera.
Egli ne diede subito questo
giudizio: « Una savissima
Giovine di circa 28 anni, piena di molta abilità, pronta per presentarsi a
qualunque persona e piena di spirito ».9
Il 9 agosto 1838 scrisse a mons.
Balbi: « Da questa ottima giovine spero assai ».10 La sua speranza si realizzò. Dopo due mesi circa egli annota: « Abbiam visto la nostra casa Figliale
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in Campo S. Andrea ben disposta veramente, quantunque nella riforma
non si potessero schivare i soliti inconvenienti per qualcheduna. Ma la brava
Rachele sorpassa tutto, ed in breve avrà ridotto un Istituto formale ».11
Il 23 marzo 1840 le scriveva: « Sentii anco con trasporto i vostri progressi a
Venezia, sia benedetto il Signore ».12
Di fatto, dopo di aver visitato
insieme con Madre Olivieri la casa di Venezia, il 27 settembre 1840 dichiara: « Il buon andamento di quel Instituto recò
meraviglia e sorpresa ».13
Infine, nel dicembre del 1842,
scriveva a Madre Rachele: « Mi
consolo dei vostri progressi ».14
La pietà e lo zelo della Guardini
colpirono le Figlie dell’Addolorata. Per tutte la ex superiora, suor Margherita
Marzari, il 9 agosto 1838 confidava alla Olivieri: « Suor Rachele giovine tanto pia e zelante per il
bene delle fanciullette ».15
Quelle congregate, conquistate dalla
virtù di Madre Rachele, si lasciarono plasmare docilmente, compiendo non lievi
sacrifici per acquisire lo spirito del nuovo Istituto.
Speciale attenzione merita la
testimonianza della Sanfermo. Ella per quindici anni visse accanto a Madre
Rachele, fu sua prima devota collaboratrice e le successe nel governo
dell’Istituto.
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Nelle sue lettere
ricorrono importanti riferimenti alla sua virtù, al suo desiderio di farsi
santa,16 al suo zelo17 e all’influsso che esercitava sulle
ragazze.18
In particolare, la Sanfermo attesta
la forza d’animo, la serenità e la rassegnazione dimostrate da Madre Rachele
nella malattia.19
Riferisce che era contenta
di soffrire per amore di Gesù: « Ella gode ed è contenta
e lieta, quasi
godesse buona salute ».20
Scrive a don Luca: « La pazienza della medesima con cui tollera la
sua malattia dà a tutte noi motivo di prender buon esempio e si chiamerebbe ben
contenta di essere chiamata dal buon Gesù ».21
Alle suore comunica: « Il Signore vuole santa la nostra Madre
Assistente colla prova delle malattie »;22 « Colla infermità vien provata la virtù della
Madre Assistente ».23
La malattia si protrasse per qualche
mese, ma l’inferma - 466 -
continuò a soffrire « con molta pazienza », « in pace, anzi con molta pazienza ogni cosa ».24
Appena le condizioni di salute
migliorarono, Madre Rachele riprese il lavoro per la Pia Opera.25 I dolori non erano cessati, ma ella soffriva
contenta, stando in piedi.26
La Sanfermo sottolinea pure le
spiccate qualità di formatrice possedute da Madre Rachele. Le conosceva bene e
le apprezzava molto; perciò, quando fu superiora, la volle di nuovo maestra
delle novizie. I risultati desiderati maturarono presto ed ella il 13 ottobre
1847 ne informò don Luca, affermando che Madre Rachele era un portento per le
novizie. Il Signore l’aveva dotata per formare delle buone suore. Le novizie
erano « beate di averla ».27
Esprimeva gli stessi pensieri alla
Cocchetti, invitandola a pregare il Signore perché conservasse la salute a
Madre Rachele sì da poter continuare a lavorare per il bene
dell’Istituto.28
Alla stessa Cocchetti il 13
settembre 1849 comunicava: « La Madre Maestra [...] ha dato dei nuovi frutti nel Noviziato
diminuendo le Educande maggiori, diamo di tutto lode al caro Gesù ».
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Grande
fu la reputazione, di cui Madre Rachele godette in tutti gli ambienti religiosi
e civili.
Il provicario generale, mons.
Rizzardo Roberto Balbi, nominato dal patriarca Monico superiore dell’Istituto
delle Suore Maestre di S. Dorotea di Venezia, sin dai primi contatti si rese
conto delle non comuni qualità e virtù della « ottima Rachele », e ringraziò il Farina: « Veramente non potea farci regalo migliore; basta
vederla e trattarla ogni poco per convincersi esser ella nata fatta al bisogno.
Adesso sì che la Pia Opera farà qui dei progressi giganteschi ».29
Non si sbagliava: aveva visto
giusto. Fu così, per merito di Madre Rachele « capacissima per la direzione ».30
Quanto mai autorevole è il giudizio
del patriarca di Venezia, il card. Jacopo Monico. Egli ebbe grande stima di
Madre Rachele, e spesso ne lodò la virtù, la saggezza e lo zelo. La definì « una grand’anima, amante di Dio »;31 « benemerita superiora »;32 « saggia e zelante superiora »;33 « una saggia e zelantissima superiora».34
Nelle visite pastorali, egli poté
costatare i progressi dell’Istituto e della Pia Opera nella città di Venezia.
Il 3 giugno 1840 scrisse a Madre Rachele: « La sacra Visita [...] ci fu cagione di vero spirituale conforto;
mentre abbiam potuto - 468 -
meglio conoscere [...] che ogni cosa vi procede
ottimamente, non solo riguardo allo stato materiale dell’Oratorio e della Casa,
che ricevettero in breve tempo un notabile miglioramento; ma, ciò che più
importa, riguardo all’aumento delle Sorelle, ed allo spirito di carità e di
pace, che le tiene strettamente congiunte fra loro in G.C.,
e che tanto giova al mantenimento della buona disciplina, ed alla edificazione
delle giovinette interne ed esterne. Nell’atto [...] che ci congratuliamo
sinceramente con lei, e con tutte le sue pie Consorelle
per l’esito felice delle loro cure fino ad ora impiegate in questa
santa Opera, le esortiamo tutte a continuarle col medesimo zelo ».35
Il 5 febbraio 1846, ringraziando
Madre Rachele del «Prospetto» della Pia Opera del 1845, il Monico
osservava che non solo si conservava ma si aumentava in lei «quella operosa carità, che cerca
unicamente, ed in tutte le cose la gloria di Dio, e la salute delle anime».
Aggiungeva che avrebbe conservato il
Prospetto «come un nuovo documento
del suo infaticabile zelo».36
Anche il patriarca Pietro Aurelio
Mutti, che successe al - 469 -
Monico, nella supplica del 15 luglio 1853 al
papa Pio IX per l’approvazione dell’Istituto, fa riferimento alla fruttuosa
azione svolta nel conservatorio delle Zitelle alla Giudecca da Madre Rachele
che, con la sua saggezza, vi apportò benefici effetti.37
Il card. Carlo Oppizzoni,
arcivescovo di Bologna, la disse « una Dama Trentina, la quale congiunge pietà a discernimento ».38
Le autorità civili ebbero sempre per
Madre Rachele la più alta stima, apprezzandone la rettitudine e la
saggezza.39
Riconoscevano i vantaggi della missione da lei svolta per la formazione delle
ragazze, e cercarono di favorirla.
Soprattutto, fu ammirata la
trasformazione, che ella in pochi mesi riuscì ad operare nel conservatorio
delle Zitelle, ristabilendovi la concordia e la serenità.
L’I.R. Delegato
provinciale di Venezia, il conte Altan, dopo una visita al conservatorio, ne
partì « contento », « consolato
ed edificato assai ».
Considerò la presenza di Madre
Rachele un dono della Provvidenza, che l’aveva fatta ristabilire in salute, per
inviarla al conservatorio delle Zitelle in un periodo di difficoltà.40
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Il
direttore del conservatorio, conte Filippo Nani, reputava Madre Rachele « ottima » superiora.41 Dopo la di lei morte, auspicò che il suo spirito si conservasse e
si diffondesse sempre più nell’animo delle ragazze e delle suore, e il preclaro
suo esempio fosse seguito da chi ne avrebbe preso il posto.42
Lo stesso Nani, nel comunicare il 19
ottobre 1853 a suor Maria Rosa Sanfermo la designazione a succedere alla « non mai abbastanza compianta Superiora Guardini », esprimeva il desiderio di vederne seguite le
orme da lei, che « con
quelli che più ammiravano la estinta ne divideva la venerazione, e l’affetto ».43
Chiudiamo questa breve rassegna,
raccogliendo la voce di Anna M. Marovich, di cui è in corso la causa di
beatificazione.
Ella, fin dai primi incontri,
conobbe la ricchezza spirituale della Guardini; e tra le due si stabilì una profonda
amicizia, che fu per entrambe sprone ad avanzare nella perfezione.44
La Marovich ci ha lasciato una
preziosa testimonianza dell’intenso amore di Dio, che ardeva nel cuore di Madre
Rachele animandone la vita e le parole.
Il 7 novembre 1838 scrive al suo
direttore don Daniele Canal: « Ieri
sera poi con Sr. Rachele non l’avressimo finita mai, ed essa prima si sentiva
poco bene, ma parlando del Signore - 471 -
guarì. Quella è veramente un’anima
tutta di Dio. Io vorrei essere come lei. Essa è veramente la Filotea delle
conversazioni che sono dietro a scrivere ».45
Due giorni dopo dichiara allo stesso
Canal: « Sr. Rachele non ha bisogno ch’io la ecciti ad
amare il Signore ma piuttosto io sono bisognosa d’essere eccitata da Lei [...],
ma lasciai poi che parlasse anch’essa perché mi compiaceva di udirla a parlare
del Signore ».46
L’11 novembre 1838 comunica al
Canal: « Domani tocca la mia giornata47 assieme con Sr. Rachele. Chi di noi due farà
restare il Signor più contento? Suor Rachele, m’immagino, perché più buona di
me; non ostante farò anch’io il possibile. Se non potrò volare com’essa,
cercherò almeno di correre, ed il Signore accetterà i miei deboli sforzi ».48
Sempre in tema di amore di Dio, il
12 gennaio del 1839 gli scriveva ancora: « Gli domandai [al Signore, dopo la Comunione] se la Pia Unione gli
era accetta e mi disse: La tengo nel cuore. Mi pensai poscia di chiedergli
quale delle aggregate alla Pia Unione lo amasse di più e mi disse: Suor Rachele ».49
Il 30 ottobre di quell’anno confidò
al patriarca Monico: « Ebbi
questa mattina la consolazione di conversare per qualche tempo con Sr.
M.a Rachele, la Filotea delle Conversazioni. Per chi è
obbligato a trattar sempre con gente di mondo, come tocca a me, riesce di sommo
diletto poter qualche volta - 472 -
trovarsi con chi intende il linguaggio
dello Spirito, e sa quanto è dolce ed apprezzabile il Divino Amore ».50
Il 4 febbraio 1852 la Marovich
rispose a Giovanni Pisanello, il quale le aveva comunicato che Madre Rachele
era in fin di vita: « Beata
lei che se ne va così presto in Paradiso. Di età siamo quasi pari, ma non così
lo siamo di meriti. Essa essendo vissuta santamente è già matura pel cielo ».51
Veduta di Preore: olio su tela
di Livio Provasoli Ghirardini, 1936.
Preore, chiesa parrocchiale di
S. Maria Maddalena.
Preore, fonte battesimale del
sec. XVIII.
Veduta di Riva: olio su tela di
Fermini, 1852 (Museo Civico, Riva del
Garda).
Ritratto di Madre Geltrude
Guardini (Casa madre delle Ancelle della
Carità –
Brescia).
Pianta topografica di Venezia
(arch. fotografico del Comune di Venezia).
Planimetria di Venezia
(arch. fotografico del Comune di Venezia).
L’Istituto di S.
Dorotea, in Campo S. Andrea, è segnato con la lettera i.
Un lato del fabbricato dell’Istituto delle Suore Dorotee in Campo
S. Andrea.
Altare della cappella
dell’Istituto a S. Andrea.
Ospizio di S. Pellegrino:
Bologna, Via S. Isaia.
Monastero di S. Pietro: Padova.
Casa delle Suore Dorotee:
Cemmo.
Cortile interno del monastero
S. Spirito: Brescia.
Orfanotrofio «Putte di S. Carlo»: Massa Lombarda.
Conservatorio delle Zitelle
alla Giudecca.
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