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Viva il
Cuor di Gesù e di Maria!
Molto Reverendo Signore,1
La sera dei 19 le ho scritto da Ferrara
quanto erami stato propizio il Signore nel viaggio della giornata, e quantunque
la Diligenza contenuto avesse dei scientifici moderni, ben di cuore ringraziavo
il buon Gesù, e perché una sola parola non avevo sentita che prodotto mi avesse
rincrescimento. Ma se tutto ho narrato ciò ch’era consolante, riservata erami
la parte che addolorare poteva il suo caritatevole cuore.
Sì, la bontà di Gesù ha voluto
metterci ad una dura prova, ma la sua carità davaci la fortezza, e perciò
divenuto ci è delizioso quello che tornar ci poteva molto doloroso.
Smontate dalla Diligenza, subito ci
siamo avanzate per ottenere il posto fino a Padova, ma che! Il numero 4 mi si
disse aver diritto e l’ottavo no, per cui restammo senza Diligenza e senza niun
appoggio.
Pure un napoletano, mostrante gran
cuore, si è maneggiato affine di trovarci un vetturale, il quale non voleva
partirsi che dandogli 8 scudi. Troppo indiscreto mi sembrava, ed ho creduto
bene di rispondere che a quel prezzo non volevo partirmi, sperando una diminuzione.
Intanto il Signore suppongo avrà
riso; noi siamo andate a letto, colla lusinga di poter alla mattina più
convenientemente assentarci da quella città, ma ben diversamente abbiamo dovuto
pensare.
Al primo svegliarsi una grossa
pioggia sentimmo. Ella - 395 -
può immaginarsi la nostra sorpresa. Subito ci
corse al pensiero l’ingrossamento delle acque, perciò tememmo del Po.
In quel momento ho desiderato d’aver
legato il contratto alla sera, ma inutile vedendo questo pensiero, mi sono
abbandonata in braccio alla Provvidenza, dicendo con Maria Rosa:2 ci fidammo degli uomini e ci
sono mancati (così parlando della Diligenza, che sicure ci avevamo credute);
ora tocca a voi, o Signore, a mostrarci che cosa volete da noi. E stabilimmo di
andare a Messa nella Chiesa più vicina, onde chiedere al buon Gesù che far si
doveva, se portarci dalla Signora Trotti, o che!
Entrammo adunque nella chiesa, intitolata la nuova,
vicino all’albergo delle tre Corone; quando, ascoltata la S. Messa, pregammo
per la Santa Comunione.
Già stavamo ringraziando
l’amabilissimo Gesù, ch’erasi degnato di entrare nell’anima nostra, ed in pari
tempo seco Lui dolcemente lagnavomi per l’imbarazzo in cui mi trovavo, quando
il cameriere viene a me dicendo: un signore la dimanda.
Siamo giunte alla locanda un poco
bagnate, dove abbiam trovato un incognito, mostrante però aria di galantuomo,
il quale ci disse: ho inteso che sono restate senza Diligenza, perciò vengo a
vedere se vogliono venire con me.
Io l’ho veduto come un angelo, e
subito accettai. L’incognito si è allontanato per procurare la vettura; intanto
dal cameriere ho potuto scorgere che quello era il Vice Console3 - 396 -
dell’Inghilterra,
uomo da dieci anni stabilito in quella città e che godeva molto credito.
Quando egli giunge di nuovo affine di
significarmi che per un legno volevano 14 scudi, perciò se io ero contenta, che
diversamente disponessi; a tal dimanda ho risposto: Ella faccia conto che noi
siamo sue figlie, perciò disponga come meglio crede.
Ardita sembravami quella risposta, ma
che cosa dovevo fare? per cui volta verso Maria Rosa ho esclamato: gran che! ad
una persona, che mai vedemmo, tanta fede prestiamo; ma con verità possiamo dire
che a lui ci affidiamo, perché confidiamo in Dio.
Quand’ecco un legnetto ci accolse per
condurci al Ponte di Lago Scuro. Colà giunti, un agente di questo signore lo
incontra, ed egli dà ordine allo stesso di passare il ponte, per trovare un
comodo legno con due cavalli. Frattanto entrammo nella Ricettoria, per
attendere la risposta.
Già il cielo cessato aveva di
sgravare le nubi, perciò speranza - 397 -
ci restava di avere buon viaggio;
ma bella! L’agente viene dicendo non esservi neppur un legnetto, e pronto il
signore ci chiese se temiamo l’acqua. Inteso che no, presa una piccola battella
scoperta, e sopra il Po ci siamo messe.
Placido esso era e dolcissima l’aria,
di maniera che nulla soffrimmo. Arrivati a Polesella, ha dovuto far attaccare
la Posta per giungere a Rovigo; poi ha ritrovato un buon legno per Padova; ove
abbiam ritrovato la nostra Vincenza4
in poco buono stato, avendoci detto il Dottore che cronica si è fatta la
malattia, ma io piena di coraggio nella fede del mio buon Pare,5 ho
chiesto di prenderla con me.
Il medico lo ha permesso a questa
condizione che sia trasportata con un letto nella peota.6 Per questa ho
voluto dargli due napoleoni d’oro, ma ne volevano tre, il che mi ha fatto
risolvere di fare il viaggio e poi mandare Maria Rosa, con una più comoda da
Venezia.
Difatti, nell’atto ch’io scrivo, la
nominata spero sarà in Padova con altra compagna, affine di esercitare la
carità con l’inferma e dimani saranno ambedue qui.
Tutta tutta io sento la confusione
per sì tante misericordie del Signore, perciò prego la sua bontà di volerlo per
me ringraziare e pregare, acciocché possa corrispondere fedelmente ai
tanti benefici, ch’Egli mi comparte
continuamente.
Io la prego presentarmi doverosa alla
carissima sua famiglia, ed anche al Sig. Professore, nonché ai
R.di Sig.ri D. Tommaso e Tito. Tanti
saluti alle Cooperatrici; i miei rispetti - 398 -
e ringraziamenti col Signor
Monteventi e Monache;7 alla
Camerlenga8 ricordi ch’io la
voglio guarita, perciò la faccia Lei alzare. Le raccomando pure di benedire il
Sig. D. Tito, al quale dirà che voglio vedere la mia Santa Dorotea fare buona
figura.
Piena di rispetto, Le bacio la sacra
mano, ed ho l’onore di dirmi
di
Lei
Umilis.ma
Dev.ma Obbl.ma Serva
Suor
Maria Rachele Guardini
Dall’Istituto di S. Dorotea
Venezia il giorno 22 9bre9 1842
Al Molto Reverendo Signore
Il
Molto R.do Sig. D. Giovanni Giuseppe Monari
Priore nella Parrocchia della Maddalena
Bologna
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[Nell'edizione cartacea presa a
riferimento, la pagina contiene soltanto una parte del testo della nota n.
9]
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