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Vincenzo Carbone
Una contemplativa nella vita attiva. M. Rachele Guardini

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  • Volume I. LA VITA E L’OPERA.
    • Capitolo XVIII. ITINERARIO A DIO.
      • 6. Religiosa esemplare.
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6. Religiosa esemplare.

Madre Rachele considerò la vocazione una grazia speciale, « sublime », un grande dono della divina bontà per la santificazione dell’anima e per il bene del prossimo. Bisogna perciò saperlo conoscere ed apprezzare, ringraziarne Dio e corrispondervi fedelmente.177 A tal fine, la suora, chiamata


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alla sequela di Gesù, per amore di lui deve impegnarsi nel cammino di perfezione, distaccarsi da tutto e servirlo con diligenza e fervore.178 Questi sentimenti cercò di infondere anche nelle suore.

Ella visse autenticamente la consacrazione totale a Dio, con la pratica fedele e gioiosa dei voti religiosi, « dolci catene che, aggiunte al giogo soave del Signore, sciolgono piuttosto che legare l’anima ».179

Fece dell’ubbidienza la norma della sua vita. Confidò a mons. Balbi: « Tosto questa mattina sarò unita al Sacramentato Gesù, pregherollo acciò mi conceda la grazia di sempre obbedirla nel modo che si conviene a chi per mezzo di questa virtù vuol santificarsi; e, per verità, fino dalla mia giovinezza la riguardai come àncora, benché, per la mia debolezza, qualche volta in essa vacillassi.

Voglia il buon Gesù concedermi quella fortezza che mi è necessaria, onde possa prima morire che disobbedire ».180

Confessa che questa virtù fu « l’àncora dolcissima », che la salvò da tanti pericoli.181

La sua ubbidienza era illuminata dalla fede, che l’assicurava di non errare ubbidendo.182 Anche quando aveva un’opinione


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diversa, era pronta a ubbidire, perché nella volontà dei superiori vedeva quella del Signore. Comunica a mons. Balbi: « Esattamente ho adempita la di Lei volontà, sempre a me carissima, perché in questa riconosco quella dell’amabile mio Gesù ».183

Spiega a don Luca: « La sua lettera permise Dio che  giungesse troppo tardi [...]. Credo non tituberà persuadersi ch’io avrei fatto a suo riguardo il dimandato sacrificio, benché contro volontà, ma per rispetto: di ciò ebbe tant’altre volte prova, mentre conosce la Rachele, che non avrebbe mai ceduto per inclinazione in quello non fosse stata persuasa; ma oh la bella volontà di Dio, che veggo in quella dei Superiori, mi porterà nella tomba ».184

Confessa che talora deve farsi violenza per ubbidire, ma è contenta di offrirsi vittima al Signore, per eseguire la sua volontà.185

In lei l’umiltà si traduceva nella più generosa ubbidienza. Solo per ubbidienza accettò l’incarico di superiora e, ad ogni scadenza, chiedeva di non essere riconfermata; il suo desiderio però non veniva esaudito, ed ella si piegava per ubbidienza.186

Esercitò il suo ufficio con molto senso di responsabilità, nel rispetto della competenza dei superiori,187 e a loro sottomessa.


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Convinta dell’importanza dell’ubbidienza per la vita religiosa e per la perfezione, la raccomandava con insistenza alle suore. Desiderava che la loro ubbidienza fosse pronta, cieca, esatta, cordiale, allegra.188

Scrive: « Non si può chiamar virtuosa quell’anima, che fa la sua volontà».189 Alle sorelle Roberti, che desideravano entrare nell’Istituto, dice: « Sì, il desiderio, che mostrate di vincolarvi col soave giogo dell’obbedienza, mi rallegra, essendo questa quella virtù che da noi dev’essere particolarmente amata.

Altri Istituti ci avanzino pure nell’austerità, ma nessuno nell’annegazione della nostra volontà e nella santa obbedienza. Sia essa da noi esercitata così semplicemente, prontamente, ed universalmente; ben inteso quando non venga comandato cosa che si opponga a Dio. Con questa risoluzione e colla benedizione del Signore potrete far miracoli ».190

Madre Rachele si adoperò per non far mancare alle suore il necessario e per provvedere alla decenza dell’alloggio, ma fu amante della povertà e la praticò fedelmente insieme con le suore.

Diceva che bisognava guadagnarsi il pane col sudore della propria fronte: « Dunque dobbiamo essere operose, onde non divenire pesanti ai nostri prossimi ».191

Mons. Balbi le aveva permesso di recarsi a far visita alla mamma gravemente ammalata, ma ella dové chiedere a don


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Luca il danaro per il viaggio, « non essendo capace l’Istituto di sostenere questa spesa ».192

Ebbe il culto della Regola; ne osservava scrupolosamente perfino le più piccole prescrizioni193 ed esigeva lo stesso anche dalle suore.194 A tal fine seguiva con molta cura le comunità delle case filiali.195

Amò l’Istituto, restò ad esso fedele, nonostante la forte attrattiva alla vita contemplativa.

Appena giunta a Venezia, con molto impegno si mise all’opera. Il lavoro della fondazione e del governo della casa, le emozioni della nuova vita, la responsabilità e il clima di Venezia, a lei non favorevole, incisero sulla sua salute.

Nell’ottobre del 1838, dopo appena due mesi dall’arrivo a Venezia, don Farina la trovò deperita e le propose di ritornare a Vicenza per curarsi.196 Ella però preferì restare a Venezia, pensando forse che, allontanandosi, avrebbe compromesso l’istituzione appena avviata. Il Dentella commenta: « Generosamente offerse di nuovo se stessa, preferendo morire a Venezia, se così a Dio piacesse, ma non abbandonare la casa. Benedetta risoluzione! fu la salvezza della casa di Venezia ».197


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Le lettere sono una testimonianza preziosa della sua donazione e del suo servizio. La sua attività per la casa e per lo sviluppo dell’Istituto ha del prodigioso.

Fece una cernita rigorosa delle aspiranti, scegliendo quelle che giudicava idonee, e ne seguì con molta cura la formazione. Scrive al Farina: « Vedrò più volontieri a partire tutte che a professare senza lo spirito di Gesù Cristo »;198 e a don Luca: « Troppo dolore proverei, se vedessi vestire una che non avesse il vero spirito».199

Per assicurare l’espansione dell’Istituto, avvertì la necessità del riconoscimento giuridico e si adoperò per ottenerlo.

Diede, poi, inizio alla fondazione delle case filiali, usando chiarezza e fermezza per evitare deviazioni dall’ispirazione originaria e dalla finalità primaria.

Terminato l’incarico di superiora, continuò umilmente fino alla morte il servizio all’Istituto.

Con tutta verità si può affermare che impersonò il tipo perfetto della suora dorotea.

 

 




177 Cf. lett. nn. 808, 951, 992.



178 Cf. lett. nn. 504, 1050.



179 Lett. n. 543.



180 Lett. n. 744. « La mia volontà è questa di morire piuttosto che oppormi al suo [di Balbi] volere »: lett. n. 227. « Ogni volta ch’io scoprirò un suo [del patriarca] desiderio, sarà per me un assoluto comando »: lett. n. 95.



181 Cf. lett. n. 307. « Tengomi sempre forte all’àncora dell’obbedienza, e vedo che [in] ciò [che] mi viene per questa comandato, riesco quantunque insufficientissima; così ognuno chiaramente vede che il Signore opera in me »: lett. n. 108.



182 Cf. lett. n. 67.



183 Lett. n. 24.



184 Lett. n. 903. Aveva dichiarato a don Luca: « S’accerti che mi troverà, coll’aiuto di Dio, sempre pronta ad obbedire, quantunque mi sembrasse di commettere i più grandi falli »: lett. n. 67.



185 Cf. lett. nn. 101, 762, 953, ecc.



186 Cf. lett. nn. 101, 143, 146, 310, 762, 777, ecc.



187 Aveva « per sistema di non mai operare in ciò che s’aspetta ai Superiori »: lett. n. 12.



188 Cf. lett. nn. 583, 611, 714, 808, ecc.



189 Lett. n. 727.



190 Lett. n. 462.



191 Lett. n. 85.



192 Lett. n. 508.



193 Cf. p. 122. Rispondendo alla superiora della casa di Bologna, esprime la sua consolazione perché le suore « progrediscono nella via della perfezione, frutto certo dell’annegazione della volontà loro [...], perché altrimenti invano tentiamo l’avanzamento nella virtù, se non moriamo a noi stesse; come è pure gran mezzo per noi Religiose ad acquistare la perfezione l’osservare esattamente le Regole nostre, stimando fino le più piccole »: lett. n. 728.



194 Raccomanda alle suore di Padova: « siate diligenti nell’osservare le vostre Regole, assicurandovi che, ciò facendo, vi santificherete »: lett. n. 715.



195 Cf.  lett.  nn.  633,  636,  643,  646,  673,  715,  746,  ecc.



196 Cf. « Memorie sull’Istituto », cit., p. 6; lett. n. 11.



197 Vita del Sacerdote Conte Luca Passi, cit., p. 191.



198 Lett. n. 109.



199 Lett. n. 110; cf. lett. n. 117.






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