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Viva il Cuor di Gesù
e di Maria!
Reverendissimo Padre,1
Io piglio in mano la penna, onde narrare alla Sig.ria
V.ra piacere e dolore. Questa è la vita nostra fintantoché
ci troviamo in quest’esilio. Voglia Iddio benedetto concederci la grazia di
ricevere con santa allegrezza tutto quello che dalla benefica sua mano ci
viene.
Godo veramente ch’Ella sia stata soddisfatta sì dell’opera che della
qualità della pelliccia.2
Ho ricevuto la risposta di quella lettera del Gran Maggiordomo3 di Sua Maestà l’Imperatrice,
dove lasciami sentire la soddisfazione da essa provata intendendo il buon
andamento di questo nostro povero Istituto; e fa voti che, per lo zelo
dell’Eminentissimo Patriarca4
e di Monsignor Provicario,5 questa nuova pianta metta sempre più forti
radici, e produca salutari e numerosi frutti.6
Ho anche avuto la consolazione d’avere qui nell’Istituto
a celebrare Monsignor Teloni di Roma ed il Segretario di S.
Eminenza il Cardinale Pacca, con un Conte parigino diacono.7
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Il primo
è uno degl’interessati per le Suore; mi ha raccontato che pel Santo Natale
spera d’averle. La Superiora di Genova8
con una figlia e due aspiranti sono le destinate a quella fondazione.9
L’ultimo poi brama di erigere una Casa di Suore in Parigi; ma
la cosa è lontana, perché deve prima compiere gli studi.
Dessi hanno visitato l’interno ed anche l’opera esterna, e sono restati
contenti. Motivi di consolazione per la poverella, ma questi non sono i più
cari a Gesù, il quale gode che gli amanti ascendano il gran monte e giungano
sopra la sommità per la strada della tribulazione.
Nel giorno suddetto di allegrezza, erami dal buon Gesù apparecchiato un
regalo, grande in vero, e se lo spirito per misericordia di Dio è stato pronto,
l’umanità mia ne sente qualche momento il peso.
Il Sig. Co. Revedin possessore di 4 milioni, col cuore d’un Miani10 o d’un Barbarigo11 o di tanti altri Santi, ci
venne improvvisamente rapito in questa maniera. Ritornato dalla chiesa, dove
aveva ricevuto l’Eucaristico Pane ed erasi a colloquio trattenuto col suo
Signore per ben due ore e mezzo, entrato nella sua camera prese colazione, indi
è caduto per non più vivere.
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Egli
sentiva per noi una grande affezione e ci beneficava molto. Ritornato da
campagna, mi fece dalla Contessa sua sorella12
chieder scusa, perché da colà non mi scrisse; aggiunse aver egli così fatto,
per desiderio di venire lui all’Istituto, quando lo prese uno svenimento, il
quale gl’impedì di eseguire quello che bramava; ed in quella vece mi fece
pregare di portarmi al suo palazzo il venerdì alle ore 12.
Giunta, ho trovato confusione, per cui ho scorto subito ch’era morto,
benché mi si dicesse esser egli svenuto.
Lo raccomando alla di Lei carità; faccia pregare per lui, acciò possa, se
ancor non fosse, giungere al possesso del sommo Bene, che per suo amore tanto
largiva in elemosine.
Monsignore tanto la riverisce; ho parlato con lui per la
Taverna,13 ed è contentissimo di allontanarla, onde giovare a
cotesta Casa. Perciò disponga la Sig.ria
V.ra quando le aggrada.
Se la stagione fosse buona, m’offrirei a condurgliela, ma colla gracile
mia complessione non lo posso.
Favorisca presentarmi doverosa alla mia buona Madre;14 mi saluti
le mie Sorelle, e piena di rispetto le bacio la sacra mano, pregandola di
benedirmi
Umilis.ma
Dev.ma Obbl.ma Serva ed indegna Figlia
Suor
Maria Rachele Guardini
Venezia
li 24 9bre 1840
A Monsignore Rev.mo
Il Rev.mo
Monsignor Antonio Farina – Vicenza
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