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Vincenzo Carbone
Una contemplativa nella vita attiva. M. Rachele Guardini

IntraText CT - Lettura del testo

  • VOLUME IV. LETTERE (1841-1842)
    • LETTERE 1842. 15 gennaio – 29 dicembre. nn. 618–677.
      • 629
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Viva il Cuor di Gesù e di Maria!

 

Molto Reverendo Signore,1

La sera dei 19 le ho scritto da Ferrara quanto erami stato propizio il Signore nel viaggio della giornata, e quantunque la Diligenza contenuto avesse dei scientifici moderni, ben di cuore ringraziavo il buon Gesù, e perché una sola parola non avevo sentita che prodotto mi avesse rincrescimento. Ma se tutto ho narrato ciò ch’era consolante, riservata erami la parte che addolorare poteva il suo caritatevole cuore.

Sì, la bontà di Gesù ha voluto metterci ad una dura prova, ma la sua carità davaci la fortezza, e perciò divenuto ci è delizioso quello che tornar ci poteva molto doloroso.

Smontate dalla Diligenza, subito ci siamo avanzate per ottenere il posto fino a Padova, ma che! Il numero 4 mi si disse aver diritto e l’ottavo no, per cui restammo senza Diligenza e senza niun appoggio.

Pure un napoletano, mostrante gran cuore, si è maneggiato affine di trovarci un vetturale, il quale non voleva partirsi che dandogli 8 scudi. Troppo indiscreto mi sembrava, ed ho creduto bene di rispondere che a quel prezzo non volevo partirmi, sperando una diminuzione.

Intanto il Signore suppongo avrà riso; noi siamo andate a letto, colla lusinga di poter alla mattina più convenientemente assentarci da quella città, ma ben diversamente abbiamo dovuto pensare.

Al primo svegliarsi una grossa pioggia sentimmo. Ella


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può immaginarsi la nostra sorpresa. Subito ci corse al pensiero l’ingrossamento delle acque, perciò tememmo del Po.

In quel momento ho desiderato d’aver legato il contratto alla sera, ma inutile vedendo questo pensiero, mi sono abbandonata in braccio alla Provvidenza, dicendo con Maria Rosa:2 ci fidammo degli uomini e ci sono mancati (così parlando della Diligenza, che sicure ci avevamo credute); ora tocca a voi, o Signore, a mostrarci che cosa volete da noi. E stabilimmo di andare a Messa nella Chiesa più vicina, onde chiedere al buon Gesù che far si doveva, se portarci dalla Signora Trotti, o che!

Entrammo adunque nella chiesaintitolata la nuova, vicino all’albergo delle tre Corone; quando, ascoltata la S. Messa, pregammo per la Santa Comunione.

Già stavamo ringraziando l’amabilissimo Gesù, ch’erasi degnato di entrare nell’anima nostra, ed in pari tempo seco Lui dolcemente lagnavomi per l’imbarazzo in cui mi trovavo, quando il cameriere viene a me dicendo: un signore la dimanda.

Siamo giunte alla locanda un poco bagnate, dove abbiam trovato un incognito, mostrante però aria di galantuomo, il quale ci disse: ho inteso che sono restate senza Diligenza, perciò vengo a vedere se vogliono venire con me.

Io l’ho veduto come un angelo, e subito accettai. L’incognito si è allontanato per procurare la vettura; intanto dal cameriere ho potuto scorgere che quello era il Vice Console3


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dell’Inghilterra, uomo da dieci anni stabilito in quella città e che godeva molto credito.

Quando egli giunge di nuovo affine di significarmi che per un legno volevano 14 scudi, perciò se io ero contenta, che diversamente disponessi; a tal dimanda ho risposto: Ella faccia conto che noi siamo sue figlie, perciò disponga come meglio crede.

Ardita sembravami quella risposta, ma che cosa dovevo fare? per cui volta verso Maria Rosa ho esclamato: gran che! ad una persona, che mai vedemmo, tanta fede prestiamo; ma con verità possiamo dire che a lui ci affidiamo, perché confidiamo in Dio.

Quand’ecco un legnetto ci accolse per condurci al Ponte di Lago Scuro. Colà giunti, un agente di questo signore lo incontra, ed egli ordine allo stesso di passare il ponte, per trovare un comodo legno con due cavalli. Frattanto entrammo nella Ricettoria, per attendere la risposta.

Già il cielo cessato aveva di sgravare le nubi, perciò speranza


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ci restava di avere buon viaggio; ma bella! L’agente viene dicendo non esservi neppur un legnetto, e pronto il signore ci chiese se temiamo l’acqua. Inteso che no, presa una piccola battella scoperta, e sopra il Po ci siamo messe.

Placido esso era e dolcissima l’aria, di maniera che nulla soffrimmo. Arrivati a Polesella, ha dovuto far attaccare la Posta per giungere a Rovigo; poi ha ritrovato un buon legno per Padova; ove abbiam ritrovato la nostra Vincenza4 in poco buono stato, avendoci detto il Dottore che cronica si è fatta la malattia, ma io piena di coraggio nella fede del mio buon Pare,5 ho chiesto di prenderla con me.

Il medico lo ha permesso a questa condizione che sia trasportata con un letto nella peota.6 Per questa ho voluto dargli due napoleoni d’oro, ma ne volevano tre, il che mi ha fatto risolvere di fare il viaggio e poi mandare Maria Rosa, con una più comoda da Venezia.

Difatti, nell’atto ch’io scrivo, la nominata spero sarà in Padova con altra compagna, affine di esercitare la carità con l’inferma e dimani saranno ambedue qui.

Tutta tutta io sento la confusione per sì tante misericordie del Signore, perciò prego la sua bontà di volerlo per me ringraziare e pregare, acciocché possa corrispondere fedelmente ai tanti  benefici, ch’Egli mi comparte continuamente.

Io la prego presentarmi doverosa alla carissima sua famiglia, ed anche al Sig. Professore, nonché ai R.di Sig.ri D. Tommaso e Tito. Tanti saluti alle Cooperatrici; i miei rispetti


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e ringraziamenti col Signor Monteventi e Monache;7 alla Camerlenga8 ricordi ch’io la voglio guarita, perciò la faccia Lei alzare. Le raccomando pure di benedire il Sig. D. Tito, al quale dirà che voglio vedere la mia Santa Dorotea fare buona figura.

Piena di rispetto, Le bacio la sacra mano, ed ho l’onore di dirmi

                                                            di Lei
Umilis.ma Dev.ma Obbl.ma Serva

                                  Suor Maria Rachele Guardini

 

Dall’Istituto di S. Dorotea

Venezia il giorno 22 9bre9 1842

 

Al Molto Reverendo Signore

Il Molto R.do Sig. D. Giovanni Giuseppe Monari
Priore nella Parrocchia della Maddalena

Bologna


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[Nell'edizione cartacea presa a riferimento, la pagina contiene soltanto una parte del testo della nota n. 9]




1 ASDR, reg. III, pp. 9-11.



2 Sanfermo.



3 William Macalister, appartenente ad una antica famiglia di signori (« Laird ») di campagna, nacque in Scozia ad Auchincarroch (Glasgow) il 30-10-1798. Dopo un tirocinio di lavoro a St. Johns di Terranova, nel 1819 si trasferì a Trieste, ove divenne l’uomo di fiducia di un’azienda commerciale. Passò poi a Ferrara, dedicandosi al commercio della canapa spedendola in Inghilterra. Nel 1822 sposò Anna Pagani, che morì nel parto della figlia Mary (1824). Il 3-1-1832 fu nominato viceconsole di Sua Maestà Britannica. Si distinse per « nobilissime azioni e per singolari benemerenze ». Salvò la città di Ferrara dal bombardamento delle truppe austriache. Nelle sue memorie si legge: « Per intere settimane dopo che tutto era stato accomodato, quando passavo per le strade tutti quelli che incontravo si levavano il cappello o mi chiedevano di stringermi la mano, e la classe più povera domandava il permesso di baciarmela, mentre molti non si muovevano dal mio cammino e gridavano: ‘Eccolo, eccolo, Dio benedica lui e la sua famiglia: ha salvato la nostra Città e le nostre vite!’. Le stesse espressioni usavano sacerdoti e monache, e nelle lettere che mi dirigevano mi chiamavano il loro Angelo Custode. Molte di queste lettere ancora esistono e verranno trovate fra le mie carte »: Le memorie personali di William Macalister, in Atti e memorie della Deputazione Provinciale Ferrarese di Storia patria, vol. XX, Ferrara 1959, p. 86. Nel 1853 sposò Giorgina Moore, dalla quale ebbe cinque figli.      Nel 1857 ritornò in Scozia, ove morì il 1-5-1880.



4 Baroldi.



5 Mons. Balbi.



6 Barca di media grandezza, a vela o a remi (6 o anche 8), usata a Venezia e nell’Adriatico per piccoli viaggi. Spesso veniva ornata sfarzosamente.



7 Don Giovanni Battista, quando furono soppressi gli ordini religiosi,      prese in una sua casa a Bologna le religiose agostiniane, costrette a lasciare il      monastero di S. Maria degli Angeli. Però la comunità delle agostiniane stava dissolvendosi, perciò il Monteventi, per suggerimento del Monari, cedette la sua casa alla nascente comunità delle Suore di S. Dorotea in Bologna, e le nominò, con il testamento del 10-5-1843, sue eredi nell’uso, usufrutto, godimento e amministrazione. Morì l’11-4-1846 all’età di 89 anni. A seguito di questa eredità, per malintesi infondati e non chiariti, sorsero dei contrasti, che don Luca premuroso cercò di risolvere, recandosi in udienza dal Papa Pio IX: cf. Memorie intorno alla Venerabile Serva di Dio Paola Frassinetti, cit., pp. 113-115.



8  Suor M. Angela Clara degli Obizzi: cf. lett. nn. 645, 647, 648.



9 È incorso un lapsus; nell’abbreviazione del mese, è stato scritto 9, numero progressivo di settembre, invece di 7. Bisogna leggere 22 settembre. Lo si deduce dai riferimenti al viaggio di ritorno da Bologna a Venezia, che fu appunto dal 19 al 21 settembre. La sera del 19 Madre Rachele da Ferrara scrisse al Monari, informandolo del buon viaggio di quel giorno. Pernottò, con la Sanfermo, a Ferrara, e la mattina del 20 proseguirono per Padova. Ivi trovarono la Baroldi ammalata. Madre Rachele avrebbe voluto condurla con sé a Venezia, ma non fu possibile. Proseguì quindi il viaggio, ripromettendosi di rimandare la Sanfermo a Padova, per prendere la Baroldi. Il 22 scrive al Monari che le attende « dimani », cioè il 23. Queste date certamente si riferiscono al mese di settembre, perché non ci fu in ottobre un secondo viaggio di Madre Rachele a Bologna. In quel mese, ella si recò a Cemmo e fece una visita a Vicenza e alla mamma ammalata (cf. lett. n. 631; doc. n.85). Ritornata a Venezia, sperava di trovarvi notizie della casa di Bologna, ma non ne trovò. Attese ancora alcuni giorni, poi l’8 novembre si decise a scrivere alla Donini (cf. lett. n. 636).

Le date, contenute in questa lettera al Monari, neppure possono riferirsi a novembre, perché non risulta un viaggio di Madre Rachele a Bologna in quel mese, anzi è da escludersi. Decisivo è il riferimento alla Baroldi. Madre Rachele, scrivendo il 22, dice di averla trovata a Padova ammalata, e l’attende a Venezia « dimani ». Orbene la Baroldi, l’8 novembre, è a Venezia e sta meglio (cf. lett. n. 636). Quindi il 22 non si riferisce a novembre. Infine, la stessa Madre Rachele afferma che, dopo il suo ritorno dalla Val Camonica avvenuto verso il 20 di ottobre (cf. doc. n. 85), non ha mai scritto al Monari (cf. lett. n. 647, del 2-12-1842). Quindi il 22 non può riferirsi al mese di novembre.






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