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Viva il Cuor di Gesù
e di Maria!
R.mo Monsignore,1
Prima di andare a letto, con pena sì, ma per obbedire dirolle ciò che
tanto m’afflisse lungo la giornata.
Io credo che non siavi al mondo cosa più mostruosa che l’ingratitudine,
eppure l’ho esercitata colla Sig.ria V.ra
R.ma. Il paterno di Lei cuore tante cure si prende per me
miserabile, ed io ho avuto l’ardire di pronunciare che m’inquieto anche con
Lei, e ciò senza addurre il motivo, che toglie in parte almeno la reità del mio
dire.
Unico motivo che vorrei scostarmi dalla Sig.ria
V.ra R.ma, se mi fosse possibile, egli
è per non addolorare il benigno suo cuore. Sì la sua carità parmi le faccia
vedere in me zelo ciò che forse è l’effetto del mio amor proprio; pure le
riprometto, caro Padre, che alla Sacra Mensa2 io m’accosterò, colla grazia
del Signore, quando Ella vuole;3 ma sappia che addolorami il
solo pensarlo; e nell’atto stesso che dolce sarebbemi l’invitarlo Giudice (se
mi fosse permesso) nella speranza ch’Egli mi userebbe misericordia, perché è il
mio Gesù, fammi timore il riceverlo Sacramentato Sposo e Padre, e meditando
ch’Egli è il fiore del campo, il giglio delle valli, fammi dolore questo
pensiero che invece di pascersi tra gigli trova nel mio cuore bronchi e spine,
attesoché le serrature troppo - 23 -
facilmente
vengono dischiuse; non basta ch’Egli abbia scelto un orto privo d’ogni
allettamento, per contemplare tutte le mie iniquità, che giunse fino a versare in
gran copia il Sangue suo preziosissimo; vuol anche entrare in questo immondo
mio cuore, per farlo tutto suo, s’io non resisterò temerariamente.
Sì, la mia volontà è questa di morire piuttosto che oppormi al suo volere;4 e duolmi non saper con santa allegrezza soffrire di
essere non solo lontana dalla perfezione, ma di più ingrata al caro Gesù;
conosco chiaramente che s’Egli, per infinita sua misericordia, non mi
sorreggesse, non vi sarebbe niuna creatura più di me altiera, e perciò capace
di commettere le più grandi iniquità. Questo conoscendo, dovrei umiliarmi e,
quando cado, dire con S. Caterina di Genova: frutta del mio orto, ringraziando
Iddio che veglia su di me.
Lascio, pregandola della carità di compatirmi, assicurandola ch’io
crederei d’ingannarla, se non le lasciassi vedere la cattiva che sono.
Piena di rispetto le bacio la sacra mano ed ho l’onore di dirmi
Umilis.ma
Dev.ma Obbl.ma Serva ed indegna Figlia
Suor Maria Rachele Guardini
Venezia li 11 Gennaio 1840
A Monsignore Reverendissimo
Il
R.mo Monsignor Co. Roberto Balbi
Cavaliere
della Corona Ferrea, ecc. – S.P. Mani
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