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Viva il Cuor di Gesù
e di Maria!
Molto Reverendo Padre,1
Incomodo la Signoria Vostra Reverenda [a] leggere questa mia, onde
pregare la di Lei carità e quella delle mie sorelle, perché si uniscano meco a
ringraziare l’infinita bontà del mio Gesù per la nuova grazia concessaci,
tenuta dal nostro Dottore2
prodigiosa.
Il giorno di S. Lorenzo, Maria Rosa salì sopra un albero per far cadere
delle pere. Lo scosse con forza, continuando [per] qualche tempo.
La fatica, sostenuta con violenza, disorganizzolle una qualche parte
interna dei visceri, per cui ho sentito molte volte desiderio di scriverle,
acciò facesse pregare, ma non l’ho eseguito per timore di turbare l’intenzione
di Lei e della mia cara Madre di venire a Venezia dai ventuno ai ventotto.
E fu obbligata porsi a letto, non potendo più muoversi. La cosa si fece
seria tanto che abbiamo chiamato a consulto il Signor Professore Rima ed altri,
che temevano assai di lei. Nella giornata quindici stava molto male che mi fecero
temere fosse formato lo sfacelo.
Può Ella immaginarsi quanta pena provasse la povera mia umanità.
Continuai ad offerirmi al buon Gesù, contenta - 237 -
di tutto quello ch’Egli avrebbe disposto, ma
senza volere cadevanmi le lagrime come pioggia; quando, spinta da impulso
superiore, chiesi all’ottimo Monsignore se accordavami dimandare a Dio, per
mezzo di S.ta Dorotea, che l’ammalata dovesse la prossima
domenica venire nell’Oratorio nostro a Messa.
La dimanda era umanamente fuor di proposito, ma pure Iddio permise che
ciò ei mi concedesse; molto speravo nella benedizione sua.
Benché non si trovasse bene, ei venne quasi tutti li giorni, ma
l’ammalata non poteva persuadersi di ottenere la grazia, perché sentivasi
troppo aggravata; era inoltre presa dal timore di morire.
La sera del venti, il Signor Medico trovò l’ammalata coi polsi piccoli,
per cui non osò ordinarle sangue, quantunque
accusasse atroci dolori ed avesse forte l’enfiagione agli intestini.
La stessa dimandò se v’era pericolo di restare inferma, e varie altre
cose chiese, finalmente quanto dovrà stare in letto.
Il Medico parlò prima da scientifico, fece vedere che la malattia doveva
essere lunga; poi come ispirato dallo Spirito Santo disse, ma senza nulla sapere
di quello [che] stabilimmo col Superiore: «Si
conforti – aggiunse –, perché Dio è onnipotente; quando Egli voglia, potrà
domenica portarsi a Messa; dimani potrebbe anzi passeggiare per l’orto, e
questa sera levarsi, già s’intende sempre per divino volere».
Alla mattina, di buon ora scrissi al Superiore come aveva la malata
passato la notte, con l’attuale stato che non era buono. Gli narrai ancora
quello [che] aveva il Medico detto la sera avanti.
Stavo dunque attendendo il momento di vederla levarsi, e quando lagnava
dolori la rimproveravo di poca fede, ciò facevo - 238 -
per animarla; ma contro ad ogni
aspettazione, il mio Gesù ridonolle salute robusta, la qual cosa fece restare
meravigliati quanti seppero il caso e la veggono.3
Il nostro Signor Parroco4
aveva conservato la speranza che guarisse, nel corso però di molti mesi, e
sempre portante qualche incomodo. S’immagini da questa relazione lo stato in
cui videla ed era il momento di uno dei consulti.
Voglia Iddio Signore concederci la grazia di corrispondere a tante
misericordie, che versa sopra di noi.
Dopo la funzione dei nostri Voti, Sua Eminenza degnossi scrivere una
lettera, che a me serve di confusione, ma conforta tutte le mie sorelle.
Anche da Genova ne ho ricevuta una, che mi dà buone nuove dell’Istituto.
Sia di tutto benedetto il Signore!
Bacio a Lei ed alla mia cara Madre5
la mano, e pregola benedirci. Piena di rispetto ho l’onore dirmi
Umilissima
Devotissima Obbligatissima
Serva
ed indegna Figlia
Suor
Maria Rachele Guardini
Venezia dì 22 Agosto 1840
Dall’Istituto di
S.ta Dorotea
Al Molto Reverendo Signore
Il Molto
Reverendo Signor D. Antonio Farina
Vicenza
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