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Viva il Cuor di Gesù
e di Maria!
Monsignore R.mo e Padre mio
benig.mo,1
Come Ella sa, ieri sono stata al Tribunale, onde giustificare il Sig.
Pagliaro, procuratore della povera Moro2
(questa bramerebbe il vederla prima di morire). Ho raccomandato ai clienti del
Sig. Consigliere Cernagliotto che volessero a mio nome pregarlo di trattare al
più presto l’affare appartenente alla suddetta.
Uno di essi ha cercato le carte, onde poter più facilmente ricordarsi.
Subito allontanata, giunse colà il Sig. Costa,3 il quale ha potuto
scorgere che gli effetti alla stessa appartenenti furono venduti all’asta, ed i
denari vennero dati parte ad una sua parente, per cui invece di trovare le 400
e tante lire austriache vi è solo l’enumerazione di 100, con un credito vecchio
di altre 100.
Inteso ciò, ho subito scritto al Sig. Pagliaro, pregandolo di qui venire,
onde sappiamo almeno come è la cosa. Sia benedetto il Signore anche di questo!
Ritornata all’Istituto, ho trovato quel Padre che mi scrisse quella
carissima ed insieme dolorosa lettera. Cara, perché il modo con cui fu concepita
mi ha posta al possesso d’una piccola parte di quell’eredità che mi è dovuta in
quest’esilio, come figlia adottiva di Dio e seguace del buon Gesù; dolorosa
poi, perché l’anima mia non può volere quello che si oppone - 410 -
a Dio, e nel caso
avvenutomi veggo ingratitudine ed ingiustizia, per cui mi sento obbligata di
usare ogni mezzo per testimoniargli rassegnazione.
Egli, convinto, è venuto per ringraziarmi di quello che ho fatto per la
sorella sua e cugina.
Ho tagliato quest’umiliante discorso, e chiesi s’erasi da quella famiglia
allontanata dove vietato le veniva, nei dì festivi, d’ascoltare la S. Messa.
Mi ha manifestato allora essere per pregarmi di riceverla, fintantoché le
si presenta altra casa più adatta, oppure occasione sicura onde ritornare a
Bassano.
Io ho creduto d’eseguire la volontà di Lei accettandola, e ciò pel motivo
principale di corrispondere bene a chi per divino volere ingratamente mi
trattò.
Io proprio temerei d’essere come i Farisei, se non avessi la consolazione
ch’Ella conosce appieno l’anima mia, la quale ardentemente desidera d’unirsi al
buon Gesù, adempiendo a quello ch’è dovuto allo stato mio. E sarà possibile
ch’io abbia ad essere sempre causa ad altri di dispiacenza? e ciò per
esercitare due virtù da me particolarmente amate. Non è forse ordinata la
carità? e mancando di giustizia, potrò credere d’aver adempiuto il mio dovere?
L’uomo, che qui abbiamo, riceve, per carità, l’alloggio ed anche il
necessario, quando si fece lecito prendere una terza coperta, senza permesso.
Egli la tolse dal letto che tengo apparecchiato pel nostro Padre Fondatore.
Venutomi ciò all’orecchio, ho mandato Maria Rosa4 a dirgli che per niun motivo doveva far questo e non
voglio che quello, che è destinato al Superiore, sia usato dagli altri.
Egli s’inquietò sommamente, dicendo molte impertinenze, - 411 -
senza però
volergliela dare. Sono andata io e buonamente gli dissi che faccia pure quel
ricorso che crede, e, così dicendo, presi la coperta e la ho portata via.
Per carità, caro Padre, mi preghi da Dio Signore quell’aiuto che
m’abbisogna, onde altro non desideri che quello [che] vuole il mio Gesù. Mi
nasconda Egli nei forami amorosi delle sacrate sue piaghe, per cui,
scatenandosi contro di me anche tutto l’inferno, passi la mia vita contenta di
sentirmi disprezzare dalle creature, purché Gesù sia il mio tutto.
Io prego la di Lei carità esaminar bene le cose, acciò l’amor proprio, di
cui conoscomi posseduta, non abbia ad illuderla.
S’Ella crede, mi sarà caro sapere ai quanti è stata scritta la lettera
del Gran Maggiordomo,5 per indicare quella giornata al Co. D. Luca.
Le bacio rispettosamente la sacra mano, e la prego di benedirmi
Umil.ma
Dev.ma Obbl.ma serva ed indegna figlia
Suor M.
Rachele Guardini
Venezia li 13 Dicembre 1840
A Monsignor ReveR.mo
Il
R.mo Monsignor Co. Roberto Balbi
Cavaliere della
Corona Ferrea, ecc.
S.P.
Mani
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