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Vincenzo Carbone
Una contemplativa nella vita attiva. M. Rachele Guardini

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  • Volume I. LA VITA E L’OPERA.
    • Capitolo XVIII. ITINERARIO A DIO.
      • 7. Modello di umiltà.
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7. Modello di umiltà.

Le eccellenti qualità e le insigni virtù di Madre Rachele si ammantavano di una profonda umiltà. Ella la raggiunse con forte impegno, convinta dell’importanza di questa virtù per avanzare nella perfezione, per « arrivare al perfetto Amore »,200 per imitare Gesù: « Nell’umile soggezione facilmente si


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purifica l’anima, la quale non potrà mai elevarsi, fintantoché non si annichila ».201

Diceva: « Chi volontariamente s’abbassa, obbliga il Signore a tirarlo dolcemente a sé ».202

Fu costante nel lottare contro l’amor proprio.203 Scrive a mons. Carlo Ferrari: « Le annuncio con dolore che spenta non è ancor in me la malattia della superbia, ma tutto sento il desiderio di guarire, per cui volentieri sostengo le tante necessarie umiliazioni, onde giungere al possesso della bella umiltà, tanto necessaria per seguire più da vicino il caro Gesù ».204

Pur avendone tutte le capacità naturali e soprannaturali, rifuggiva dall’ufficio di superiora,205 non tanto per il peso e i sacrifici che esso comportava, quanto piuttosto per la condizione stessa di essere posta al di sopra degli altri. Si sentiva « incapace », « insufficiente » a tale compito.206

Sprofondata nell’umiltà, viveva in un abituale sentimento di indegnità ed esprimeva di sè un giudizio severo. Si riteneva l’ultima di tutti, « la più miserabile », « la più infima », « la più indegna », e a tutti chiedeva preghiere per la sua miseria.207


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Si dichiarava « indegna » della grande opera, per la quale il Signore l’aveva scelta;208 un « inetto istrumento »;209 un « niente », uno « zero », cui mancando l’unità, cioè Gesù, nulla può210 una « inesperta bambina », condotta dalla infinita carità di Gesù.211

Quando mons. Balbi annunziò la sua nomina a superiora della casa, ella ne restò colpita. Scrisse al Farina: « Mi sono sentita mancarmi il cuore, in pensando che il Signore si vuole servire della più infima fra le sue creature ».212

Temeva che la sua indegnità fosse di ostacolo alle benedizioni divine sulle suore e sull’Istituto. Confessa al rev. Zanzotti: « L’anima mia tanto desiderio sente di vedere amato il buon Gesù che non vi è pena, la quale disposta non sia [a] soffrire contenta. La sola cosa, che molte volte mi opprime, è il conoscimento di mia miseria, che fammi temere di trattenere la mano di Dio a versare le sue benedizioni sopra questo povero Istituto, ciò per la insufficienza mia.

Partecipai ai miei Superiori tale sentimento, e credettero comandarmi disprezzare i timori, per soddisfare alla volontà di Dio ».213


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Chiede ad Antonia Zanzotti: « Voi pregate, acciò per la mia superbia non abbia a trattenere la sua mano ».214

Nell’esercizio del « capitolo della colpa », dopo di aver assegnato la penitenza alle suore, le faceva ritornare al proprio posto, perché « il vederle ai piedi d’una miserabile come io sono, non posso resistere senza venir meno ».215

Pur professando la sua pochezza, Madre Rachele si accinse umilmente all’opera, confidando nel Signore, e solo a lui attribuisce tutti i buoni risultati, che non tardarono a venire.216

Nutre vivo sentimento di riconoscenza verso la misericordia di Dio, che opera tutto per mezzo del « niente» che è lei. Dichiara: « Sono sempre più confusa, vedendo le benedizioni che il misericordioso Iddio versa di continuo sopra questo suo niente»;217 « Oh, quanti mali commetterei, se Egli colla sua bontà non mi sorreggesse continuamente; io veggo proprio la sua mano sempre pronta per aiutarmi ».218

Dinanzi alle innumerevoli benedizioni divine esclama: « Io non so contemplare questo nostro Istituto senza ricordarmi di ciò che ha fatto Gesù Cristo per nostro amore ».219

Il suo animo traboccava di riconoscenza per le grandi cose, che il Signore compiva in lei e per mezzo di lei. Commossa


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ripete a Dio il più sentito ringraziamento ed invita gli altri ad unirsi alla sua preghiera.220

I successi non la esaltavano, ma le facevano sentire più forte il dovere di corrispondere alle grazie del Signore. Scrive ad Antonia Zanzotti:  « Voi vedete quanti motivi ho per confondermi. A che cosa mi servirebbero tanti onori, se nel gran giorno vedessi scritto: hai mal corrisposto? Mia cara, se davvero mi amate, pregate affine ottenermi questa grazia ch’io abbia sempre presente il mio niente, come il tutto che posso coll’aiuto di Dio ».221

Spesso chiedeva preghiere per poter corrispondere ai benefici e alle grazie, che riceveva continuamente dal Signore.222

Suo atteggiamento costante era di « scegliere sempre l’ultimo posto, e tenersi come lo straccio della cucina che, adoperato, si mette in angolo senza riguardo ».223 Fedele a questo principio, il 6 gennaio 1840, mentre soffriva forti dolori negli occhi, scrisse a don Luca: « Mi rallegro nella speranza che, divenendo cieca, sarò da tutti dimenticata».224

Il 9 settembre 1852 venne eletta superiora dell’Istituto suor Maria Luigia Roberti. Madre Rachele, che l’aveva accolta nell’Istituto ed avviata alla vita religiosa, la sera di quel giorno le scrisse: « Da questo momento la prego disporre di me con libertà, sicurandola che, ove potrò coadiuvarla perché abbiano felice esito le disposizioni del nostro buon Gesù,


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sarò contenta di farlo, quand’anche mi costasse qualche sacrificio [...]. Rispettosa bacio sua mano, supplicandola impartirmi sua benedizione ».225

 

 




200 Lett. n. 170; cf. lett. n. 227.



201 Lett. n. 687.



202 Lett. n. 107.



203 Cf. lett. nn. 300, 411, 510, 525, 530, 643, 651, 714.



204 Lett. n. 58.



205 « Oh quante volte il timore mi assale di non essere generosa quanto dovrei, e quantunque nell’esaminarmi non trovi attaccato il mio cuore a nessuna cosa di quaggiù, pure sento grande ribrezzo del reggere, che fammi timore di mancare nell’esaurire la volontà sempre amabilissima del nostro caro Gesù »: lett. n. 1069.



206 Cf. lett. nn. 329, 777.



207 Cf. lett. nn. 3, 4, 38, 41, 42, 177, 252, 307, 357, 362, 385, 389, 450, 508, 515, 535, 584, 608, 655, 676, 737, 756, 761, 763, 817, 911, 964, 966, 1006, 1080, ecc. Scrive a mons. Balbi: « Lo preghi [il Signore] di non abbandonare questa povera anima mia, benché mille inferni meriterebbe, se l’infinita misericordia di Dio non la sostenesse »: lett. n. 96; cf. lett. nn. 110, 143.



208 « Le confesso che provo una grande confusione, quando penso alla mia pochezza, per essere stata dal buon Gesù innalzata [a] cooperare alla salute delle anime »: lett. n. 1129; cf. lett. nn. 34, 41, 97, 220, 651, 709, ecc.



209 Cf. lett. nn. 311, 312.



210 Cf. lett. nn. 651, 1167, 1175.



211 Cf. lett. n. 198.



212 Lett. n. 1.



213 Lett. n. 307; cf. lett. nn. 3, 6, 15.



214 Lett. n. 49.



215 Lett. n. 40.



216 Cf. lett. nn. 6, 70, 146, 147, 177,  240, 244, 268, 285, 299, 309, 311, 312, 318, 429, 431, 477, 478, 550, 555, 588, 596, 618, 620,           860, 947, 948, 977, 1008, 1014, 1206.



217 Lett. n. 146; cf. lett. nn. 178, 320, 651, 764.



218 Lett. n. 53.



219 Lett. n. 32.



220 Cf. lett. nn. 48, 70, 295, 332, 1206, ecc.



221 Lett. n. 955.



222 Cf. lett. nn. 670, 748, 1037.



223 Lett. n. 865.



224 Lett. n. 223.



225 Lett. n. 1154.






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