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Vincenzo Carbone
Una contemplativa nella vita attiva. M. Rachele Guardini

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  • Volume I. LA VITA E L’OPERA.
    • Capitolo XI. LA CASA DI CEMMO.
      • 2. Trattative per la fondazione di una casa di Suore Dorotee.
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2. Trattative per la fondazione di una casa di Suore Dorotee.

Maturata la vocazione religiosa, la Panzerini e la Cocchetti si orientarono verso le Canossiane5 per una fondazione in Cemmo. I tentativi però non ebbero esito. Pensarono allora


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all’Istituto delle Suore Dorotee di Venezia, conosciuto attraverso don Luca, che era uno dei padri spirituali della Cocchetti.

Nel novembre del 1839 ella espresse il desiderio di vedere le Regole dell’Istituto. Don Marco, a nome di don Luca, pregò Marina Marini di Brescia di mandargliene una copia.6

La Cocchetti si diresse così, sotto la guida di don Luca, all’Istituto delle Dorotee di Venezia. Il cammino fu favorito dalla conoscenza che ella aveva della Pia Opera, nella quale lavorava,7 e dal suo zelo per le ragazze.

Passò qualche anno, prima che la cosa si concretasse. Non mancarono intralci, che vennero agevolmente superati.

Emersero pure le diversità del temperamento di don Luca e di Madre Rachele: il primo, portato dal suo dinamismo a bruciare le tappe, fiducioso nella divina provvidenza; l’altra, spinta dalla prudenza, voleva fin dall’inizio le cose chiare e ben regolate; confidava nella provvidenza, ma non voleva tentarla. Però la grande fede e lo zelo di entrambi, la fiducia di don Luca in Madre Rachele e la devota ubbidienza di questa a don Luca li portavano sempre a concordare nelle iniziative apostoliche.

Nel carteggio di Madre Rachele il primo accenno all’apertura della casa di Cemmo appare in una lettera del 19 settembre 1841.


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Il p. Angelo Taeri, recatosi a Venezia per predicare gli esercizi alle suore, ne parlò, a nome di don Luca, a Madre Rachele, facendole « conoscere quanto quella importa ».

In quei giorni Madre Rachele era presa dall’imminente fondazione della casa di Padova. Avvertiva quindi la difficoltà di assumere un nuovo impegno, data la scarsezza di soggetti, tuttavia acconsentì alla richiesta; ma desiderava che si procedesse con prudenza, disponendo tutto chiaramente.

Scrisse a don Luca: « Ella conosce la Rachele ed il cuore della stessa; perciò le dico che l’umanità sua si opporrebbe in questo momento, attesa la pochezza degl’individui atti a sostenere fondazioni; ma il cuore, che non è suo ma di Gesù, offregli tutto quello ha di buono, contentandosi di novellamente affaticare, per poi privarsi, affine di dargli un attestato di quell’amore che vorrebbe possedere  ».

Convenne con il p. Taeri che la Cocchetti si recasse al più presto a Venezia. Se fosse stata riconosciuta idonea, nel mese di novembre sarebbe ritornata a Cemmo. In caso contrario, si sarebbe fermata a Venezia per prepararsi. Nel frattempo, Madre Rachele avrebbe mandato a Cemmo una suora maestra, per supplire la Cocchetti nella scuola, e suor M. Chiara De Micheli come superiora.

Terminata la preparazione, la Cocchetti sarebbe ritornata a Cemmo e la suora maestra sarebbe stata richiamata a Venezia.

Madre Rachele concludeva: « Le raccomando di usare tutta la prudenza, onde ben regolate sieno le cose, cioè che i documenti sieno fatti in regola, perché non bastano le belle disposizioni. Siamo mortali, dunque parmi prudenza disporre tutto cautamente.


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Riguardo poi alla Sig.ra Erminia, ella troverà sempre la porta dell’Istituto aperta per lei ».8

Madre Rachele, decisa ormai per quella fondazione, alla fine di settembre assicurò don Luca: « Per la fondazione di Cemmo si concerterà tutto, ed Ella esaminerà se ciò le piace ».9

Il 19 ottobre la Cocchetti si recò a Bergamo, per incontrare don Luca. Questi il 20 scrisse alla Marini: « Oggi [la Cocchetti] è partita per Venezia onde ritornare colle Suore per stabilire la casa a Cemmo. Sembra tutto ben combinato, ed ecco così aperta la porta per la fondazione di Brescia ».10

In quei giorni Madre Rachele si trovava a Padova, per avviare il lavoro delle suore che vi aveva accompagnate. La Cocchetti, forse informatane, dovette rimandare il viaggio a Venezia. Vi si recò il 28 ottobre, nella certezza di condurre con sé due suore.11

Madre Rachele fu sorpresa nel vederla. Non avendo avuto più alcuna comunicazione, pensava che la cosa fosse rimandata, ragione per cui aveva promesso di inviare a Padova qualche altra suora.

Ella comunicò al p. Taeri che mons. Balbi era tuttora disposto a mantenere la parola, secondo le condizioni indicate, desiderava però « di vedere le necessarie carte [...], per non operare con imprudenza. Siamo mortali, perciò quando ben ordinate saranno le cose, ed abbiano desse [le suore] una guida


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sicura, faremo il sacrificio di staccarle da qui; altrimenti non allontaniamo nessuna ».12

Il pensiero del Balbi e quello di Madre Rachele coincidevano. Entrambi erano favorevoli alla fondazione in Cemmo, ma prudentemente volevano ogni cosa in regola. Tra l’altro, bisognava risolvere il problema del sostentamento. Di conseguenza la Cocchetti ripartì sola da Venezia.

Madre Rachele ne provò pena e con franchezza scrisse a don Luca: « Par proprio che il buon Gesù si compiaccia di volermi esercitare nella pazienza. Sia Egli benedetto e mi conceda la necessaria fortezza, onde abbia sempre da vincere!

Ma perché, Padre mio, disporre le cose con tanto precipizio? Le avevo pure chiaramente scritto che io non allontanerò le figlie, se assicurata non sono pel mantenimento loro.

Mi si dice: vi sarà, ma non posso appoggiarmi alla parola; che vegga l’obbligazione necessaria e fondamentata sia sopra qualche stabile o capitale.

Credo Dio infinitamente provvido e lo esperimento, ma lo Stesso vuole che usi la prudenza ben dovuta, perché l’opera sua perfezionasi. Siamo mortali, perciò è bene operare cautamente ».13

Madre Rachele manifestò anche al p. Taeri la sua pena nell’aver lasciato partire la Cocchetti senza le due suore e gli ricordò quanto aveva detto a lui e a don Luca: « non lascerò partire le Suore, se non veggo ben concertate le cose, per cui gl’individui non abbiano a trovarsi nella dura necessità di fare qualche figura, lasciando forse in altro tempo quel luogo ».


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La Cocchetti infatti, era disposta ad assicurare il mantenimento di una sola suora, non della seconda.

Madre Rachele rileva al p. Taeri: « Ella, che riflette senza trasporti, chiaramente conoscerà essere imprudenza il pretendere di fare una fondazione cotanto in aria.

Io sono, per disposizione divina, costituita madre di queste creature, che per amor di Dio qui si unirono. Desse adempire devono il voto dell’obbedienza, ed io debbo aggiungere quello della prudenza, perché le necessità del corpo non abbiano a far loro perdere lo spirito ».14

Anche a don Luca ripeté: « Quando assicurata non sia del mantenimento per gl’individui che staccherò dall’Istituto, cioè almeno per due, non li lascerò partire ».15

Don Luca, ricordandole l’articolo delle Regole sui « fondi »,16 la esortava a confidare nella Provvidenza. Madre Rachele gli disse che conosceva quell’articolo, ma non poteva e non doveva tentare Dio. « Ella mi dice che, non sostentandosi le case figliali, potranno le Suore tornare alla Centrale; ed io dimando, con che verranno nella stessa mantenute? Se questa tenesse fondi, sarei di opinione di abbandonarsi qualche volta alla Provvidenza, ma siccome ho fin qui ricevuto individui, che privi sono della dotazione, affine di poter promuovere le fondazioni, egli è ben giusto che voglia essere garantita, onde non trovarmi, ritornando esse all’Istituto, imbarazzata per mantenerle ».17


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L’altro punto fermo per Madre Rachele, come aveva precisato anche nella fondazione di Padova, era l’assoluta salvaguardia dello spirito dell’Istituto: « Dalla Sig.ra Cocchetti avrà inteso che io sono disposta di usarle tutte le indulgenze possibili, quando si concordino con lo spirito del nostro Istituto ».18

Madre Rachele, senza esserne preavvertita, si trovò dinanzi ad una decisione diversa dalle condizioni da lei indicate. Per questo il primo incontro con la Cocchetti non ebbe il risultato desiderato.

Madre Rachele era una donna forte, franca ed amante della chiarezza, rifuggiva però da rotture. Il dialogo, appena iniziato, subì una battuta di arresto, ma non fu chiuso. Riprese dopo pochi giorni di riflessione e serena valutazione.

Infatti, il 13 novembre 1841 la Cocchetti scrisse alla Madre Rachele: « Se con mio dispiacere non ho potuto costì trattenermi e poter effettuare ciò che desiderava, ho almeno avuto la compiacenza di conoscere Vostra Signoria; e la lusinga di poter tra breve essere consorella di cotesto Instituto è quella che assai mi rallegra ».19

Alla lettera accluse una copia dell’atto di obbligazione di don Vincenzo Panzerini, pregando Madre Rachele di esaminarlo e di farle sapere se rispondeva al suo desiderio e come dovevano « essere fatte le carte ».


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Madre Rachele, la sera del 26 novembre, ebbe da mons. Balbi la suddetta lettera della Cocchetti. Le rispose il giorno seguente, confidandole di aver molto pensato alla sua sofferenza nel viaggio di ritorno a Cemmo, e le rivolse parole di conforto: « L’avvenuto non ci deve turbare, ma incoraggire, assicurandoci della massima di S. Vincenzo de’ Paoli ‘che non vi ha cosa al mondo più contraria pel buon successo dei negozi spirituali, che la precipitazione’. Consoliamoci adunque, sperando vantaggioso il tempo che percorre senza il desiato effetto.

Mi rallegra molto il desiderio, che mostra, di legarsi come sorella di quest’Istituto. Io sono persuasissima della riuscita, perché una grande prova mi ha data dello spirito suo, nell’occasione favorevole per meritarsi le benedizioni del Signore nel suo viaggio ».

Madre Rachele assicurava poi la Cocchetti che l’atto di obbligazione, inviato in visione, rispondeva ai desideri di mons. Balbi; poteva quindi essere redatto in carta bollata e sottoscritto dai testimoni.20

Nello stesso giorno comunicò al p. Taeri di avere scritto alla Cocchetti: « Spero che le cose riesciranno bene, attenendomi alla massima di S. Vincenzo de’ Paoli, che diceva: la precipitazione negli affari spirituali è dannosissima. Il tempo


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adunque, che percorre, sarà – spero – favorevole a quella fondazione ».21

Tutto ormai era chiarito di comune accordo; trascorsero però altri otto mesi prima che avvenisse l’apertura della casa. Le lacune del carteggio in quel periodo non permettono di seguire lo sviluppo della vicenda.

 

 




5 Don Luca ebbe una parte primaria nei rapporti fra la Panzerini e la Canossa e fra la Canossa e la Cocchetti. Il 1-5-1827 la Panzerini scrisse alla Canossa: « Io riconosco la sospirata grazia che mediante l’intercessione dell’illustrissimo S.re Conte Passi dalla degnazione di V.S. Illustrissima mi venne fatto di accettarmi fra il glorioso novero delle ben avventurate sue figlie spirituali »: minuta in ASDC, fasc. 5, cart. 12.

Nella lettera inviata il 28-8-1830 dalla Canossa a Domenica Faccioli, superiora a Bergamo, leggiamo: « Se vedete il signor Conte Luca, o il signor Conte Marco dite loro che ier l’altro all’improvviso mi giunse la signora Erminia di Cedegolo. Il Signore ce la mandi buona perché sembra a noi molto buona ma dubbiosissima in tutto »: Epistolario di Maddalena di Canossa (1774-1835), a cura di E. Dossi, Roma 1982, vol. III/4, lett. n. 2174, p. 2495.

Il 5-10-1831 la Canossa pregò la Faccioli di domandare a Elena Bernardi la risposta di don Luca riguardo alla Cocchetti, se cioè questa andava a Lonato o a Cemmo: cf. ibid., lett. n. 2370, p. 2932. Il 29 dello stesso mese la Canossa chiese alla Faccioli: « Quando mi scriverete mi direte quando il suddetto signore [don Luca] ha stabilito di partire per Cemmo »: ibid., lett. n. 2380, p. 2949.



6 Cf. P. Guerrini, Le Dorotee di Brescia, cit., lett. n. 9, pp. 40-41.



7 Nel 1823 don Luca l’aveva nominata bibliotecaria della Pia Opera a Rovato: cf. « Memorie storiche intorno alla fondazione ed ai progressi dell’Oratorio della Presentazione di Maria Vergine Santissima erettosi per le giovani di Rovato di questo pio Istituto », ms., f. 17r, APSMAR.



8  Lett. n. 575; cf. lett. n. 604.



9 Lett. n. 595.



10  P. Guerrini, Le Dorotee di Brescia, cit., lett. n. 33, p. 58.



11 In quel giorno Madre Rachele scrisse al p. Taeri: « In questo punto, 11,30 antimeridiane, la Sig.ra Cocchetti è giunta all’Istituto, con suo fratello »: lett. n. 604.



12 Lett. n. 604.



13 Lett. n. 605.



14 Lett. n. 606.



15 Lett. n. 608.



16 « Sul principio i fondi di questo Instituto saranno quelli, ch’ebbero generalmente tutti i pii Instituti, cioè la Provvidenza di Dio e la carità de’ fedeli, e il lavoro delle proprie mani »: parte I, cap. III, § 1, p. 10.



17 Lett. n. 608.



18 Lett. n. 606.



19 Doc. n. 64. Nella lettera, firmata anche dalla Panzerini, si specificava che entrambe si obbligavano a versare £. 600 all’Istituto per il tempo della prova e del noviziato; poi, se ammesse alla professione, avrebbero corrisposto la dote dovuta. Qualora invece non venissero ammesse nell’Istituto, la loro obbligazione sarebbe cessata e avrebbero fatto « alla casa di Cemmo un regalo per così coadiuvare all’opera del Signore ».



20 Cf. lett. n. 613. Madre Rachele si diceva d’accordo sulla durata dell’obbligazione della Panzerini e della Cocchetti per il tempo di prova e di noviziato, che sperava breve, date le loro doti personali: « Giunte alla professione, contribuiranno come sono persuase la dote stabilita nella Regola nostra, ed allora, dietro quello che crederanno i Superiori migliore, si lascerà una delle Suore oppure due. Succedendo poi, com’Ella dice, che per qualche motivo dovessero l’una o l’altra allontanarsi dall’Istituto (che ciò credo non avvenirà), trovo prudente quanto offrono, cioè di obbligarsi a fare in tal caso un regalo, perché l’opera del Signore abbia buon esito; ma questa loro offerta la riguardo coll’occhio semplice della carità ».



21 Lett. n. 614.






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