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Vincenzo Carbone
Una contemplativa nella vita attiva. M. Rachele Guardini

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  • Volume I. LA VITA E L’OPERA.
    • Capitolo V. I PRIMI PASSI DELLA CASA DI VENEZIA.
      • 4. Formazione delle suore.
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4. Formazione delle suore.

Il problema più importante, che Madre Rachele dové affrontare nei primi anni, fu la formazione delle suore secondo lo spirito dell’Istituto, e la loro preparazione apostolica.

Questo lavoro gravò tutto su di lei. Don Luca infatti,


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che pure aveva a cuore la fondazione di Venezia, solo saltuariamente vi si poteva recare, perché assorbito dalla predicazione nelle varie città.

Rispettava, poi, la competenza del Farina, da cui la casa di Venezia dipendeva come filiale. Il 24 ottobre 1838 gli scrisse: «Adesso dopo la visita costì di S. M. mi sembra che si potrebbe cominciare ad assumere qualche Parrocchia perché le Suore possano prendere lo spirito dell’Instituto. Sarebbe anche utile che cercasse d’instruirle di quello spirito perché possano divenire l’anima della Pia Opera, altrimenti avremo delle buone figliuole, delle ottime maestre, ma non avremo l’Instituto animatore della Pia Opera, impresa di maggior conseguenza che non si crede».58

Ancora, l’11 marzo 1839: «Le raccomando (scusi della libertà) di formare nelle Suore lo spirito dell’Instituto che ha da essere uno spirito di zelo, di obbedienza, di rinnegazione perché tutto dipende dalle prime, perché le altre che verranno si modelleranno sopra queste».59

Il Farina, però, era lontano e impegnato nel consolidare l’istituzione di Vicenza. Benché ripetutamente invitato da Madre Rachele e dallo stesso don Luca, nei primi due anni si recò a Venezia una sola volta, nell’ottobre del 1838, in occasione della visita dell’imperatore. Vi ritornò insieme con la Olivieri, il 22 settembre 1840.60

Non risponde a verità quanto scrive il Rumor: «La casa filiale [di Venezia] era cresciuta prosperosissima mercé l’indefesse


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sue [del Farina] cure».61 Nell’affermazione, di vero c’è solo la crescita prosperosissima della casa di Venezia.

Mons. Balbi, pur assicurando la sua assistenza in ogni circostanza e prodigandosi per la soluzione dei vari problemi,62 non poteva però seguire la formazione delle Suore. Vi accenna la stessa Madre Rachele in una lettera alla Olivieri: «Io non ho in 22 persone altro che una da potermi fidare, le altre si formeranno, ma sarebbe necessario che vi fosse qui il Sig. Direttore Farina (mica che Monsignore manchi di premura, ma è privo di quelle cognizioni necessarie a quest’opera) ed allora verrebbero più facilmente atte».63

Don Luca concepiva e voleva l’Istituto delle Suore Dorotee come «animatore della Pia Opera», perciò insistette che le suore fin dall’inizio fossero formate con tale spirito, onde divenire modello di quelle che sarebbero seguite.

Madre Rachele comprese il pensiero di don Luca, lo visse autenticamente nella sua vita di dorotea e ad esso ispirò la sua azione formativa delle suore.

Il 22 aprile 1839 scrisse alla Frassinetti: «Le Suore di S. Dorotea necessita sommamente che ardano di questo fuoco, affine di poterlo comunicare alle Cooperatrici della Pia Opera, le quali lo diffonderanno nelle fanciulle».64

Chiese al p. Angeli di pregare San Filippo, perché le ottenesse da Gesù un poco di quell’amore, di cui egli ardeva, «perché come potrò accendere il fuoco del santo


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amore nelle ascritte alla Pia Opera, se io non arderò di questo?».65

Alla giovane Maria Taverna, che aveva chiesto di entrare nell’Istituto, spiegò che le Suore Dorotee sono chiamate dal Signore per la grande opera «di cercare ogni mezzo onde salvare le anime, che costano il Sangue suo Preziosissimo. A questo tende l’Istituto nostro».66

Ad un benefattore disse: «Così apre a noi pure il mezzo di poter operare secondo lo scopo dell’Istituto nostro, che sola mira ha di formare delle buone figlie, acciò ad altro tempo possano essere buone madri, onde venga glorificato Iddio ed anche si tolga alla società quei soggetti, che fanno dispiacere alle anime amanti di Gesù».67

Sentì l’importanza e la responsabilità della formazione delle prime suore, come don Luca desiderava, e si mise all’opera con chiarezza di idee e con risolutezza, senza tentennamenti o condizionamenti.

Nell’agosto del 1839, d’accordo con mons. Balbi dimise, perché non idonee, tre delle congregate che aveva trovate a Venezia, e comunicò al Farina: «Troppo importa allontanare quelle che non hanno spirito per l’opera».68

Era ferma, ma insieme dolce e persuasiva, per risparmiare sofferenza ed evitare reazioni. Scrisse a don Luca: «Da quindici giorni ho allontanato tre di quelle che si può calcolare un prodigio l’averlo potuto fare con tanta pace».69

 




58 Doc. n. 12.



59 Doc. n.19.



60 Cf. lett. n. 349; doc. n. 58. Madre Rachele e mons. Balbi fin dall’inizio notarono, con «rincrescimento», «la poca disposizione» del Farina e della Olivieri a recarsi a Venezia: cf. lett. n. 4.



61 S. Rumor, L’Istituto delle Suore Maestre di S. Dorotea, cit., p. 137.



62 Cf. lett. n. 4.



63 Lett. n. 5.



64 Lett. n. 62.



65 Lett. n. 78.



66 Lett. n. 89.



67 Lett. n. 144.



68 Lett. n. 117; cf. lett. n. 123.



69 Lett. n. 124.






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