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Vincenzo Carbone
Una contemplativa nella vita attiva. M. Rachele Guardini

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  • Volume I. LA VITA E L’OPERA.
    • Capitolo XVI. MADRE RACHELE PRIMA ASSISTENTE DELLA MADRE SANFERMO.
      • 3. Maestra delle novizie.
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3. Maestra delle novizie.

Dal mese di settembre in poi la sua salute continuò abbastanza bene, sì da consentirle non solo di svolgere gli incarichi che già aveva,35 ma di addossarsi in più quello del noviziato.

Maestra delle novizie era suor Maria Luigia Roberti che, per il suo temperamento timido, non era del tutto idonea.


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La Sanfermo, esponendo a don Luca le difficoltà della casa di Venezia, accennò al malcontento, che regnava in noviziato: « Sento pure continui lagni dalle Novizie per lo spirito legato della Madre Maestra ».36

Lasciò passare alcuni mesi, nella speranza che la situazione mutasse, ma alla fine di settembre o ai primi di ottobre affidò la guida del noviziato a Madre Rachele. La scelta fu quanto mai felice; il suo ritorno in noviziato vi riportò la serenità e la pace.

La Sanfermo, nel registrare il celere mutamento, esalta le doti di formatrice che Madre Rachele aveva: « La nuova Madre Maestra è un portento per le novizie; vedo chiaramente che il Signore l’ha voluta onde allevare delle buone Suore ».37 Ancora: « La salute della Madre Maestra non può esser migliore: le Novizie sono beate di averla; presto darà principio alla lingua inglese, perché non si sa cosa vorrà il Signore ».38

 

Gli anni 1848 e 1849 furono particolarmente difficili, per gli avvenimenti che sconvolsero Venezia. Nella primavera del 1848 scoppiò la rivoluzione, che portò alla costituzione del governo provvisorio e alla proclamazione della repubblica. Vi furono poi le epidemie di vaiolo e di colera.


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Del 1848 non abbiamo alcuna lettera della Sanfermo; ne è stata conservata soltanto una di Madre Rachele alla Cocchetti.39

Scoperti sono anche i primi cinque mesi del 1849. Dobbiamo arrivare al 28 maggio, per trovare un’altra lettera della Guardini.

Per timore dei bombardamenti, la Sanfermo decise di far allontanare le suore dalla casa di S. Andrea, troppo pericolosa, perché vicina alla stazione ferroviaria e nella zona esposta della città.40

Dapprima, si era pensato di trasferirsi al palazzo Sanfermo, ma il consigliere Angeloni lo sconsigliò. Si scelse allora la casa dei Catecumeni alla Salute, ritenuta più sicura per la sua ubicazione.

Madre Rachele scrisse al patriarca, pregandolo di intervenire presso la direzione, perchè non ponesse ostacoli.41

Le suore con le educande vi si trasferirono nel pomeriggio del 31 maggio.42 A custodia della casa di S. Andrea rimase suor Costanza Ballardini.43


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Il 23 agosto 1849 Venezia si arrese agli Austriaci. Ristabilitosi l’ordine, le suore, il martedì 28 agosto, dopo tre mesi, fecero ritorno alla loro casa di S. Andrea.44

Le comunicazioni, che per un lungo periodo erano state ostacolate,45 divennero regolari. Riprese, quindi, la


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corrispondenza di Madre Rachele con mons. Farina e don Luca.

Il 30 agosto, rispondendo al Farina, ella scrive: « Noi eravamo in mezzo alle circostanze più orrende, ma salvate fummo dalla bontà di Gesù e di Maria, e tengo anche abbia cooperato a ciò la nostra Santa Dorotea. In vero non abbiamo patito che per quelli [che] soffrivano, ed il mio cuore avrebbe voluto sacrificarsi per tutti, ed ogni momento lo offeriva, ma non era certo abbastanza apparecchiato, perché non si è ancora consumato intieramente ».46

Ripresero anche i contatti epistolari della Sanfermo con don Luca47 e con le suore delle altre case.48 Degno di rilievo è quanto scrisse alla Cocchetti: « La Madre Maestra, che tanto vi saluta, ha dato dei nuovi frutti nel Noviziato, diminuendo le Educande maggiori; diamo di tutto lode al caro Gesù ».49 Alcune educande infatti, sotto la guida di Madre Rachele, maturarono la vocazione religiosa ed entrarono nell’Istituto.50

Il 6 ottobre ebbe inizio il corso annuale di esercizi spirituali. Al termine si svolse l’elezione della superiora. La Sanfermo venne confermata per un altro triennio.


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Madre Rachele, contenta, il 16 ottobre pregò il patriarca di voler « particolarmente » benedire la superiora, « perché il buon Gesù la sostenga nel gravoso ufficio suo ». Aggiungeva: « Per quanto io potrò, certo non ometterò giovarla ».51

La salute di Madre Rachele veniva provata di tanto in tanto da qualche disturbo. Il 19 novembre 1849 ella confidò al Farina: « Continuo ad essere  debolissima e forte  insieme; sempre il buon Gesù mi regala con dolori e frequenti febbri; da un anno e più sono minacciata d’idropisia, malattia di famiglia. Questa si è manifestata colle febbri e veementi pulsazioni di cuore […]; tuttavia il buon Gesù mi lascia stare in piedi e m’aiuta a portare i miei maletti con allegrezza ed attività, quasi non li patissi ».52

Le era di grande conforto il profitto delle giovani affidate alle sue cure. Umilmente confessava alla Olivieri: « Provo una grande confusione, quando penso alla mia pochezza, per essere stata dal buon Gesù innalzata [a] cooperare alla salute delle anime; ma tanta sente inoltre brama l’anima mia di veder amato il buon Gesù che, trasportata di tenerezza, godo in vedere quanto sono virtuose le giovanette affidatemi; per cui, elettrizzata da questo dolce contento, vivo beata e posso portare attivamente in piedi i quotidiani maletti che sonomi carissimi, perché temerei di non seguire Gesù, se non fossi di questi regalata ».53

Il lavoro compiuto in quegli anni da Madre Rachele nell’educandato e nel noviziato fu prezioso per l’Istituto. Sotto la sua guida il noviziato conobbe un periodo di


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splendore. Il numero delle novizie andò sempre più crescendo; da sette – quante erano nel 1847 – passò a ventidue nel 1851. Questo incremento consentì l’apertura di nuove case.54

Dall’annotazione di due verbali della Pia Opera appare l’intenzione di don Luca di affidare a Madre Rachele la fondazione della casa di Forlì.55 Della notizia non si trova conferma in altri documenti. Di fatto Madre Rachele fu lasciata a Venezia. Pertanto, se don Luca davvero aveva pensato al trasferimento di lei, decise poi diversamente, forse per la malferma salute di Madre Rachele, o perché la Sanfermo non volle privarsi della sua valida collaborazione.

 

Nel marzo del 1850, essendosi sparsa la voce della nomina di don Luca a vescovo di Brescia, Madre Rachele temette che il fatto, se vero, gli impedisse di perfezionare l’opera incominciata. Sicura però che nulla avviene che Dio non voglia o permetta, contenta ripeté il suo fiat.56


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Lo stesso pensiero espresse quando mons. Farina fu eletto vescovo di Treviso. Ella, infatti, aveva conservato ottimi rapporti con Vicenza, dopo aver terminato l’incarico di superiora. Il 3 aprile 1847 scrisse al Farina: « La presente carestia mi ferisce tante volte, quante a cotesta Casa corre il mio pensiero, e vorrei poter mostrare col fatto quanto io l’amo, e nella mia impotenza di operare picchio ai Cuori dolcissimi di Gesù e di Maria, perché provvedano ad essa ».57

Il 20 dicembre 1849, rispondendo alla Olivieri, afferma: « Sono restata mortificata, quando ho cominciato a leggere, trovando una nuova maniera di esprimersi. Cara Madre, passa il tempo sì, ma non cessa la Rachele di essere sempre la gratissima Rachele; in Lei giustamente veggo la mia prima Madre; dunque mi tratti come ha sempre fatto con mio piacere ».58

Quanto affetto nutrisse per l’Istituto di Vicenza e come ne desiderasse lo sviluppo e la prosperità, lo dimostrò in occasione della promozione del Farina all’episcopato.

Il pensiero che, venendo meno il suo sostegno, l’Istituto di Vicenza potesse riportarne danno, le fu motivo di sofferenza. Però lo spirito di fede le fece superare ogni timore. Si abbandonò pienamente alla divina volontà, che « tutto dispone per il meglio ». Il 10 giugno 1850 scrisse al Farina: « Sappia [...] ch’io non lascerò di pregare, acciò si compisca nel modo il più perfetto la divina volontà, quand’anche le nostre umanità venissero per sì nobile motivo a soffrire ».59

Tre giorni dopo, scriveva ancora: « Sì, la volontà di Dio si è spiegata! Baciamola dunque, Monsignore, ripetendo con


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tutta la generosità dell’anima, sia fatta sempre da noi quaggiù in terra, come la fanno gli Angeli e Santi nel cielo! [...] Oh bella volontà di Dio! sazietà dell’anima, calma nelle angustie, fortezza soavissima in tutte le circostanze della vita. Oh amabilissima volontà di Dio! ». Assicurava, quindi, le preghiere sue, delle suore, delle novizie e delle fanciulle, per ottenere grazie speciali al Farina e all’Istituto di Vicenza.

Concludeva: « la Signoria Vostra faccia ogni sforzo per lenire il peso a cotest’amata Comunità ».60

Lo stesso 13 giugno inviò anche alla Olivieri una lettera di conforto, esortandola ad adorare la volontà di Dio: « quello [che] ci viene dalla sua mano è buono relativamente a Lui, ch’è bontà per essenza, [e] buono per noi ». Egli infatti « conosce che cosa ci sta bene ».61

Mentre era a Padova, avrebbe voluto recarsi a Vicenza, per ossequiare di persona mons. Farina e rivedere « l’amata comunità »; non avendo però il permesso, fece della sua « viva brama un’offerta » al Signore e alla Madonna.62

 

Le ricadute nella malattia, sempre più frequenti e prolungate, avevano ormai consumato le forze di Madre Rachele. All’inizio del 1852, una nuova crisi la portò vicino alla morte. Il 4 febbraio ricevette il Viatico;  la sera, fu esposto il Santissimo e si pregò per la sua agonia.63


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Non era però ancora giunta la sua ora! La notte tra il 5 e il 6 febbraio, giorno dedicato a Santa Dorotea, si verificò un sensibile mutamento, che procurò la meraviglia del medico curante; ma le sofferenze continuarono fino al 25 marzo.64

L’11 aprile Madre Rachele disse alla Olivieri di essere stata « lasciata per un poco ancora in questo esilio ».65

Appena cominciò a stare benino, fu destinata all’ufficio di superiora del conservatorio delle Zitelle.66

Si trovava ivi da una quindicina di giorni, quando venne eletta la nuova superiora della casa centrale. Il 9 settembre


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1852 suor Maria Luigia Roberti fu chiamata a succedere alla Sanfermo.67

In quello stesso giorno Madre Rachele scrisse alla Roberti, che ella aveva accolta nell’Istituto ed avviata alla vita religiosa, una nobile lettera, espressione dello spirito soprannaturale che l’animava.

Le confermò « l’affetto rispettoso », sempre nutrito per lei, e le confessò di non aver avuto il coraggio di concorrere a porle sulle spalle quel peso, « conoscendo la sua timidezza e le pene, a cui va soggetto il suo spirito ».

La incoraggiò, esortandola ad aver fiducia nel Signore, che non le avrebbe fatto mancare l’aiuto della grazia. Concludeva, dichiarando la sua sottomissione: « Da questo momento la prego disporre di me con libertà, sicurandola che, ove potrò coadiuvarla perché abbiano felice esito le disposizioni del nostro buon Gesù, sarò contenta di farlo, quand’anche mi costasse qualche sacrificio ».68

La Sanfermo fu nominata assistente ed economa.69 Il 9 settembre Madre Rachele le scrisse: « L’essere sollevata dal peso


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di reggere, la pone più facilmente in potere di eseguire quanto S. Bernardo a se stesso frequentemente diceva, cioè: perché sei tu entrato in religione? A questo fine Le ricordo quanto mi disse pochi giorni prima di compire il suo regime, che qui verrebbe a fare i Sti Esercizi ».70




35 Cf. le lett. del 16-9-1847 della Sanfermo alle suore di Cemmo Illuminata Alberti e Cherubina Padovan, ASDR.



36 Lett. del 4-3-1847 (doc. n. 195).



37 Lett. del 13-10-1847 a don Luca, ASDR. Lo stesso pensiero esprime alla Cocchetti: « La Madre Assistente è stata fatta anche Madre Maestra; non ci voleva altra che questa per allevare delle buone e brave suore; presentemente tiene 7 Novizie e tutte sono beate della loro Madre; pregatele dal Signore che le continui la salute, acciò possa andare avanti ad adoperarsi per il bene dell’Istituto »: lett. del 25-11-1847, ASDR.



38 Lett. del 23-11-1847 a don Luca, ASDR. Anche nella lett. del 22 dicembre la Sanfermo informa don Luca che le cose « progrediscono bene, la salute della buona Madre Maestra non può esser migliore »: ASDR.



39 Cf. lett. n. 1122. Riguarda la pratica in corso per il riconoscimento civile della casa di Cemmo come filiale di quella di Venezia.



40 « E più che in ogni altro tempo rifulse la sua [della Sanfermo] carità all’epoca del 1848, in cui i torbidi politici fecero tanto male e che gl’individui dell’Istituto, sia Suore che educande, per mettersi in sicuro dalle armi da fuoco che si scagliavano contro la città, dovettero abbandonare la propria dimora e cercar alloggio presso le R.M. Canossiane / Catecumeni / alla Salute »: « Memorie della vita delle Suore di Santa Dorotea morte nella Congregazione cominciando dall’anno 1876 », ms., I, pp. 85-86, ASDR.



41 Cf. lett. n. 1123.



42 « Nel 1848, epoca fatale della guerra, fu obbligata la Superiora di traslocare la Comunità presso le R.R. M.M. Canossiane alla Salute. Ciò venne eseguito il 31 Maggio, dopo aver la mattina fatto solenne funzione ad onore di Maria S.S. e l’Educande recitato un dialoghetto che chiudevano incoronando la cara Madre Maria. A tale festa trovavansi presenti il R.mo  Arc. di Ravenna Mons. Falconieri ed il R.mo  Mons. Giorgio Hurmuz Arc. dei R.R. P.P. Armeni Mechitaristi, nonché buon numero di Sacerdoti e di altre persone. Nel dopo pranzo la Comunità si partiva pel luogo stabilito e dovette restarvi sino al termine della guerra, cioè tre mesi circa »: « Memorie sull’Istituto», cit., p. 9. L’anno è errato; bisogna leggere 1849: cf. le lett. nn. 1123, 1124.



43 Ella « non peritò all’epoca della Rivoluzione del 1848-49, e quando pel bombardamento della città di Venezia, la Comunità fu obbligata di lasciare la casa di S. Andrea per andare alla Salute nella casa dei Catecumeni, ove fu accolta dalle R. M. Canossiane, non peritò, dicevo, di rimanersene sola di notte a custodire la casa, ed ogni giorno andarsene ai Catecumeni colle provviste necessarie al mantenimento delle Suore ed Educande »: « Memorie della vita delle Suore di Santa Dorotea », cit., p. 99.



44 Cf. lett. n. 1124.



45 Don Luca il 6-2-1849 aveva scritto al Farina: « Di Venezia da marzo a questa parte non ho saputo più nulla »: ASDV, I. 79. A sua volta mons. Farina il 1-5-1849 gli comunicò: « Della Rachele mai nulla seppi. Se avrò qualche nuova mi faccio carico di fargliela notare »: minuta in ASDV. Ancora, il 25 dello stesso mese don Luca ripeteva al Farina: « Di Venezia non ho da tempo più nulla. Poverette saranno in grandi strettezze. Preghi e faccia pregare anche per esse »: ASDV.

Il 6-9-1849 don Luca da Calcinate informò la Marini: « Finalmente ho avuto ottime notizie delle nostre Sorelle di Venezia, di Roma, di Macerata, di Fabriano, sebbene non dettagliate. Il sussistere, specialmente quelle di Roma e di Venezia, io lo considero come un tratto speciale di Provvidenza; unitevi meco colle vostre compagne a ringraziare il Signore »: ASDR, in P. Guerrini, Le Dorotee di Brescia, cit., lett. n. 142, p. 148.

In quello stesso giorno, anche don Marco comunicò alla Marini « Ha scritto Rachele. Il Signore le ha conservate in mezzo a tante pene, ma non viene a dettagli »: ibid., lett. n. 143, p. 149.



46 Lett. n. 1124.



47 L’8-9-1849, tra l’altro, gli comunicava: « Quando verrà costì si consolerà vedendo fiorente il noviziato »: ASDR.



48 Cf. lett. del 6 settembre a suor Annunciata Cocchetti (Cemmo) e del 13 a suor Vincenza Baroldi (Padova), ASDR.



49 Lett. del 13-9-1849, ASDR.



50 Il 19-12-1849 Madre Rachele comunicò al Farina: « La bontà del Signore ci sostiene, consolandoci anche assai coll’educandato e Noviziato. Il giorno 27, piacendo al buon Gesù, vestiranno l’abito dell’Istituto due carissime giovanette, che nostre educande furono [...]. Quattro altre sospirano il momento che piacerà consolarle Gesù, concedendo loro egual favore »: lett. n. 1128.



51 Lett. n. 1126.



52 Lett. n. 1127.



53 Lett. n. 1129.



54 Nelle « Memorie sull’Istituto », p. 10, leggiamo: « La Casa Centrale intanto prendeva più solide basi mercé l’aumentarsi che facevansi di giorno in giorno delle Novizie per cui nell’anno 1851 giunsero al numero di 22. Cresciuti così gl’individui, e del pari le ricerche, ecco stabilirsi nel Maggio del 1852 una Casa figliale in S. Pietro di Castello ».



55 « Il giorno 11 settembre 1850. Il Reverendo Signor Conte Don Luca Passi ha destinata Maria Rachele Guardini per la fondazione di Forlì; ed ha sospesa la maniera di storicamente registrare a risparmio di tempo: credendo sufficiente l’annotazione che sia stata tenuta la Congregazione, che abbiano assistito le Suore »: « Registro mensile delle Congregazioni per la parrocchia di S. Nicola da Tolentino », cit., p. 62. La stessa nota si trova nel verbale dell’11-9-1850 del registro « Pia Opera Parrocchia dell’Angelo Raffaele », cit., p. 41.



56 Cf. lett. n. 1132.



57 Lett. n. 1113.



58 Lett. n. 1129.



59 Lett. n. 1134.



60 Lett. n. 1135.



61 Lett. n. 1136. Il 29-3-1851 le confidò: « La rimembranza che Lei è priva del giornaliero suo [del Farina] conforto [...] ero così penetrata ch’io, piuttosto forte, diventata ero una piangente bambina »: lett. n. 1140.



62 Cf. lett. n. 1137.



63 Cf. lett. nn. 1153, 1162. Anna Marovich il 4 febbraio scriveva a Giovanni Pisanello: « Ho sentito dal suo vigliettino [...] che la buona Suor Maria Rachele è vicina a lasciar questa terra. Beata lei che se ne va così presto in Paradiso. Di età siamo quasi pari, ma non così lo siamo di meriti. Essa essendo vissuta santamente è già matura pel cielo, io invece essendo stata sempre, ed essendo tuttora peccatrice ho bisogno di far penitenza [...]. Non ho mancato di pregare, e continuerò a farlo per la suddetta, ch’è mia Sorella in G. C. ed alla quale da gran tempo sono legata coi vincoli di spirituale amicizia ed unione. Oh quanto l’avrei veduta volentieri ancor io! Ma io non posso andarvi, e spero che la vedrò in Paradiso »: ASRM.

Il 23-3-1852 don Marco informava la Marini: « Rachele è presa da gravissimo dolor di testa, [...] patisce assai e merita assai »: ASDR, in P. Guerrini, Le Dorotee di Brescia, cit., lett. n. 167, p. 165.



64 Cf. lett. n. 1162. La grave malattia di Madre Rachele aveva destato preoccupazione in tutti, che si confortarono poi, quando sopravvenne l’insperato miglioramento. Don Luca il 20-2-1852 da Venezia scriveva alla Marini: « Comincerò dalla consolante notizia che ho trovato la M. Rachele in piedi e in discreta salute che vi saluta cordialmente, e vi prega di ottenerle dal Signore la grazia di corrispondere fedelmente a questo novello favore, e di dire alla Sr. Benedetta che le prime lettere che potrà scrivere saranno le sue e che le raccomanda di farsi santa, perché in quel benedetto momento non [ci] si trova contenti che del bene che si è fatto. (Già me lo ha promesso e tengo la sua parola) »: ASDR, in P. Guerrini, Le Dorotee di Brescia, cit., lett. n. 165, p. 164.



65 Lett. n. 1141.



66 Cf. pp. 390 ss.



67 Cf. lett. n. 1154, nota 2. « Giunto il termine del sessennio in cui la M.e Sanfermo sosteneva la carica di Superiora, i Preposti dell’Istituto ordinarono che in tutte le case si facesse una fervorosa Novena allo Spirito Paraclito onde essere illuminati sul soggetto che dovea sostituirla. Dopo ciò, raccolti i voti delle Suore Professe sparse nelle varie case, e di quelle che si trovavano nella Centrale ebbe maggioranza di voti la R.da M.e Suor M.a Luigia Roberti, in allora Maestra delle Novizie, per cui venne nominata Superiora, rimanendo la Sanfermo sua Assistente e Suor M.a Dorotea Giustina Madre Maestra »:  « Memorie sull’Istituto », p. 10.



68 Lett. n. 1154.



69 Cf. lett. n. 1162. L’11-9-1852 don Luca scrive alla Marini: « A Venezia sono rimaste assai contente delle elezioni: Sr. M. Rosa è assistente e economa, ed anch’essa si è portata molto bene nel decadere »: ASDR, in P. Guerrini, Le Dorotee di Brescia, cit., lett. n. 177, p. 173.



70 Lett. n. 1155.






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