- 89 -
4. La vocazione religiosa.
Il cammino spirituale percorso aveva
fatto maturare nella Guardini la vocazione religiosa. Sentendosi attratta alla
vita contemplativa, si orientò verso le «Adoratrici» ed aveva trovato un benefattore, il
signor Giacomo Taffelli, disposto a provvedere alla dote necessaria.43
- 90 -
L’indicazione «Adoratrici» è generica. Qualcuno aveva pensato trattarsi delle Ancelle
della Carità,44 «che a Brescia si chiamano o Adoratrici od Ospitaliere perché la fondatrice […] all’assistenza ospitaliera
aveva unito l’adorazione eucaristica quotidiana, come si fa ancora a Casa Madre
in Brescia».45
La supposizione però è da
escludersi, perché l’appellativo «Adoratrici» per le Ancelle della Carità è tardivo e
posteriore al tempo, cui i fatti si riferiscono.
Fino al 1845, non disponendo di una
chiesa propria, esse si recavano in quelle vicine. Cominciarono ad
avere una loro chiesa il 9 ottobre 1845, e soltanto
alcuni mesi dopo, il 13 maggio 1846, ottennero il permesso di
conservarvi il SS. Sacramento.46
La fondatrice, durante la sua dimora
a Roma negli ultimi mesi del 1850, soleva trattenersi in preghiera nella chiesa
di S. Anna detta delle Sacramentarie, a Monte Cavallo, ove si faceva
l’adorazione perpetua.47
Decise, allora, di introdurla - 91 -
anche nella sua casa madre. Ritornata a
Brescia, la istituì nei primi giorni del 1851;48 pare, però, che essa abbia avuto inizio
soltanto alcuni mesi dopo.
La stessa Madre Rachele, in una
lettera del 22 giugno 1840 (n. 298), distingue le Ospitaliere (Ancelle della
Carità) dalle Adoratrici; è certo, dunque, che nel 1838 per Adoratrici non
poteva intendere le Ancelle della Carità.49
La sua scelta si era indirizzata
alle Adoratrici Perpetue del SS. Sacramento, con clausura papale, fondate a
Roma (31-5-1807) da suor Maria Maddalena dell’Incarnazione (al secolo Caterina
Sordini).50
Lo si deduce dal fatto che Madre
Rachele ebbe rapporti epistolari con
alcune di esse.51 Inoltre,
quando nel 1844 fu - 92 -
per alcuni giorni a Roma, spesso si recava a
pregare nella loro chiesa.52
In quel tempo le Adoratrici non
avevano case nel bresciano e nel bergamasco.53 Forse la Guardini le conobbe attraverso le
amiche trentine entrate in quell’Ordine.
Il disegno divino era un altro e le
si manifestò durante la sua permanenza nella casa Passi a Calcinate, quando don
Luca le propose di divenire Suora Maestra di S. Dorotea, per la fondazione in
Venezia.
È frequente il caso di persone che,
pur sentendo inclinazione alla vita claustrale, vengono invece dirette dalla
Provvidenza in Istituti di vita apostolica, per una speciale missione. Così fu
per Rachele Guardini!
- 93 -
La proposta di don Luca,
quando ella si era già orientata verso le Adoratrici, le fu motivo di ansia.
Se, da una parte, vedeva aprirsi la strada per attuare la vocazione religiosa,
dall’altra, però, temeva di discostarsi dal volere divino, che ella credeva di
scorgere nell’inclinazione alla vita claustrale.
Essendosi prefissa come norma la
piena conformità alla divina volontà, voleva conoscere quello che Dio veramente
le chiedesse.
Cercava la chiarezza e la raggiunse
nella preghiera. Ubbidendo al consiglio del suo confessore, don Giovanni
Battista Fenaroli parroco di Calcinate,54 superò le esitazioni e il 10 luglio 1838 entrò
nella casa di Vicenza.
Don Luca, in un primo momento, aveva
comunicato al Farina che la Guardini si sarebbe recata a Vicenza dopo la metà
del mese di luglio.55
Il 4 luglio precisò: «ciò accaderà nella ventura 7mana, e chi
sa che non l’accompagni io stesso dovendo andare a Modena».56 Era
un gesto paterno di don Luca, che comprendeva quanto costava alla Guardini
mutare i suoi piani!
Il 4 luglio era mercoledì; quindi la
«ventura 7mana» cominciava il lunedì 9 luglio. Perciò la partenza della
Guardini per Vicenza avvenne alla fine della prima decade di luglio.
In una postilla del Farina alla
citata lettera di don Luca si dice che la Guardini giunse a Vicenza il 10
luglio.
Ella vi restò meno di un mese,
preparandosi alla difficile missione che l’attendeva.
- 94 -
Non incontrò particolari
difficoltà ad entrare nello spirito dell’Istituto e vi si adattò subito, per
l’alto grado di vita spirituale e di virtù raggiunto in precedenza.
Rimase però in lei l’inclinazione
alla vita contemplativa. Il 24 ottobre 1838 don Luca scriveva al Farina: «Le raccomando la Rachele. Veda di tenerla
confortata nella presente vocazione, perché mi sembra nata fatta ed ha ottenuto
quello che difficilmente avrebbe potuto altri ottenere».57
Il desiderio della vita claustrale
riaffiorava di tanto in tanto,58 ma la Guardini riuscì sempre a superarlo con l’ubbidienza a don
Luca.
Il 20 marzo 1839 gli scrisse: «Ho ricevuto la pregiatissima sua lettera,
nella quale con maggiore fermezza mi fa conoscere che Iddio vuole essere
servito da me in Venezia. Adoro la sua santissima volontà e sono contenta di
servirlo come vuole e dove vuole; ma la promessa che le feci, di non
nasconderle ciò che penso, mi obbliga a parteciparle una nuova tentazione, la
quale ho disprezzata e cerco di trascurare anche presentemente [...]. Ah,
preghi per me e faccia pregare, acciò io sempre segua la sua voce, che Pastore
la veggo datomi dal Signore; oh allora sì sarò certa di non errare!».59
Don Luca le prospettava l’utilità
del suo lavoro per la salvezza di tante povere giovani esposte al pericolo.
Questo pensiero la spingeva a mettere da parte il proprio desiderio e ad
impegnarsi, con tutte le forze, nell’attività apostolica, seguendo la volontà
di Dio, che vedeva riflessa nel consiglio di don Luca.
- 95 -
Il 21 luglio 1839 gli
scrive: «Ella mi ordina di leggere
la pregiatissima sua lettera, sola, senza che il brutto ragno vi metta la sua
parte. Io mi sono raccomandata al Signore, acciò questo non vi entri, ma egli è
tanto furbo che non posso assicurarla se siasi allontanato.
Monsignore la lesse col poscritto e
poi dissemi: ‘D. Luca non
s’allontana da quello ch’io ti ho detto; se lo spargere una parte del mio sangue
potesse giovare per vederti a star bene, io lo verserei. Fa un riflesso e
dimmi: se ti trovassi in questo punto in fine di tua vita, saresti più contenta
di aver operato nella vigna del Signore, oppure aver pensato per te sola?’.
Ho convenuto che sarei soddisfatta
d’aver adempito la volontà del Signore, per quanto contraria fosse alla mia
che, sempre ribelle, vorrebbe opporsi alla divina; io tengo per una grazia il
desiderio ch’Egli mi dà, di questa voler adempire; per cui faccio a me stessa
violenza ed opero, resistendo a tutte le contrarietà, contenta, come Le dissi
nell’altra mia, d’essere vittima d’obbedienza […].
Il sapere cosa costa un’anima, mi fa
vincere tutte le difficoltà, ed il riflesso d’avere un dì a rispondere per
tante anime ad un Dio giudice, m’inorridisce; per cui invece di vedermi scelta
dall’infinita sua carità, onde farmi meritare, sento grande pena; e mi conforto
solo adorare la mano divina, che ha trovato un modo affinché possa purificare
l’anima mia [...].
Sono persuasissima di potermi
ingannare, per questo appunto tengomi sempre forte all’àncora dell’obbedienza,
e vedo che [in] ciò [che] mi viene per questa comandato, riesco quantunque
insufficientissima; così ognuno chiaramente vede che il Signore opera in me.
Io sono anche disposta, s’Ella
crede, di mai più manifestarle i moti del mio cuore ed i pensieri che occupano
molte - 96 -
volte il mio intelletto, sicura d’aver un mezzo maggiore per
offerire qualche cosa al caro Gesù».60
Il suo spirito anelava al
raccoglimento, alla contemplazione e al colloquio con Dio. Il 26 agosto 1839
scrive al Farina: «Io sospiro questo
momento [degli esercizi spirituali], perché l’anima mia è proprio affamata e
arde del desiderio di ricevere la parola di Dio».61
Si piegava, però, alla vita
apostolica, per ubbidienza e per amore al Cristo: «Quantunque questa mia ribelle natura cerchi continuamente
d’opporsi, e peni per non poterla vincere collo spirito, pure sono contenta,
nella speranza di dar gusto al caro Gesù, il quale, per sua infinita carità, fa
vedere che non si dimentica della povera Rachele».62
L’inclinazione alla vita
contemplativa riemerse con forza nella rinnovazione dei voti (19 settembre
1839). Madre Rachele riuscì a superarla, considerando la necessità di assistere
le fanciulle e le indicazioni dei superiori, che l’assicuravano di essere nella
volontà di Dio. Determinante, quindi, fu ancora una volta l’ubbidienza.
In quello stesso mese scrive al
Manziana: «Devo pure confessarle
che, quantunque vivissimo senta l’impulso di essere annoverata nelle prime
fortunate anime [le Adoratrici], non seppi dire una parola per resistere
all’obbedienza, datami dai Superiori, di rinnovare i voti [...].
Quel nido di angeliche creature
lascia al mio cuore sempre più sentire veemente il desiderio di essere a loro
annoverata, benché nell’ultimo luogo. Non ci vorrebbe che l’escludermi
- 97 -
di Monsignor Vescovo, per essere persuasa che Iddio non m’abbia a
loro chiamata. Intanto ringrazio il misericordioso Iddio che adoperi questo suo
niente per l’opera sua».63
Tre mesi dopo, confida alla Madre M.
Carolina Costanza Mangiagalli del monastero Matris
Domini di Bergamo: «Veramente
voi avete avuto una gran fortuna entrando in claustrale asilo; ed io ringrazio
Iddio di ciò che ha fatto di me, perché sono certa ch’Egli dispone tutto per il
meglio; e quantunque senta ancor viva la brama di pormi in clausura, pure adoro
la sua volontà, perché cosa servirebbemi l’essere allontanata per mio capriccio
dalle creature, se poi Egli mi togliesse la sua grazia?».64
Il 22 giugno 1840 scrive a don
Marco: «Vivo conservo per
quest’angelico Istituto [delle Adoratrici] l’impulso, ma conoscomi troppo
miserabile per essere unita con quelle anime benedette, per cui, quando più
forte sento il desiderio di sola trovarmi col mio Gesù, vo ripetendo che altro
voler non voglio che il suo, e benché tanta violenza provi nella vita attiva,
sarò contenta di tutta consumarla, quando così Egli voglia, non desiderando il
mio, ma il suo piacere».65
Viveva così il conflitto interno fra
l’esigenza profonda di contemplazione e l’intensa attività, elevandolo ad
accettazione ed offerta.
Senza nulla perdere dell’anelito
spirituale, mantenne sempre il necessario senso pratico. Ne seguì una mirabile
armonia tra contemplazione ed azione, che distinse tutta la sua vita religiosa.
Ella dichiara: «Necessitata dal mio
dovere di - 98 -
essere continuamente occupata nella vita attiva, pure sente
l’anima mia sempre spinta maggiore per unirsi a Dio non solo colla solitudine
del cuore, ma anche della persona; e nella veemenza dei desideri vo pregando il
Divino Amante che faccia di me ciò che vuole, ma concedami almeno ch’io abbia
la consolazione di vederlo adorato ed in parte risarcito da altre».66
Questa profonda unione con Dio,
alimentata dalla preghiera e dal raccoglimento, animava la sua intensa
attività. Al Manziana scrive: «Devo
confessare che adoro la volontà del Signore, e che non so volere altro che
questa si adempisca in me, ringraziandolo che, per l’infinita sua misericordia,
mi scelse, benché indegnissima, per l’apostolica vita; ma l’anima mia sentesi
sempre più attirata per la vita nascosta, e le bellezze, che gli occhi miei
sono necessitati a vedere in questa città, non servono ad altro che per destarmi
maggiore il desiderio di poter sola trattenermi col mio Gesù».67
A suor Geltrude delle Adoratrici
dice di essere «la poverella, ch’è
obbligata dall’obbedienza a girare per la città, mentre l’anima sua vorrebbe,
col mezzo della santa solitudine, ascendere il gran Monte, per riposarsi nella
beata Gerusalemme». Pur dovendo «calcare la terra», cerca di tenere la sua «conversazione
in cielo»; «questo [...] vo facendo ed è veramente l’unico mezzo da me
adoperato per confortare la povera mia anima».68
Quando sembrava imminente l’apertura
di una casa di Adoratrici in Brescia, apre il suo animo al Manziana: «Mi reca - 99 -
sommo contento il
sapere che hanno l’enumerazione delle aspiranti per l’angelico Istituto delle
Adoratrici. E che sarà della poverina,
che tanto ansiosamente lo sospirò, e tutto dì arde della brama di potersi
togliere alle creature, per vivere, tutta nascosta, al suo Creatore?
Parmi già di sentirla rispondere:
sarà quello che Dio vorrà. Oh volontà amabilissima del mio Gesù, tu sei e sarai
sempre la mia!».69
- 100 -
[Pagina bianca]
|