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Viva il
Cuor di Gesù e di Maria!
Molto R.do
Signore,1
Dall’ultima pregiatissima sua
sembrava che le accettate da Lei dovessero prontamente venire, quando veggo
scorrere le settimane senza vederle, per cui risolsi impugnare la penna, onde
sapere cosa n’è, ed anche per novellamente raccomandarle che le esamini bene,
onde non abbia ad avere la dispiacenza di rimandarne qualcuna.
Conosco la di Lei prudenza e per
questo mi sono affidata, e confido che riusciranno, ma il caso avvenutomi ieri
mi fa lasciarle sentire un po’ di timore.
Ella sa da quanto tempo le sorelle
Oliva aspirano all’Istituto, quando il giorno 23 alla sera giunse una
accompagnata da suo fratello, il quale dissemi che l’altra sorella non aveva
potuto ottenere l’assenso materno, ma che il prossimo autunno come maggiorenne
poteva venire.
Io ero imbarazzata, per dover
ricevere la venuta, persuasa che non sarebbe riuscita,2 e volevo pure illudere me stessa che in seguito si formerebbe,
ma nol potevo. Quando il giorno 24 si è parlato per le provvigioni, ed io, che
avevo tanta contrarietà, ho detto che per ora gli consigliavo di non
provvedersi e che al momento della vestizione avrebbemi rimborsata; difatti
così si è fatta la carta il giorno 24.
La mattina del 26, ha tenuto un
discorso colle Sorelle, il quale mostrava la dispiacenza d’essere venuta.
Io l’ho chiamata e dolcemente le ho
fatto conoscere com’era improprio un simil discorso, ed i danni che da quello
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ne potevano sortire. La pregai, se aveva qualche cosa che contraria
le fosse, di parteciparla a me, assicurandola ch’io non l’avrei mai obbligata,
né eccitata a fare ciò che s’opponesse al suo volere.
Dopo poco ha pranzato, indi è andata
nell’orto per ricrearsi colle altre; ed ha colà mostrato desiderio
d’allontanarsi per istudiare. Glielo permisi, credendo verità l’esposto, ma
che! scorsi pochi minuti, mi vien detto ch’aveva ella colto quel momento per
ischiodare una porta secreta, dalla quale era sortita. Ella può pensarsi qual
dispiacere ci recò. Dopo qualche ora ho scritto alla polizia, onde annunciarla,
quando un buon bettoliere, che non istà lungi dall’Istituto, venne ad
avvertirmi che la giovane forestiera allontanata era nel suo magazzino con
degli uomini a bere del vino.
La carità volle che la si
raccogliesse, ed ora trovasi in una stanza separata dall’Istituto, per
attendere quello che suo fratello deciderà, cioè se lasciarla da sé partire,
oppure se verranno a prenderla.
Spero che la Sig.ria
Vostra mi compatirà, se nel principio di questa mia vede timore.
Lascio per non abusare della bontà
sua, pregandola di ricordarmi a Dio Signore ed a chi crede.
Piena di rispetto Le bacio la sacra
mano e la prego di benedirmi
Umil.ma
Dev.ma Obbl.ma Serva ed
Aff.ma Cugina
Suor Maria Rachele Guardini
Dall’Istituto di S. Dorotea
Venezia li 27 Febbraio 1841
Al
Molto Reverendo Signore
Il
Molto R.do Sig. D. Antonio Ferrari
Cappellano
Zelantissimo del Duomo – Trento
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