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Vincenzo Carbone Una contemplativa nella vita attiva. M. Rachele Guardini IntraText CT - Lettura del testo |
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146. Lettera del patriarca Monico alla Marovich.1
Figliuola mia in G.C. carissima Eseguisco una commissione. Monsig. Giuseppe Mancini Arcivescovo di Siena, Prelato di petto apostolico, che sostenne l’esilio per la Chiesa al tempo della cattività di Pio VII, ed Autore celebratissimo di molte poesie di sacro argomento, ebbe a leggere anche i Versi di Filotea,2 e ne prese tanto diletto, che per mezzo di D. Luca Passi mi significò il suo desiderio di avere da voi qualche nuova poesia. Io però non ve ne ho mai fatto motto, parendomi che senza un perché non vi convenisse entrare in relazione con un Prelato così rispettabile. Ma avendo egli scritto pochi dì fa alla Superiora di S.a Dorotea,3 con cui è in commercio epistolare, ecco le precise espressioni che adopera: «Che dirò della premura, che si diede presso l’egregia Sig.a Marovich (voi lo saprete) per averne un componimento? Or bene: io amo sì passionatamente le di lei sacre Poesie, che per esprimerle i miei sentimenti le indirizzo l’occluso Sonettucio (ed è questo che vedete qui unito). Chi sa che questo non le sia d’un qualche incitamento a farne uno in onore di S. Giuseppe,4 di cui La credo sommamente devota? Oh quanto bene farebbe alle anime una seconda Collezione sul gusto della prima! Qual vasto campo non apre la Religione alla poesia! ecc.». Dopo ciò io lascio a Voi considerare se vi sia più permesso rimaner taciturna. L’argomento, ch’egli vi propone, può in Voi destare qualche felice pensiero; e dietro il pensiero non è difficile che vi vengano anche le parole. Vorrei che in questo o in altro Sonetto separato faceste entrare in qualche modo anche un elogio dell’Arcivescovo. In somma ite ad Joseph; ed Egli vi otterrà di poter fare tutto a dovere.5 Voi vi ritirate dal conflitto, che s’era impegnato fra noi, ma senza darvi per vinta. Siete per verità una gran battagliera; e quantunque sconfitta, tornerete sempre in campo con nuove armi. Meglio è dunque starcene in pace. Lodo la vostra fame spirituale, che vi farebbe anche porre a repentaglio la salute del corpo; ma possibilmente conviene conciliare l’una con l’altra. Prego Dio che vi benedica, e con tutto l’animo mi vi riprotesto Aff.mo in G.C. J. Card. Patr.
Venezia 10 Aprile 1845
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1 ASRM. 2 Il libro ebbe diverse edizioni: la 1ª a Venezia nel 1843; la 2ª a Ravenna nel 1850; la 3ª a Venezia nel 1852, Tipografia Emiliana. L’edizione del 1852 contiene 82 sonetti, 34 canzonette, 2 canzoni, e terzine in morte del card. Monico. Nella prefazione si legge: «La persona che li scrisse per sé, all’unico fine di soddisfare alla sua divozione, e che per sola ubbidienza si indusse a lasciarli stampare, di nulla è tanto timida e schiva quanto d’esser conosciuta dal mondo». Son versi di buona fattura. La Marovich aveva letto le poesie di S. Giovanni della Croce e ne avea subito l’influsso. 3 Madre Rachele. 4 Cf. lett. n. 1055. 5 La Marovich rispose il 12-4-1845: «Eminenza Reverendissima, è molto tempo che la Superiora delle Suore di S.ta Dorotea mi eccita a scrivere un Sonetto ad onore di S. Giuseppe, il quale contenesse un elogio anche di questo Rev.mo Monsignor Mancini, ma per quanto mi sia provata, non sono stata capace di scrivere neppure un verso. Io non mi stupisco niente affatto di questa mia impotenza, perché so bene che non sono abile a niente senza l’aiuto divino, ma sento un po’ di pena di non poter appagare il desiderio di così venerabile Prelato, ed insieme del Rev.do D. Luca, e della Superiora di S.ta Dorotea, che sempre mi usarono molte gentilezze. Se non fossero anime così buone come lo sono, potrebbero giudicare che la mia fosse ostinazione, anziché vera impotenza, ma io posso protestare di essermi moltissime volte provata tralasciando a quest’oggetto altre, forse più gravi, mie occupazioni. Conviene adunque aver pazienza, finché a Dio piacerà, perché io non posso fare altrimenti. Le dò intanto parola di non dimenticarmi il Suo eccitamento, che per me tien luogo di assoluto comando, e di raccomandarmi anche al nostro S. Giuseppe, perché m’interceda la grazia di poter fare qualche cosa anche ad onor suo»: ACPV, Causa di beatificazione A.M. Marovich. Il 14-4-1845 la Marovich scrisse ancora al patriarca: «Entro la corrente settimana devo andare dai PP. Carmelitani Scalzi, […] ed aveva pensato di andare nello stesso giorno dalla Superiora di S.ta Dorotea, anche per far le mie scuse circa la mia tardanza per quel Sonetto»: ACPV. Successivamente la Marovich compose il sonetto e lo inviò al patriarca che il 24-5-1845 le scrisse: «Mi riuscì molto caro il vostro Sonetto per l’Angelo di Siena, che ve ne sarà (ne son certo) gratissimo. Ve lo rimando perché lo trascriviate di vostro pugno insieme coll’altro per S. Giuseppe. Io poi li spedirò ambedue a quel degno Prelato e forse anche al Co. Ab. Passi, che n’avea tanta premura». Il 9-6-1845 il patriarca le comunicò di aver spediti i due sonetti «a Mr Arciv.o di Siena, che ne sarà ben contento, e ne ho mandato pure una copia al Co. Ab. Passi, che ne avea parimenti un gran desiderio»: ACPV. L’11-6-1845 mons. Mancini scriveva al Monico: «Quanto mi abbia consolato e la Lettera, ed i Sonetti non sò dirLe. Leggo nella prima sanzionato quanto il buon Sig. Luca Passi mi diceva di questa rara giovine […]. Quel Sonetto per S. Giuseppe sarà sempre per me un caro, e prezioso gioiello; e l’altro m’incoraggirà, mi rinfrancherà nelle afflizioni cui m’assoggetta la mia vera nullità, e miseria»: BSPV, busta 920. Lo stesso Mancini il 30-1-1846, rispondendo ad una lettera del 26-6-1845 della Marovich, la ringraziò «dei bellissimi due Sonetti, che appagarono veramente i miei desideri, e che tengo sommamente cari»: ACPV. |
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