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Viva il Cuor di Gesù
e di Maria
Molto Reverendo Padre,1
Eccoci ritornate da Chioggia, dove abbiamo da Monsignor Vescovo2 avuta pienissima autorità di
operare quanto potremo nella diocesi sua.
Le gentilezze, che ci ha usate, non saprei descriverle. Solo dirolle che
giunse a ringraziarci e ad esprimere che gli facciamo una grande carità,
prendendo a cuore la sua greggia. Ho creduto bene mandargli le nostre Regole.
In Chioggia vi sono tre Parrochi,3 uno dei quali Maria Rosa4 temevalo assai; ma che! questo
è stato da noi visitato il primo,5 e per ben tre quarti d’ora ho
continuato a parlargli della Pia Opera e suoi vantaggi, nel quale tempo il cuor
mio parlava con Gesù, perché nulla di chiaro vedeva, quando si espresse così:
faremo, faremo del bene.
Allora si è concertato di portarsi il seguente giorno alla santa
dottrina, per scegliere un drappello di giovanette, onde cominciare; ma non
abbastanza contento di questo, il lunedì le ha nuovamente riunite; ora è
diventato maestro.
Egli parlò con vari Sacerdoti ed è proprio molto impegnato. Trovandomi
col detto Sig. Parroco, qualche volta ho creduto essere col Sig. Conte D.
Marco, mi è anzi succeduto, in congedandomi, riverirlo per lo stesso.
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Ella
ringrazi per noi il Signore, pregandolo ancora acciò ci accresca nel santo amor
suo. Troppo temerei di questo ben andare di cose, se non avessi qualche
particolare regalo dal mio Gesù; il che credo necessario, come le legne per conservare
il fuoco, così le tribulazioni per purificare l’anima.
L’infinita sapienza ha saputo trovar maniera di presentarmene una di
qualche valore.
Ricorderà Ella quell’infelice attaccata dalle convulsioni; si sovvenirà
inoltre non esser io stata persuasa che fosse ammessa ai santi voti, pure
l’anno scorso vinse l’opinione sua, ed è stata ricevuta in prova.6
Conservavo però il pensiero di esercitare sopra questa povera creatura la
carità, mantenendola nell’Istituto perché da molti anni qui era;7 ma nei decreti eterni questo
non fu scritto.
La sera 15 corrente,8 portavami dalla vecchia Agostiniana9 per consolarla, essendo malata
una sua nipote. In andando vidi sortire dalla stanza sua la convulsionaria in
sottoveste e senza abito. Alla stessa dissi, con quiete, non convenire ciò né
alla modestia, né alle Regole nostre un tal modo di sortire. Aggiunsi poi che,
avendola avvertita più volte, credevomi obbligata d’imprimerle un tanto avviso;
perciò si fosse, la mattina seguente, astenuta dalla Santa Comunione.
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Molte
figlie udirono questo, ed io entrai nella camera della Gritti, quando un poco
dopo tali grida si sentirono che restammo spaventate.
Maria Rosa mi pregò lasciarla vedere che cosa fosse. Lo permisi, standomi
tranquilla, quando non più si ode una voce, ma due. Può Ella immaginarsi qual
timore m’assalì. Entrata in quella stanza, io non vedevo, ma potei scorgere poi
che la seconda voce era di una giovanetta spaventata per le grida della prima,
e vidi che stava Maria Rosa dietro la fanciulla, e l’altra era sul letticiuolo
abbandonata, dimenandosi qual serpe, gridando: mi si apra subito che voglio
partire.
Fecimi portare dell’acqua, gliela gettai nel viso come rimedio
utilissimo. Difatti cessolle l’orgasmo, ma continuava però a ripetere di voler
partire.
Le promisi che alla mattina seguente avrei chiesto a
Monsignore10 il permesso e
che ciò verrebbe sicuramente fatto; e così fu, perché dietro il consiglio
del sunnomato nostro Superiore venne accompagnata da una sua sorella, che
trovasi a servizio, e per non aggravarla ho regalato qualche cosa in denaro
affine la potesse collocare presso qualche buona donna.
Feci nel tempo stesso avvertire un suo zio Cappuccino,11 acciò
prendesse cura di lei; ma egli s’adirò e recossi tosto all’Istituto.
Io pensavo già che la passione lo avrebbe fatto sparlare, per cui mi
prostrai avanti al Signore, proponendomi di non
rispondergli altro che si rivolga al Superiore. Oh felice
protesta!
Questo Padre disse quanto poté contro l’Istituto, aggiungendo - 301 -
perdere il concetto
a Monsignore. Disse che per mezzo della polizia mi farà ricondurre sua nipote.
La mia povera umanità non ne poteva più e, per non mancare a quanto eromi
proposta, m’alzai e, ringraziandolo per i datimi avvertimenti, m’allontanai
dalla stanza di ricevimento.
Ella non può pensare quanto mi costò questo prudente atto; mentre due
lettere mi scrisse, che conservo con dolore, attesoché vergate da uno che porta
scolpito il sacerdotale carattere nell’anima sua, e veramente di lui indegne.
Per carità, R.mo Padre, preghi assai, acciò non si
abbia da vedere portare il pesante abito di S. Francesco da chi non ha vestito
della santa mortificazione il cuore.
L’assicuro che mi contenterei patire ogni tormento, purché operasse il
suddetto sacro ministro prudentemente.
Bacio rispettosa la sacra di Lei mano e quella degli altri
R.di Sacerdoti di Lei fratelli.12 Mi presenti
doverosa colla rispettabile sua famiglia
Umilissima Devotissima Obbligatissima Figlia
Suor Maria
Rachele Guardini
Dall’Istituto di S.ta Dorotea il dì 7 8bre 1840
Al Molto Reverendo Signore Conte D.
Luca Passi
Fondatore delle Suore di S.ta Dorotea
Bergamo
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