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Vincenzo Carbone
Una contemplativa nella vita attiva. M. Rachele Guardini

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  • Volume III. LETTERE (1840).
    • LETTERE 1840. 3 gennaio – 31 dicembre. nn. 221–436.
      • 227
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Viva il Cuor di Gesù e di Maria!

 

R.mo Monsignore,1

Prima di andare a letto, con pena sì, ma per obbedire dirolle ciò che tanto m’afflisse lungo la giornata.

Io credo che non siavi al mondo cosa più mostruosa che l’ingratitudine, eppure l’ho esercitata colla Sig.ria V.ra R.ma. Il paterno di Lei cuore tante cure si prende per me miserabile, ed io ho avuto l’ardire di pronunciare che m’inquieto anche con Lei, e ciò senza addurre il motivo, che toglie in parte almeno la reità del mio dire.

Unico motivo che vorrei scostarmi dalla Sig.ria V.ra R.ma, se mi fosse possibile, egli è per non addolorare il benigno suo cuore. Sì la sua carità parmi le faccia vedere in me zelo ciò che forse è l’effetto del mio amor proprio; pure le riprometto, caro Padre, che alla Sacra Mensa2 io m’accosterò, colla grazia del Signore, quando Ella vuole;3 ma sappia che addolorami il solo pensarlo; e nell’atto stesso che dolce sarebbemi l’invitarlo Giudice (se mi fosse permesso) nella speranza ch’Egli mi userebbe misericordia, perché è il mio Gesù, fammi timore il riceverlo Sacramentato Sposo e Padre, e meditando ch’Egli è il fiore del campo, il giglio delle valli, fammi dolore questo pensiero che invece di pascersi tra gigli trova nel mio cuore bronchi e spine, attesoché le serrature troppo


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facilmente vengono dischiuse; non basta ch’Egli abbia scelto un orto privo d’ogni allettamento, per contemplare tutte le mie iniquità, che giunse fino a versare in gran copia il Sangue suo preziosissimo; vuol anche entrare in questo immondo mio cuore, per farlo tutto suo, s’io non resisterò temerariamente.

Sì, la mia volontà è questa di morire piuttosto che oppormi al suo volere;4 e duolmi non saper con santa allegrezza soffrire di essere non solo lontana dalla perfezione, ma di più ingrata al caro Gesù; conosco chiaramente che s’Egli, per infinita sua misericordia, non mi sorreggesse, non vi sarebbe niuna creatura più di me altiera, e perciò capace di commettere le più grandi iniquità. Questo conoscendo, dovrei umiliarmi e, quando cado, dire con S. Caterina di Genova: frutta del mio orto, ringraziando Iddio che veglia su di me.

Lascio, pregandola della carità di compatirmi, assicurandola ch’io crederei d’ingannarla, se non le lasciassi vedere la cattiva che sono.

Piena di rispetto le bacio la sacra mano ed ho l’onore di dirmi

Umilis.ma Dev.ma Obbl.ma Serva ed indegna Figlia

                    Suor Maria Rachele Guardini

 

Venezia li 11 Gennaio 1840

 

A Monsignore Reverendissimo

Il R.mo Monsignor Co. Roberto Balbi

Cavaliere della Corona Ferrea, ecc. – S.P. Mani




1 ASDR, reg. I [pp. 136-137].



2 Cf. lett. nn. 219, 223.



3 Madre Rachele si mostrò sempre docile e pronta ad ubbidire a mons. Balbi: cf. lett. nn. 91, 95, 197, 198, 219.



4 La volontà di Dio è il suo unico desiderio: cf. lett. nn. 46, 81, 91, 92, 94, 103, 108, 115, 146, 186, 193, 213, 229, ecc.





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