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Vincenzo Carbone Una contemplativa nella vita attiva. M. Rachele Guardini IntraText CT - Lettura del testo |
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3. Sviluppo delle opere apostoliche. Nel corso di un anno, la comunità si era ormai affermata, e l’attività apostolica era cresciuta. Il 12 marzo 1843 Madre Rachele comunicò a don Marco che don Luca le aveva inviato « le più consolanti notizie » riguardo al bene fatto dalle suore a Bologna.30 Per la loro sollecitudine la Pia Opera si estese in altre parrocchie. Nel mese di maggio, la Donini informò che le suore progredivano « nella via della perfezione », e la novizia dimostrava impegno. Madre Rachele le rispose il 28 maggio, esprimendo la sua consolazione.31 In quello stesso giorno scrisse anche alle suore consigli ed esortazioni.32 La sua soddisfazione traspare anche dalla lettera inviata il 28 maggio 1843 a don Monari: « Sono pure compresa di gratitudine verso il nostro buon Gesù, perché concorre coll’effusione dei suoi lumi sopra cotesta degnissima Superiora, dirigendo così bene le sue figlie. Godo pure che desse diligentemente corrispondano, investendosi sempre più dello spirito delle Regole [...]. Mi rallegro parimenti che abbiano accettato la Pia Opera altre due Parrocchie, avendo anche a tanto bene influito le dette Suore, ma credo che la maggior parte l’abbia avuta la Signoria Vostra Molto Reverenda ». Apprese con piacere che il Monteventi aveva fatto il testamento a favore delle Suore Dorotee, e ne ringraziò « la divina bontà, che giammai manca di sua Provvidenza con noi sue creature ».33 Si disse contenta della liberalità del Monteventi, perché concorreva « all’incremento della Pia Opera, aumentandosi così il numero delle persone che cooperano a riformare i costumi delle povere fanciulle, le quali, allevandosi morigerate giovani, avranno anche buone spose e buone madri, modificando in tal guisa, almeno in parte, i perversi esempi della società ».34 Nell’agosto del 1843 le condizioni di salute della Sanfermo non erano buone, e i medici consigliarono il cambiamento di aria. Madre Rachele decise di recarsi con lei nello Stato Pontificio e di fare una visita alla casa di Bologna, ricorrendo circa un anno dall’emissione dei voti.35 Mentre erano in viaggio, il 18 agosto a Rovigo seppero dei disordini scoppiati a Ferrara e a Bologna; fu quindi mutato l’itinerario e si diressero nel Tirolo.36 Il 13 settembre 1843 scrisse al Monari: « Non mi fa meraviglia l’allontanarsi della Rita, perché l’avevo predetto fino dal primo momento che la vidi. Quante volte benedirei l’amabilissimo Gesù, se meno pronta fossi a scorgere il futuro, ma io spero che la stessa luce, la quale serve a molto farmi soffrire, vorrà Dio, ch’è così buono, riceverla, benché oscurata dalla mia miseria, com’io gliela offro a sacrificio. La ringrazio infinitamente, pel fervore cui conosco Ella opera in vantaggio del povero Istituto delle Suore Dorotee. Io non so abbastanza esternarmi, per mostrarle di quanta gratitudine sia compreso il mio cuore».37 Il 24 settembre, a nome di mons. Balbi, pregò il Monari di disporre che le suore della comunità di Bologna rinnovassero i voti il 29 settembre, unendosi così spiritualmente a quelle di Venezia, che li avrebbero rinnovati in quello stesso giorno. Assicurò che si sarebbe portata a Bologna nel mese di ottobre, per la professione delle altre.38 Ma non poté recarvisi a causa della solita infiammazione degli occhi. Perdurando l’indisposizione, il 12 novembre 1843 chiese per iscritto al card. Oppizzoni l’assenso che nella casa delle Suore Dorotee di Bologna potesse professare Elisabetta Bragaglia e vestire l’abito religioso Clementina Zecchi, avendo ambedue dato prove di ottimo spirito e vera vocazione.39 In quello stesso giorno comunicò al Monari che ella si sarebbe recata a Bologna nella primavera del 1844,40 e scrisse alla Donini: «Dalla lettera del Signor Priore, scorgo la brama che sentono le due giovani Elisabetta e Clementina; la prima di legarsi più strettamente al buon Gesù coi Santi Voti, per mezzo della professione religiosa; e l’altra in vestendo il benedetto abito delle Suore. Io non posso che approvare con gaudio il desiderio loro; solo vi prego di ripetere loro spesso che rendano testimonianza coi fatti alla verità. Il giogo del Signore è soave, nonché leggiero, lo dice Cristo nel Santo Vangelo, ma ciò riesce a quelli che solo amano Dio; si tengano adunque alla sua presenza, e non vogliano essere più di Lui. Egli fu vituperato, flagellato, coronato di spine, tradotto da uno all’altro tribunale, infine morì sopra la croce per nostro amore».41 Madre Rachele il 29 gennaio 1844 comunicò alla Donini: «Riguardo poi alle scuole, mettetevi nella mente che non è sua Eminenza quello vi cerca per impiegarvi in esse, ma il buon Gesù, che di lui si serve per chiamarvi, affine possiate formare il cuore delle fanciulle. Pregatelo dunque che ciò avvenga, e vedrete gran bene, come al presente lo fate in coltivando quelle di S. Pellegrino ed altre per mezzo della Pia Opera ».42 Alle suore raccomandò l’ubbidienza, la mortificazione, l’umiltà e lo zelo per la formazione delle fanciulle. Visitò la casa di Bologna nel viaggio di andata a Roma (aprile 1844) e al ritorno (giugno 1844).43 I suoi rapporti epistolari con quella comunità continuarono.44 L’ultima sua lettera conservataci è indirizzata alla Donini nel marzo 1845. In essa leggiamo: « Molte volte portai il mio pensiero a voi ed a tutte le care figlie, che tanto ho in cuore, ma non sapevo che cosa pensare in non ricevere vostre nuove. Con rincrescimento intendo che vi trovate sempre di mala salute. Fatevi coraggio; le pene, che ora soffrite, certo vi fruiranno un eterno bene mentre a quelle che patì Gesù le unite [...]. I giorni fuggono presto; procurate, care, di conformarvi perfettamente alla sempre amabilissima volontà di Dio, e pregatelo disponga ciò che saravvi di maggior sua gloria e vantaggio delle anime vostre che solo dovete tener a Lui presenti; noi pure preghiamo perché così avvenga ».45 Le lacune del carteggio non permettono di conoscere le successive relazioni di Madre Rachele con la casa di Bologna. Della Madre Sanfermo ci è stata conservata una sola lettera diretta il 1° giugno 1847 alla Donini, per chiedere preghiere in suffragio della defunta suor Giuliana Tommasi. Ai propri saluti univa « gli affettuosi sentimenti della Madre Assistente », Rachele Guardini.46 Nel 1849, dopo la morte di don Giacomo Negri, le suore si trasferirono in un appartamento nella parrocchia di S. Sigismondo; passarono poi nella casa lasciata loro dal Monteventi in borgo S. Marino nella parrocchia di S. Maria Maddalena. Nel 1852, per consiglio di mons. Teloni e con il consenso di don Luca,47 la casa di Bologna passò all’Istituto della Frassinetti. Si risolse in tal modo una serie di difficoltà relative all’eredità Monteventi. Don Luca continuò ad aver cura di quella comunità.48 [Pagina bianca]
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30 Cf. lett. n. 711. 31 Cf. lett. n. 728. 32 Cf. lett. n. 727. 33 Lett. n. 729. 34 Lett. n. 728. 35 Cf. lett. nn. 741, 742. 36 Cf. lett. nn. 750, 751. 37 Lett. n. 750. 38 Cf. lett. n. 752. 39 Cf. lett. n. 769. 40 Cf. lett. nn. 770, 832. 41 Lett. n. 771. Il 6 febbraio 1844 la Bragaglia emise i voti e la Zecchi fece la vestizione: cf. lett. n. 808. 42 Lett. n. 808. 43 Cf. lett. nn. 841, 851, 854, 873. 44 Cf. lett. nn. 961 (13-10-1844) alla Donini; 980 (15-11-1844) al Monari; 1006 (23-12-1844) alla Donini. 45 Lett. n. 1075. Dalla lett. n. 1078 apprendiamo che don Luca, nell’aprile 1845, fu nella casa di Bologna. 46 Cf. ASDR. 47 Cf. Memorie intorno alla Venerabile Serva di Dio Paola Frassinetti, cit., pp. 115-116. 48 Cf. P. Guerrini, Le Dorotee di Brescia, cit., lett. nn. 239, p. 218; 240, p. 219; 244, p. 221; 268, p. 235; ecc. |
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