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2. Primo periodo della
vita.
La vita di Rachele si divide in due
periodi: il primo abbraccia ventinove anni, dalla nascita all’ingresso nella
vita religiosa (1809-1838); il secondo comprende gli ultimi quindici anni
(1838-1853), nei quali si intrecciano i fili della sua vita e quelli
dell’Istituto delle Suore Maestre di S. Dorotea di Venezia.
Scarse sono le notizie circa il
primo periodo; riesce perciò difficile poterlo ricostruire completamente. Le
diligenti ricerche svolte non sono valse a rimuovere il velo, che ancora copre
alcuni punti. Solo di recente si è riusciti a precisare il luogo e la data di
nascita.
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Secondogenita dei coniugi
Bartolomeo Guardini e Domenica Dal Lago, Rachele nacque a Preore (Trento) alle
9 di mattina del 6 maggio 1809, nella casa n. XX.1
Il giorno seguente venne battezzata
dal curato don Bartolomeo Pellegrini nella chiesa dedicata a S. Maria
Maddalena. Le furono dati i nomi di Racaele (sic) Anna Maria. Padrini
furono Cattarina Tomasi e Domenico Floriani, mercanti.2
Non si hanno notizie sulla sua
fanciullezza ed adolescenza. Non sappiamo quando fece la prima comunione e
ricevette la cresima.
La sua prima educatrice fu la buona
e pia mamma, che l’avviò alla pietà ed alla virtù. I suoi insegnamenti
restarono impressi nella mente di Rachele, che il 31 dicembre 1840 le scriveva:
«Ricordo […] gli avvertimenti
vostri. Voi mi raccomandaste di crescere nell’amore di Dio e di pregarlo e
farlo pregare, acciò ci doni di trovarci in Paradiso.
Perché s’adempia quanto voi
desiderate, nulla ometto di ciò che può promuovere la gloria del buon Gesù.
Sì, io spero, per i meriti suoi
infiniti e per la misericordia che tutto dì ci usa, spero giungeremo nella
beata Patria. Colà sarà per noi finito il dispiacere di trovarci divise, anzi
questo sarà, io spero, un motivo che più avrà glorificato Dio, ed a noi sarà di
maggior merito».3
I suoi studi si limitarono al corso
elementare. Le lettere infatti non dimostrano un grado superiore di istruzione.
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Conseguì il titolo per l’insegnamento nella terza classe il 12 giugno
1840, quando era superiora a Venezia.
Notevole invece appare la sua
cultura religiosa. Ella dimostra una soda dottrina spirituale ed ascetica,
acquisita con lo studio personale.
Nelle sue lettere ricorrono
frequenti citazioni della Sacra Scrittura e delle Opere di S. Teresa, di S.
Francesco di Sales e di altri maestri di spirito.
Resta in noi il rammarico di non
poter seguire le tappe del suo itinerario spirituale. I documenti sono avari di
informazioni ed ella è molto riservata, quando vi accenna.
Neppure si conoscono i nomi dei suoi
direttori. Sappiamo soltanto che a Calcinate ebbe per confessore il virtuoso e
zelante parroco don Giovanni Battista Fenaroli.
Non si ha notizia di un diario o di
appunti, che ci sarebbero stati molto utili per conoscere il suo cammino di
perfezione.
Crediamo che, per il suo carattere e
più ancora per il ritmo intenso di lavoro, non ne abbia scritti. A partire
dall’agosto 1838 abbiamo le sue numerose lettere. Esse, oltre a testimoniare la
sua attività e l’alto grado di virtù raggiunto, ci consentono anche di
intravedere le linee essenziali del cammino percorso.
Non possiamo precisare quando
cominciò a lavorare fuori casa. Ne troviamo solo qualche accenno nelle lettere.
Certamente fu presso la famiglia
della baronessa Luigia Salvadori Zanatta di Riva. Il 23 aprile 1841 le
scriveva: «Io l’assicuro che,
quantunque disposizione suprema abbia voluto ch’io mi assentassi dalla sua
casa, ho sempre meco portato scolpito nel cuore vivo il sentimento di
gratitudine, ben dovuto alla tanta umiltà ch’Ella ha con me usata; perciò le
dico avere già formato l’abito di giornalmente - 79 -
pregare,4 acciò il misericordioso Iddio largamente la
ricompensi […]. Benché sia lontana, se posso in qualche maniera servirla, mi
comandi, e ritenga che mi regalerà comandandomi, perché mi tengo ad onore
l’averla servita da vicino altro tempo».5
Trascorse pure un periodo di tempo a
Trento, ove conobbe diverse persone, di cui conservò vivo ed affettuoso ricordo.
Il 23 novembre 1840 manifestava al p. Giovanni Battista Angeli: «Io penso qualche volta a Trento e
m’avveggo che hanno dimenticato la povera scrivente. Ne ringrazio il buon Gesù
che questo permetta, purché ricordata venga quando pregano. Mi farà somma
grazia dir questo alla Larcher ed a chi crede».6
Alcuni riferimenti delle lettere
fanno supporre che ella sia stata presso la famiglia Zanzotti. Scrive infatti
ad Antonia Zanzotti: «Credete, mia
cara, ogni volta che mi date nuove di vostra famiglia, voi sempre esercitate la
detta bella virtù, perché il mio cuore è veramente gratissimo a tutto ciò che
con tanta bontà e gentilezza ricevette dalla vostra famiglia».7
Ancora: «V’assicuro che quantunque lontana io ricordo spesso le
obbligazioni che tengo colla vostra cara famiglia, e più volte abbiamo con
Maria Rosa desiderato d’avervi tra noi»;8
«mi conosco immeritevolissima della
bontà che sempre mi usaste sì voi come gli amatissimi vostri fratelli, per cui
conserverò nel mio cuore viva la gratitudine, anzi con tutta
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sincerità vi dico ch’io godrei sommamente, se vi determinaste di
lasciarvi qui godere con loro»;9
«Passano sì gli anni, ma nel mio
cuore non vien meno la gratitudine per i tanti usatimi favori».10
La gratitudine era così profonda da
farle dichiarare che trovava poca differenza nel compiacersi per le notizie dei
suoi più vicini parenti e per quelle della famiglia Zanzotti.11
Nell’ottobre del 1839, recatasi nel
Tirolo per prendere alcune aspiranti, a Trento fu ospite di Antonia
Zanzotti.12
Viva fu pure la sua amicizia con
Giovanna13 e
Margherita Larcher,14 e
con Maria Rover15 di Trento.
Ebbe ivi rapporti con le Figlie
della Carità (Canossiane). In una sua lettera a don Marco Passi leggiamo: «Io pure delle Figlie della Carità godevo
il loro compatimento, e so d’avere più volte importunato la povera Superiora
Gioppi, acciò mi parlasse di Dio, oppure m’istruisse, ed essa si metteva a
ridere».16
Il riferimento è importante, perché,
oltre a svelarci la brama di istruzione religiosa di Rachele, permette la
datazione approssimativa della sua dimora a Trento. Infatti suor Rosa Gioppi,
trasferita alla casa di Trento il 12 giugno 1828, ne - 81 -
fu nominata
superiora l’8 settembre 1835 e morì il 23 agosto 1836.
Nel 1838 Rachele è a Calcinate
(Bergamo), governante in casa della famiglia dei conti Passi. Non sappiamo
quando vi sia giunta. Le «Memorie
sull’Istituto di S. Dorotea in Venezia» riferiscono che fu raccomandata ai
Passi dall’arciprete del duomo di Trento, il canonico Alfonso Mendini. Essendo
questi morto il 24 dicembre 1837, il trasferimento di Rachele a Calcinate
dovette avvenire prima di quella data.
È impossibile determinare la durata
della sua permanenza nei vari luoghi. È certo però che dovunque lasciò un
ottimo ricordo. Le sue doti naturali, la sua rettitudine e la sua virtù le
meritarono stima e affetto, trasformando in vera amicizia il rapporto di
lavoro.
Il tempo trascorso presso i Passi fu
per lei un arricchimento spirituale, per la testimonianza di virtù e di pietà
dei tre fratelli, don Luca, don Marco, don Giuseppe, e di tutta la
famiglia.17
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Ella ricorderà sempre con
gratitudine quel periodo! Il 18 giugno 1839 scriveva a don Giuseppe: «Ella sa quante volte ho dichiarato ch’ero
indegna di prestare la mia debile servitù a loro; molte altre confessai, nel
cospetto del Signore, che io tenevami come una povera che riceveva la loro
carità, perché immeritevole della mercede, attesa la troppa cura che avevano di
questo mio corpo».18
Queste precedenti esperienze
incisero sulla sua vita al punto che, quando all’età di ventinove anni arriva a
Venezia, appare già una donna dalla spiccata personalità, di grande maturità,
di non comune prudenza e virtù.
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